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No Time to Die: l’era di Daniel Craig | Recensione

Il venticinquesimo film di James Bond è finalmente nelle sale, ecco cosa ne pensiamo

Un viaggio molto lungo quello che ci ha portato fino a qui, fino all’uscita nelle sale di No Time to Die. Non tanto per i numerosi rinvii dovuti alla pandemia, quanto per l’ampiezza della storia costruita fin da quel Casino Royale del 2006. Un ultimo giro di giostra per il James Bond interpretato da Daniel Craig, che saluta la saga e i suoi appassionati con un quinto, attesissimo film. Noi abbiamo potuto vederlo in anteprima e siamo qui per raccontarvi cosa ne pensiamo nella nostra recensione di No Time to Die.

James Bond, punto e a capo

Ciò che ha guidato la cosiddetta “era Craig” è stato chiaramente uno spirito di ricostruzione. Il personaggio di James Bond ha subito una trasformazione, non solo narrativa, per ricreare un universo, adattandolo al mondo moderno. Un cambio di rotta profondo che solo nel tempo ha dimostrato quanto effettivamente fosse articolato e ambizioso. Ricreare tutto, a partire dalle fondamenta, dall’inizio della carriera di questo iconico eroe.

Un’operazione che è stata senza dubbio complessa. Nel corso delle diverse pellicole interpretate da Craig abbiamo senza dubbio visto alti e bassi, con una prevalenza dei primi. Alcuni dei migliori successi (critici e di incassi) della saga sono arrivati proprio durante questi anni, accompagnati a capitoli accolti in maniera più tiepida, sebbene mai universalmente bocciati.

L’evoluzione è avvenuta passo dopo passo, senza strappi. Nei quindici anni dell’era Craig, la più lunga della storia dell’agente segreto sebbene solo la terza per numero di film, non si è ricreato solamente il personaggio di Bond ma tutta la sua mitologia. Abbiamo conosciuto nuove versioni dei personaggi più iconici che circondano 007. Incarnazioni che non solo si rinnovavano, ma guadagnavano maggiore importanza, passando da semplice contorno delle avventure a veri e propri comprimari, legati a Bond da più di un semplice scambio di battute.

Tutto questo per arrivare fino a qui, a questo No Time to Die. Un film che si propone di dare un vero finale a questa epoca per il personaggio. Sulla strada di questo obiettivo ci sono stati tanti ostacoli, non ultima la ritrosia di Daniel Craig a indossare nuovamente i panni dell’agente segreto britannico. No Time to Die però è riuscito a superarli tutti. E vi assicuriamo che è ampiamente valso lo sforzo.

Un lungo addio

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Credit: Nicola Dove © 2020 DANJAQ, LLC AND MGM. ALL RIGHTS RESERVED.

C’è davvero molto nei 163 minuti di No Time to Die, ufficialmente il più lungo film di James Bond fino a oggi. Una durata extra però era necessaria, per riuscire a creare un racconto che non vuole essere solamente una nuova avventura dell’agente segreto, ma anche una chiusura di tutto quanto costruito in questi anni, oltre che un ultimo inchino di Daniel Craig per tutti i fan del suo 007.

Naturalmente non entreremo nei dettagli della trama del film. Si tratta probabilmente di una delle storie più ricche di colpi di scena di tutto il franchise, che mette a frutto la possibilità di sfruttare quanto narrato nei capitoli precedenti per stupire lo spettatore. In alcuni casi queste sorprese riescono solo a metà, risultando facili da prevedere ma comunque buone nella loro esecuzione. In altre occasioni però sarà davvero difficile non restare a bocca aperta davanti agli eventi sullo schermo.

Le oltre due ore e mezza scorrono in tranquillità, con un’alternanza continua di location e situazioni che non stancano lo spettatore. Il ritmo tiene quindi bene per la maggior parte di No Time to Die, sebbene rallenti forse un po’ troppo nei momenti immediatamente prima di arrivare al gran finale. Nulla che però rovini davvero l’esperienza.

C’è poi da apprezzare quanto questo film punti ad approfondire la figura di James Bond, al di là degli inseguimenti, i gadget e i martini agitati e non mescolati. In No Time to Die troviamo uno dei ritratti più intimi di 007, superato solo dall’eccezionale Skyfall, esplorando al contempo il suo legame con i suoi compagni d’avventura. Un altro aspetto che contribuisce a rendere questo film un punto d’arrivo per tutto il percorso fatto in questi anni.

No Time to Die scivola su alcuni aspetti, ma convincendo

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Credit: Nicola Dove © 2019 DANJAQ, LLC AND MGM. ALL RIGHTS RESERVED.

Cary Joji Fukunaga eredita la direzione di questo Bond da un grande autore come Sam Mendes (con una travagliata staffetta di Danny Boyle) e si dimostra ampiamente all’altezza del compito. Più di una volta si impegna a creare virtuosismi con la camera, cercando di elevarsi sopra la semplice regia del cinema d’azione. Un ottimo lavoro che offre la gravitas necessaria a No Time to Die.

Dopo una sequela di complimenti come questa è giusto comunque sottolineare che questo non è il miglior film di Bond visto finora. Ci sono alcuni aspetti su cui la pellicola scricchiola, oltre ai sopracitati problemini di ritmo e alla costruzione di alcuni colpi di scena e svolte di trama.

In particolare, siamo rimasti perplessi dalla gestione del personaggio di Paloma, ottimamente interpretata da Ana de Armas, ma confusa nella sua scrittura. Si potrebbe speculare che questo sia un effetto degli interventi di Phoebe Waller-Bridge alla sceneggiatura iniziale. Dopotutto anche nel resto del film è facile individuare (o quantomeno supporre) dove sia passata la mano di questa eccezionale autrice in momenti che pur risultando tra i migliori di No Time to Die non si amalgamano come dovrebbero nell’economia della pellicola.

Un altro discorso si potrebbe fare (e probabilmente si farà) sul villain Lyutsifer Safin interpretato da Rami Malek. Chi vi scrive ha apprezzato il personaggio, così come la performance dell’attore. Tuttavia potrebbe non convincere completamente tutti gli appassionati e sarà interessante vedere quale sarà l’accoglienza del grande pubblico.

No Time to Die, in bocca al lupo a chi arriverà

No Time To Die Recensione 02
Credit: Nicola Dove © 2021 DANJAQ, LLC AND MGM. ALL RIGHTS RESERVED.

Nel complesso, per quanto imperfetto, No Time to Die è un’ottima aggiunta al ciclo di Bond. Un’avventura complessa e coinvolgente, che riesce a stupire gli spettatori e che regala sequenze memorabili al franchise. L’era di Daniel Craig è stata tanto importante per il personaggio di James Bond da meritare una conclusione degna e in questo il film non fallisce.

Ora la porta si chiude e toccherà a qualcun altro raccogliere il testimone. Una nuova era di James Bond si aprirà e sarà interessante scoprire quale sarà la direzione che prenderanno. Certo è che dopo questo ciclo di cinque film l’eredità si fa sicuramente complessa, un “tough act to follow” da manuale. Buona fortuna, successore ancora ignoto di Daniel Craig, ti servirà.

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Mattia Chiappani

Ama il cinema in ogni sua forma e cova in segreto il sogno di vincere un Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura. Nel frattempo assaggia ogni pietanza disponibile sulla grande tavolata dell'intrattenimento dalle serie TV ai fumetti, passando per musica e libri. Un riflesso condizionato lo porta a scattare un selfie ogni volta che ha una fotocamera per le mani. Gli scienziati stanno ancora cercando una spiegazione a questo fenomeno.

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