A volte capita che la solitudine ci inghiotta.
All'improvviso, mentre stiamo ridendo con un amico, mentre stiamo camminando per la strada sentendo il brusio delle persone intorno a noi, o lavandoci la faccia al mattino e vedendo i nostri occhi riflessi nello specchio.
Basta un solo istante e ciò che credevamo sarebbe stato la nostra ancora di salvezza non fa altro che tirarci sul fondo.
Il sorriso del vecchio compagno di giochi diventa una piega fredda su un viso sconosciuto, il parlottare della gente un gorgo nel quale si affonda e il proprio volto una maschera con orbite che danno sul nulla.
Mise un piede nella pozzanghera grigia di neve sciolta, lo sciabordio la distrasse dai suoi pensieri facendole alzare la testa.
Il periodo di Natale era arrivato senza che quasi lei se accorgesse, persa com'era nel trovare un lavoro che le permettesse di levare le tende dalla casa in cui era cresciuta. Una ricerca vana come le sue speranze. Tra i palazzi in cemento sciamavano uomini in completo nero e cravatta scura: avevano tutti lo stesso taglio di capelli e la stessa 24 ore stretta nella stessa mano.
In cielo le nuvole erano come una coperta stesa ad asciugare e tagliavano il sole fuori dal mondo, assorbendo il colore delle strade d'asfalto.
Era uscita per un paio di commissioni e aveva camminato talmente tanto che le dolevano tutti i muscoli, mentre i piedi soffrivano a causa delle scarpe nuove, il lettore mp3 si era spento di propria volontà e lo smartphone aveva la batteria al minimo.
L'allegria con cui le mille lucine di Natale si accendevano e si spegnevano in maniere frenetica la infastidiva oltremisura, avrebbe voluto strapparle dai muri, dai balconi, dagli alberi, farle scoppiare calpestandole e poi farle scivolare lentamente nei tombini.
Passò una macchina, che quasi la investì e le si intirizzì la mano quando la estrasse dalla tasca per rivolgere un gestaccio al guidatore.
Il vento cominciò a soffiare con rinnovato vigore, le artigliava i capelli e si infilava sotto i vestiti ghiacciandole la pelle, la carne sotto di essa e gli organi. Pianse, a causa del freddo, a causa della realtà.
Ad un tratto venne presa da una certa frenesia, aveva bisogno di sentire del calore o sarebbe diventata una statua di ghiaccio, nessuna anima, nessun cuore che batte, solo il buio e stupide luci intermittenti.
Entrò nel primo negozio che trovò sulla sua strada e all'inizio rimase quasi stordita dal tepore, quindi cominciò a sudare. Si liberò del cappotto mentre vagava a caso tra le corsie di quella che si accorse essere una libreria.
Andò a sbattere con un ginocchio contro l'angolo di uno scaffale, esattamente sul nervo. Imprecò sottovoce e quasi calpestò il libro che era caduto a terra.
Lo raccolse piegando pagine e copertina, cercando di infilare le unghie nella carta. Si lasciò cadere su una sedia e prese a fissare il piccolo volume che teneva tra le mani, come se non lo stesse guardando davvero. Lo aprì, quasi per sbaglio e prese a leggere, perché non aveva idea di cos'altro fare..
Oceano Mare, Alessandro Baricco.
Fu solo all'inizio che avvertì il profumo di salsedine e la sabbia sotto le dita, poi fu come se una spina venisse staccata e lei smise di vivere in questo mondo per cominciare ad esistere in un altro.
Dopo averne letto metà, sorrise alla commessa, pagò e uscì.
Il vento gelido le sferzò il viso e se ne sentì rinvigorita, aprì gli occhi e vide i colori stagliarsi sopra l'asfalto e dal cielo la neve prese a cadere danzando. Sentì la musica che usciva dai negozi e il freddo dell'inverno che la faceva respirare di nuovo.
Allora percepì nell'aria qualcosa che prima si era persa.
Qualcosa più grande di lei, più grande di ognuna delle persone che la circondava…
Il mare, l'oceano, le storie del mondo.