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OSIRIS-Rex pronta a riportare a casa il più grande detrito spaziale dal 1970

Origins Spectral Interpretation Resource Identification Security Regolith Explorer (OSIRIS-REx) è una missione spaziale della NASA partita il 9 Settembre 2016 da Cape Canaveral per un’insolita destinazione: stavolta non si parla di Marte, della Luna o di qualche altro pianeta, bensì di un asteroide.

Nonostante non sia una meta turistica molto ambita, il 3 Dicembre la sonda è arrivata vicino a Bennu (questo è il nome dell’ammasso roccioso) e, dopo aver acceso i propulsori per una ventina di secondi, ha rallentato abbastanza da entrare nella sua orbita.

Arrival Bennu Full Rotation
Immagine di Bennu catturata dalla sonda OSIRIS-REx da una distanza di circa 80 km. Credits: NASA/Goddard/University of Arizona

Ruotando attorno all’asteroide ad una distanza massima di sette chilometri, OSIRIS-REx non atterrerà subito: passerà le prossime settimane sui poli e sull’equatore di Bennu cercando nuove informazioni per stimare con precisione la sua massa e, nel caso vada tutto bene, il 31 Dicembre si avvicinerà ancora di più al bersaglio.
L’atterraggio (o forse è meglio asteroidaggio?) non avverrà prima del Luglio 2020, quando la sonda finalmente potrà riposarsi un poco prima di cominciare a trivellare. Uno degli obiettivi della missione infatti è prendere un campione di 60 grammi dell’asteroide per riportarlo a casa, nel 2023: sarebbe il più grande detrito spaziale riportato sulla Terra dalle missioni Apollo degli anni ’70.

Illustrazione di come dovrebbe essere la sona OSIRIS-REx una volta arrivata vicino alla superficie di Bennu. Credit: Nasa

Ma perché mai visitare un posto del genere? In primo luogo, per tutti gli amanti della fantascienza, perché questo asteroide dal diametro di 500 metri potrebbe colpire la Terra nel prossimo secolo: andandolo a studiare direttamente gli scienziati sperano di scoprire qualcosa di più sul moto degli asteroidi e su come assorbono e riemettono il calore, cambiando il loro moto. In più avere un campione del suo suolo permetterà agli ingegneri di testare delle tecnologie per andare a scavare alla ricerca di metalli sugli asteroidi.

Altro motivo non poco interessante è la struttura dell’asteroide: raccogliendo informazioni sui composti chimici presenti su Bennu sembrerebbe possibile ottenere informazioni su come l’acqua e altre molecole si sono distribuite nel Sistema Solare alla sua formazione.

Insomma, gli 800 milioni di dollari americani spesi per la missione sembrano un ottimo investimento!

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