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La fiera delle illusioni – Nightmare Alley: il paradosso dell’inganno | Recensione

Il noir secondo Guillermo del Toro

È una grande sfida quella affrontata da Guillermo del Toro: portare sul grande schermo La fiera delle illusioni- Nightmare Alley. L’atteso film è tratto dal celebre romanzo di William Lindsay Gresham, di cui nel 1947 è arrivato un primo adattamento cinematografico, diretto da Edmund Goulding e con Tyrone Power, Joan Blondell e Coleen Gray. Un film, quello di del Toro, che richiama entrambe le produzioni, seguendo più da vicino le dinamiche del libro e riportando sullo schermo le atmosfere dark e gotiche del remake originale. La fiera delle illusioni – Nightmare Alley, di cui vi proponiamo la nostra recensione, è un noir grottesco e atipico, realizzato secondo il punto di vista del visionario regista. Quest’ultimo non si è accontentato di raccontare la storia che già conosciamo, no, ha messo del suo in ogni sequenza, rivelando, senza troppi giri di parole, l’identità del vero mostro: l’essere umano.

La recensione di Nightmare Alley

Prima di addentrarci nella recensione de La fiera delle illusioni – Nightmare Alley, ricordiamo la trama del film. La storia è ambientata tra il 1939 e il 1941. Sullo sfondo, la Seconda Guerra Mondiale. Il film ha inizio nella cerchia ristretta di un luna park itinerante degli anni Trenta, un regno di terrore e meraviglie. In un secondo momento l’attenzione si sposta nelle sale della ricchezza e del potere, dove albergano la seduzione e il tradimento. Al centro della storia un uomo che vende la propria anima all’arte dell’inganno, Stanton Carlisle. È un truffatore che si trasforma in un affascinante mentalista e manipolatore, talmente abile da convincersi di poter sconfiggere il fato. Mentre Stanton fa la sua delirante ascesa verso il potere, portando con sé Molly, la donna di cui si innamora follemente, del Toro racconta il sogno americano andare alla deriva. 

Di seguito potete leggere la sinossi ufficiale del film:

Quando si avvicina alla chiaroveggente Zeena (Toni Collette) e a suo marito Pete (David Strathairn), ex mentalista, in un luna park itinerante, il carismatico ma sfortunato Stanton Carlisle (Bradley Cooper) vede spianata la strada per il successo, usando le sue nuove conoscenze per truffare la ricca elite della società newyorkese degli anni Quaranta. Con la virtuosa Molly (Rooney Mara) lealmente al suo fianco, Stanton trama per truffare un pericoloso magnate (Richard Jenkins) con l’aiuto di una misteriosa psichiatra (Cate Blanchett) che però potrebbe essere la sua più formidabile rivale“.

L’inganno nasce dalla propria fragilità

Stanton Carlisle è un uomo tormentato dal suo passato che brama ricchezza e potere; sappiamo poco del suo vissuto, ma capiamo sin da subito che la vita non gli ha risparmiato nulla. È un uomo che impara il mestiere dell’inganno, e lo usa sulle persone più vulnerabili. Se Zeena e Pete, una coppia di coniugi, usano il mentalismo perché le persone hanno “bisogno di essere viste” e quindi per dargli manforte; Stanton non si fa alcuno scrupolo a ricorrere allo spiritualismo per ingannare gli altri, facendo crescere in loro speranze malsane, come quella di poter rivedere i propri cari defunti.

Si prende gioco del dolore degli altri, ma con stile e affidandosi a una grande verità: ciascun essere umano ha affrontato almeno una perdita dolorosa nella propria vita. In altre parole: l’ascesa di un uomo arrivista e spietato che scopre che chi padroneggia la paura degli altri e i loro incubi li domina. L’unico personaggio puro della storia, Molly, è interpretato da Rooney Mara.

Desiderare è umano, perseverare è diabolico

Sbagliare è umano, perseverare è diabolico. Non c’è detto migliore per rendere chiara la natura crudele del protagonista. La fiera delle illusioni- Nightmare Alley è un film che porta a una riflessione esistenziale. Siamo noi a essere ingannati dagli altri, o ci inganniamo da soli, presi dai desideri più profondi e dalle paure inconsce? Perché, in fin dei conti, è proprio questo il punto: la mente umana è manipolabile quando la fragilità prende il sopravvento; quando la nostra smania di ottenere qualcosa è più importante di ogni altra cosa o persona. È su questo aspetto che del Toro punta: lo stesso protagonista si illude da solo, credendo di potersela cavare in ogni situazione, perdendo nel corso della scalata al successo tutto ciò che ama.

Per poi scoprirsi una belva umana, fragile quanto chiunque altro e facilmente ingannabile da persone come lui, senza scrupoli. Beffato dalla sua stessa smania di potere e indole malvagia, che lo porterà in un vortice infinito di perdizione e dolore. Del Toro sceglie in questo senso una strada particolare rispetto al film precedente, che lascia un messaggio più netto.

Il filo sottile tra realtà e finzione

Ingannare ed essere ingannati. Realtà e fantasia. Cosa è reale? Cosa è finzione? Il confine è tanto sottile quanto labile. Guillermo del Toro ci mostra sin da subito la pasta di cui sono fatti i personaggi, ma una scena in particolare, la più accattivante della storia, ci rivela quanto lo stesso spettatore sia facile da abbindolare. Si tratta di un momento in cui la nostra percezione della situazione cambia, portandoci a riflettere su tale confine. Sappiamo bene cosa vogliono i personaggi e quale sarà il finale della storia, ma del Toro è così abile a giocare con le illusioni che alla fine qualche dubbio emerge sul proseguo della narrazione. Come se volesse cambiare le regole del gioco, dimostrandoci ancora una volta che l’inganno è sempre dietro l’angolo.

Il racconto per immagini

Nella nostra recensione di Nightmare Alley abbiamo parlato dei mostri, un tema molto amato dal regista (vedi La Forma dell’Acqua o Il labirinto del Fauno, tra gli altri); questa volta è l’essere umano la vera bestia. Dal mondo sotterraneo del Toro si sposta alla superficie terrestre, portando alla luce una verità scomoda con assoluta eleganza, mettendo in primo piano l’estetica e lasciando ai margini la trama.

La sceneggiatura infatti è semplice ma efficace, e presenta un paio di dialoghi molto intriganti, mentre l’attenzione al dettaglio è quasi maniacale. Inquadrature sopraffine, che già di per sé dicono tutto, ci mostrano la realtà nuda e cruda, senza bisogno di ulteriori chiarimenti. Certamente la regia è da considerarsi un punto di forza del film, unito all’intensità dei colori, adatti al mix di generi presenti in esso: dal noir al thriller psicologico, e fino al dramma esistenziale e macabro della condizione umana. Non mancano infatti immagini raccapriccianti e visivamente forti, tendenti all’horror, ma più di stampo splatter. Peccato che rispetto alla durata della pellicola (circa due ore e mezza) se ne contino davvero poche (4 o 5 al massimo).

La recensione di Nightmare Alley: minutaggio e forza del racconto

All’uscita dalla proiezione stampa, a caldo, abbiamo pensato che il minutaggio di due ore e mezza fosse davvero eccessivo. In seguito ci siamo ricreduti (in parte): il minutaggio è sì eccessivo, ma permette a del Toro di fornire tutte le informazioni utili a scrutare nel lato più nascosto dei personaggi, dandogli il giusto peso e concedendo così allo spettatore di seguire la storia con estrema linearità. È bene dire di non aspettarsi grandi scene d’azione. La piega che prende il film, come si può intuire da quanto già detto nella recensione di Nightmare Alley, è più teorica. Non solo perché si concentra in particolare sulla psicologia dei personaggi, ma anche per la messinscena, che simula una realtà ingannevole e fittizia nell’ambito dei rapporti umani.

Il ritmo

Nella prima parte del film (la prima oretta circa) vediamo Stanton imparare a praticare l’arte del mentalismo e innamorarsi della purezza di Molly, l’unica persona genuina e innocente del luna park. L’unica figura contrapposta alla natura peccatrice degli altri personaggi, e la prima a essere ingannata. Una diversità che emerge anche dalla personalità del protagonista, prima gentile e disponibile, poi crudele. Da uomo diventa bestia. Un’interpretazione, quella di Rooney Mara, da elogiare per la sua naturalezza, anche quando il personaggio raggiunge il limite della sopportazione per la sua condizione. L’attrice affianca un Bradley Cooper perfettamente in parte, che – in particolare nella scena finale – da grande prova di sé.

Il punto clou della pellicola lo si raggiunge poco meno di due ore dopo, quando il protagonista incontra il magnate. È solo più avanti che ci sarà un crescendo di inquietudine e tensione per la sorte di Stanton. Quindi sì, il ritmo è rallentato oltre misura per dare spazio alla forma, che di certo non delude e dà la giusta forza espressiva al racconto. È questo che mi ha portato a cambiare idea: il messaggio arriva, senza filtri, ed è ciò che più importa.

Ricordiamo che la pellicola debutta oggi, 27 gennaio 2022, nelle sale italiane. Nightmare Alley è distribuito da The Walt Disney Company Italia.

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  • Michael Stuhlbarg, Richard Jenkins, Octavia Spencer (Attori)
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