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L’organismo vivente più grande del mondo

Quando pensiamo a forme di vita gigantesche, pensiamo spesso ad altri animali come noi: elefanti, balene, i dinosauri. Ma gli esseri più grandi di tutti non sono animali, e a confermarlo è l’ultimo organismo vivente identificato come il più grande del mondo: un’erba marina di 4500 anni nelle coste australiane che copre una superficie di circa 20mila campi da calcio.

L’organismo più grande del mondo è una pianta marina

La specie di erba marina in questione è la Posidonia australis, nota in inglese anche come ribbon weed. Ha il suo habitat naturale proprio lungo le coste Sud dell’Australia. Gli scienziati, studiando la pianta, hanno notato che tutti i campioni raccolti presentavano un profilo genetico estremamente simile, troppo simile. La conclusione, per quanto incredibile, è che tutte le piante nell’area studiata, che si estende per circa 180 chilometri, siano in realtà un’unico organismo.

La nuova scoperta riguardante questo esemplare di Posidonia scalza quello precedente tenuto da altri due organismi non animali, fino ad ora considerati i più grandi del mondo. Il primo era il Pando, una foresta di Populus Tremuloides (noti anche come pioppi tremuli americani) che vive da più di 80mila anni nello Utah ed è composta da circa 40mila alberi geneticamente tutti uguali, per un’estensione di 400mila metri quadrati. Il secondo è un fungo, chiamato in maniera appropiata Humongous Fungus (fungo gigantesco), che cresce una foresta nazionale in Oregon e si estende 9 chilometri quadrati. In entrambi casi diversi ordini di grandezza in meno rispetto ai circa 200 chilometri quadrati della Posidonia australiana.

Un nuovo record

Nel paper pubblicato a riguardo della scoperta, i ricercator hanno stimato, partendo dal tasso di crescita media (circa 35 centimetri all’anno), che la pianta deve aver vissuto almeno 4500 anni per aver raggiunto queste dimensioni.

Ma come ha fatto a sopravvivere per tutto questo tempo e ad estendersi così tanto? La risposta sembra essere l’autoclonazione, un fenomeno di riproduzione asessuale che però normalmente avrebbe degli svantaggi, come una bassa varietà genetica e una maggiore vulnerabilità a malattie e mutazioni ambientali. Ma qui probabilmente è entrata in gioco un’altra particolarità di questo esemplare, la poliploidia: l’esemplare sembra aver infatti il set cromosomico completo di entrambi i suoi genitori, con quindi il doppio dei cromosomi di una pianta normale. Un fenomeno non così raro, che nelle specie animali sarebbe fatale o comunque pericoloso, ma che nelle piante è meno grave e anzi, come in questo caso, potrebbe aver favorito un’autoclonazione sostenibile.

Dopo aver resistito per più di quattro millenni, però, i cambiamenti climatici attuali mettono in dubbio la sua possibilità di raggiungere la fine del quinto. Non è infatti scontato che, con l’acidificazione degli oceani e il riscaldamento globale, la pianta sia in grado di resistere e continuare a moltiplicarsi come prima. I ricercatori comunque sono curiosi di osservare se la poliploidia può o meno giocare un ruolo nella resilienza di questa e altre specie.

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Giovanni Natalini

Ingegnere Elettronico prestato a tempo indeterminato alla comunicazione. Mi entusiasmo facilmente e mi interessa un po' di tutto: scienza, tecnologia, ma anche fumetti, podcast, meme, Youtube e videogiochi.

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