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Gli Oscar chiedono (finalmente) scusa a Sacheen Littlefeather

L'attrice era stata boicottata dopo aver ricevuto l'Oscar al posto di Marlon Brando nel 1973

Dopo quasi cinquant’anni, gli Oscar chiedono scusa a Sacheen Littlefeather, boicottata dopo aver rifiutato la statuetta dorata al posto di Marlon Brando nel 1973. Il suo discorso contro gli stereotipi riguardo i nativi americani nei film costò all’attrice la sua carriera. Ma ora l’Academy of Motion Pictures and Sciences chiede formalmente scusa e annuncia un programma gestito dall’attrice per il 17 settembre.

Gli Oscar chiedono scusa a Sacheen Littlefeather, boicottata per le proprie idee

Nessuno può discutere il fatto che Marlon Brando meritasse il premio Oscar per la sua iconica interpretazione di Vito Corleone ne Il Padrino. Ma molti l’anno successivo discussero la cerimonia in cui fu premiato.

Brando infatti si mise d’accordo con Sacheen Littlefeather, attrice nativa americana, per rifiutare l’Oscar al Miglior Attore. Brando e Littlefeather condivisero un lungo discorso sulle motivazioni, ma nelle poche e semplici parole di Littlefeather sul palco c’era il nocciolo della situazione. I due attori contestavano il modo in cui l’industria cinematografica rappresentava i nativi americani, spesso mostrati come selvaggi crudeli e raramente in maniera umana. Qualcosa di intollerabile, anche alla luce dei fatti di Wounded Knee in quello stesso anno.

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La tragedia di Wounded Knee vide alcuni nativi americani di origine Apache uccisi durante l’occupazione della cittadina di Wounded Knee in Sud Dakota. Un atto di protesta contro il governo federale e contro i rappresentati politici dei nativi, che ebbe luogo nella città tristemente famosa per la strage del 1890 (potete approfondire qui).

Oggi l’Academy riconosce che la sua protesta, attuata in tono deciso ma gentile sul palco (qui trovate il video del suo discorso), risultò in “un boicottaggio professionale, attacchi personali, molestie e discriminazione contro di lei per gli ultimi 50 anni”.

L’attrice racconta la sua storia, ignorata per 50 anni

Littlefeather, Apache White Mountain che negli anni ’70 era attrice e attivista per i nativi americani, non ha potuto raccontare al grande pubblico la sua storia per quasi cinquant’anni. Solo l’anno scorso infatti uscì il documentario Sacheen: Breaking the Silence, in cui racconta la sua versione dei fatti.

L’attrice spiega che Brando fu lieto della sua performance, ma che lei si sentì abbandonata quando le proteste iniziarono. Ed iniziarono da subito, con alcuni fischi in mezzo agli applausi alla cerimonia degli Oscar. E addirittura l’attrice ha spiegato che la sicurezza abbia dovuto fermare John Wayne, che voleva aggredirla mentre era sul palco, con Clint Eastwood che la prese in giro mentre ne scendeva.

A quegli eventi seguirono 50 anni di boicottaggio, che oggi Littlefeather vede con una filosofia invidiabile. “Riguardo le scuse dell’Academy, noi Indiani siamo persone molto pazienti: sono passati solo 50 anni!” commenta.

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E riguardo al programma evento del 17 settembre: Non avrei mai pensato che avrei visto il giorno in cui un programma del genere potesse andare in onda. Con performer nativi fantastici come Bird Runningwater” commenta. “Questo è un sogno che si avvera. È profondamente commovente vedere quanto è cambiato da quando non ho accettato l’Oscar 50 anni fa. Sono orgogliosa di ogni persona che apparirà sul palco”.

La lettera dell’Academy

David Rubin, il presidente dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, che assegna gli Oscar, ha chiesto ufficialmente scusa a Sacheen Littlefeather in maniera diretta. Ha spiegato che la lettera di scuse era da lungo tempo dovuta“, ammettendo che il suo discorso e il rifiuto del premio furono un “forte dichiarazione che continua a ricordarci la necessità del rispetto e l’importanza della dignità umana”.

Parla in maniera chiara di “abuso” che “era inaccettabile e immotivato”, dicendo che “il peso emotivo che hai dovuto vivere e il costo alla tua carriera nella nostra industria sono irreparabili”. E quindi non può che concedere le “più profonde scuse e la nostra sincera ammirazione”.

Inoltre l’Academy si impegna anche con l’aiuto della Indigenous Alliance all’interno dell’associazione, di assicurarsi che “le voci indigene (che sono i primi narratori) siano visibili e rispettate dall’industria cinematografica globale”.

Show originali come Reservation Dogs e il recente film Prey (entrambi su Disney+) mostrano che raccontare storie originali e sensibili, che svelano il mondo sfaccettato e ricco di storie dei nativi americani non solo è possibile. Ma offre perle cinematografiche che arricchiscono il nostro gusto come spettatori, oltre che la nostra conoscenza di culture troppo a lunghe sminuite.

Le scuse arrivano quasi cinquant’anni in ritardo. Ma la speranza è che siano foriere di una nuova sensibilità dell’Academy nei confronti delle voci originali di artisti nativi americani.

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Stefano Regazzi

Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, Nerd da prima che andasse di moda.

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