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È morto Mario Vargas Llosa, maestro del romanzo politico e sociale

Uno dei più grandi autori del Novecento si è spento a 89 anni. Mario Vargas Llosa ha raccontato con lucidità il potere, il desiderio e le contraddizioni dell’America Latina.

Addio a Mario Vargas Llosa, voce controversa ma insostituibile della letteratura sudamericana

Mario Vargas Llosa è morto all’età di 89 anni. La notizia è stata diffusa dai suoi figli. Lo scrittore peruviano, Premio Nobel per la Letteratura nel 2010, è stato una figura centrale del boom latinoamericano, il movimento che negli anni Sessanta e Settanta ha portato al centro della scena mondiale una nuova generazione di autori sudamericani.

La sua opera ha raccontato con precisione i conflitti politici, le ingiustizie sociali e i sogni infranti del continente. Romanzi come Conversazione nella Cattedrale o Chi ha ucciso Palomino Molero? hanno descritto con uno stile tagliente e realistico l’instabilità e la corruzione del Perù. A volte Vargas Llosa ha scelto la forma del giallo o del thriller, altre volte ha virato verso la commedia o il romanzo storico. Sempre ha indagato le relazioni di potere e la fragilità dell’individuo.

Vargas Llosa esordì nel 1959 con la raccolta I capi, ma fu La città e i cani (1963) a farlo conoscere al grande pubblico. Il libro, ambientato in un collegio militare di Lima, fu accolto con entusiasmo dai critici ma provocò una dura reazione dall’esercito peruviano. “È il romanzo di un degenerato mentale che vuole compromettere il prestigio dell’esercito”, scrissero alcuni alti ufficiali. La polemica confermò il ruolo dello scrittore come voce scomoda e determinata a smascherare l’ipocrisia delle istituzioni.

Nel 1966 pubblicò La Casa verde, vincendo il premio Rómulo Gallegos. In quel momento il suo nome iniziò a circolare accanto a quello di Gabriel García Márquez e Carlos Fuentes. Insieme formarono il nucleo centrale del boom. Ma Vargas Llosa prese presto una strada diversa, sia sul piano stilistico che politico.

Negli anni Settanta, l’autore peruviano abbandonò il realismo duro per esplorare toni più leggeri. Pantaleón e le visitatrici e La zia Julia e lo scribacchino mischiarono commedia, satira e autobiografia. Poi, nel 1981, tornò al romanzo epico con La guerra della fine del mondo, ispirato a un sanguinoso episodio del Brasile ottocentesco. Con Storia di Mayta e Il narratore ambulante, Mario Vargas Llosa riportò la narrazione al cuore delle tensioni ideologiche dell’America Latina.

Negli anni Ottanta si avvicinò alle idee liberali e si candidò alla presidenza del Perù nel 1990, perdendo contro Alberto Fujimori. Dopo la sconfitta, si trasferì in Spagna, che gli concesse la cittadinanza. Da allora intervenne spesso nel dibattito politico e culturale europeo e latinoamericano, schierandosi su posizioni conservatrici e spesso controverse. Nel 2021 appoggiò Keiko Fujimori, mentre nel 2022 sostenne Jair Bolsonaro.

Celebre il suo scontro con García Márquez, amico d’infanzia e poi rivale. Nel 1976, durante la prima di un film a Città del Messico, Vargas Llosa lo colpì con un pugno. La fotografia dell’occhio nero di Márquez fece il giro del mondo. I due scrittori si riconciliarono solo trent’anni dopo, quando Vargas Llosa accettò di firmare la prefazione a una nuova edizione di Cent’anni di solitudine.

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Source
Corriere

Autore

  • Marco Brunasso

    Scrivere è la mia passione, la musica è la mia vita e Liam Gallagher il mio Dio. Per il resto ho 29 anni e sono un musicista, cantante e autore. Qui scrivo principalmente di musica e videogame, ma mi affascina tutto ciò che ha a che fare con la creazione di mondi paralleli. 🌋From Pompei with love.🧡

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