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Mixed by Erry, Sydney Sibilia: “La rivoluzione musicale è stata fatta a Napoli e nella Silicon Valley!”

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Dal 2 marzo al cinema potete trovare Mixed by Erry, il nuovo film del regista salernitano Sydney Sibilia, che, ancora una volta, ci dà prova della sua estrema bravura ma anche del suo approccio al cinema e alle storie originale e fuori dagli schemi. Lo abbiamo intervistato per l’uscita del film!

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L’incredibile storia di Mixed by Erry e la nascita della pirateria

Per chi è nato dopo l’inizio degli anni ‘90 o era bambino, forse la dicitura “Mixed by Erry” dirà molto poco; per tutti gli altri è un vero e proprio tassello nella memoria. Enrico Frattasio, insieme ai suoi fratelli Peppe e Angelo, è stato ad inizio anni ‘90 non solo l’etichetta discografica in Italia prima in Italia, ma anche quella più piratata. E fin qui, ci diremo, cosa c’è di strano? Il paradosso è che i Frattasio stessi erano dei pirati. Il loro mercato si basava sul duplicare musicassette, inizialmente vendendo nel quartiere, poi esplodendo in tutto il Sud Italia (e non solo). 

Ovviamente, all’epoca, le leggi sul copyright non esistevano. I confini tra legale ed illegale erano davvero labili e i Frattasio stessi non sapevano esattamente in cosa si stavano cacciando; del resto, tutto parte da un sogno di Enrico: fare il DJ. Enrico non si limitava solo a copiare musicassette, ma suggeriva dei veri e propri pezzi che sapeva, in base alla cassetta comprata, sarebbero piaciuti al cliente, in modo da farlo tornare la volta successiva per un’ulteriore cassetta. La realtà è che a volte i sogni rischiano di restare sogni, soprattutto quando ti senti un ragazzo troppo timido ed introverso di Forcella. Enrico trova semplicemente una strada alternativa per realizzare il suo sogno, pagandone successivamente le conseguenze. 

Mixed By Erry Sydney Sibilia Intervista Frattasio
Una foto d’epoca dei veri fratelli Frattasio in un negozio Mixed by Erry

Interessante però come questo filone, quello della “rivincita del Nerd”, dell’ultimo che arriva prima, torni ciclicamente all’interno delle opere di Sibilia. Sembra quasi il suo marchio di fabbrica, contornato da una regia mai stantia e sempre molto originale, quasi sperimentale. Il team di Groenlandia si sente tutto, così come la collaborazioni degli storici Armando Festa alla sceneggiatura, Michele Braga alle musiche e Tonino Zera alla scenografia; ma non solo. 

Mixed by Erry è anche un film fatto da grandissimi attori, in modo particolare i tre giovani protagonisti che, seppur molto giovani, si sanno immediatamente distinguere per tecnica e bravura, riuscendo a creare una perfetta alchimia tra di loro. 

Per l’occasione dell’uscita del film al cinema, dal 2 Marzo con 01 Distribution, abbiamo intervistato Sydney Sibilia e parlato di questa storia incredibile, della Napoli degli anni ‘80, del cast ed anche di cosa oggi avrebbe effettivamente fermato i Frattasio se fossero andati avanti. 

Gli ultimi che diventano primi

Possiamo ufficialmente dire che sei il santo patrono del trope dell’ultimo che diventa il primo, insomma la rivincita del Nerd che non manca mai.

Guarda sarebbe una cosa da studiare, psicologica. Quando lo faccio non me ne rendo conto, ci faccio caso quando solo dopo me lo fanno notare. Ed è effettivamente è vero! C’è questa cosa che, evidentemente mi interessa, quando tra il personaggio e il suo sogno irrealizzabile c’è un mulino a vento contro cui deve combattere. Parto da storie che sono diverse, voglio raccontare un’altra cosa e poi, invece, si sintetizza in quello. Nel caso di Mixed by Erry, volevo raccontare di un ragazzo che nasceva in un posto e voleva fare il DJ. Insomma, negli anni ‘80 a Forcella non è che fosse pieno di DJ. Lui è stato sfortunato con il suo sogno ma poi trova un modo per farlo non proprio canonico, ragionando un po’ fuori dagli schemi.

Quindi il fine giustifica i mezzi? In fondo, c’è dell’ingenuità in Enrico Frattasio, è inconsapevole dell’illegalità di quello che sta facendo.

Si, perché loro da piccoli hanno questo padre che gli metteva in testa questa cosa dell’onestà prima di tutto, anche se poi lui era il primo a vendere whiskey falso a Piazza Garibaldi. Questo perché il “giusto e lo sbagliato” con la legge non coincidevano. Complice, però, anche il fatto che le leggi sul copyright erano proprio diverse, non c’era proprio il termine pirateria prima di Erry. I pirati erano, come dice Angelo nel film, i pirati dei Caraibi e, quindi, loro non riuscivano a capire come potessero legarli a quell’immaginario. Facevano cassette, pensavano, che ci sarà di male nel fare delle musicassette? La pirateria nasce dopo con le operazioni della finanza e loro, in realtà, e questo è l’aspetto divertente, diventano la prima “vittima” di pirateria, perché cominciano a comparire i falsi di Mixed by Erry che, a sua volta, era un falso. Loro non si sentivano tanto dei pirati, quanto delle vittime di pirateria. Erano l’etichetta più piratata d’Italia!

Io da piccolino, quando mi compravo le cassette, mi chiedevo se quella fosse falsa oppure originale e c’era mia mamma che diceva che era originale perché quella costa 5.000 lire mentre quella falsa 3.000 lire. In questo contesto, come fai a capire a chi appartiene la proprietà intellettuale?

Napoli negli anni ’80: un viaggio nella memoria

Una cassetta originale Mixed by Erry

In questo film, rispetto all’Isola delle Rose, dove c’è una ricostruzione storica della Rimini degli anni ’60, c’è più forse una ricostruzione della memoria. Sarai stato comunque bambino/ragazzino nella Napoli degli anni ’80, però immagino che qualcosa tu sia andato a pizzicarlo dalla memoria. Anche perché dal mio punto di vista, si respira proprio nel film un’aria di familiarità, intimità quasi, come se stessi raccontando una storia che hai vissuto attivamente.

Assolutamente! Per L’isola delle Rose c’era proprio uno studio. Se ci pensi è anche una cosa semplice: vedevo film, foto, facevamo proiezioni di film anni ‘60, ci documentavamo, studiavamo. Per questo film, invece, no. Qui devi fare uno sforzo di memoria, di infanzia. Io ho provato a mettere tutto quello che mi ricordavo; per esempio, la segatura a terra nei bar. All’inizio avevamo iniziato a studiare questo aspetto con Tonino Zera (scenografia), Valerio Azzari (fotografia) e Valentina Taviani (costumi), partendo da alcuni videoclip, però stava venendo una cosa troppo pop.

Volevo che ci fosse più realismo, no? Nel film c’è questo grigio, nel vicolo il sole non batte mai in realtà; e quindi, abbiamo deciso di tenere questo grigio dominante nelle scene esterne. Nelle persone c’erano i colori accesi, tipici di quegli anni, come il fucsia, l’acquamarina. Colori che per un periodo sono stati estinti e che ora, un po’ come Jurassic Park, stanno riclonando.

Ad un certo punto nel film, abbiamo messo i canarini perché in quel periodo tutti avevano il canarino. Abbiamo preso un canarino e messo nella scena. Assieme a noi è rimasto mezza giornata, poi è stato adottato da una famiglia che viveva praticamente lì di fronte al set.

Incredibile! Tutto quello che dici mi sblocca tantissimi ricordi, perfino mio nonno aveva il canarino quando ero bambina negli anni ‘90.

Ma infatti io ero lì a sbloccarmi i ricordi da solo, per poi sbloccarli a voi. Era proprio un vedere le foto di quando ero piccolo, vedere come erano le cose. Poi è chiaro che sia un po’ diverso rispetto alla mia infanzia. Io sono nato a Salerno, mentre Napoli è una città più complessa. Inoltre, per quanto estremamente fotogenica, Napoli ha la difficoltà di essere stata molto raccontata. Sono partito dal presupposto di raccontare una cosa in un modo un minimo originale, proprio per non ripetermi! Poi certo, proprio perché è fotogenica allora è più semplice. I film a Napoli sono più semplici!

C’è da dire che hai anche sfruttato benissimo i tempi comici napoletani, per non parlare della bravura di Luigi D’Oriano, Giuseppe Arena ed Emanuele Palumbo.

I ragazzi sono bravi, sono davvero contento di loro perché sono tre attori straordinari. Spesso si pensa che a Napoli sono tutti attori; in realtà, noi non cercavamo semplicemente tre ragazzi spontanei, noi cercavamo proprio tre attori, tecnici. Se ci fai caso, soprattutto quando ci sono solo loro tre, in particolar modo nelle scene in macchina o più strette, li lascio tutti e tre insieme nell’inquadratura. Questo l’ho fatto anche con i bambini, altri attori straordinari. Perché la vera figata di questo film è dettata proprio da loro insieme, senza staccare. Per interpretare quei dialoghi, tutti molto scritti ovviamente, con quei tempi, devi avere un certo tipo di preparazione e tecnica. Si, davvero straordinari! Segnatevi i nomi perché questi ragazzi faranno strada!

La musica tra ieri ed oggi

Secondo te cosa ha davvero fermato i Frattasio? Ok, al di là della criminalità, ma sono ragazzi che hanno saputo fare di necessità virtù, senza fermarsi nemmeno con l’avvento dei CD. Mi domando, però, se con un Napster, YouTube o Spotify, avrebbero davvero avuto ancora spazio?

Spesso queste grandi storie accadono in un momento preciso, in un posto preciso, quindi in un decennio preciso. La musica poi oggi è gratis per tutti, non c’è bisogno di piratarla e dai per scontato la sua esistenza. Se vuoi sentire un pezzo, mica lo compri? Basta che lo digiti e lo puoi ascoltare tutte le volte che vuoi.

Loro, invece, vivevano in un mondo dove c’era una dimensione fisica che si comprava nei negozi, poco accessibile a tutti, e che trovavi anche sulle bancarelle. Loro vivono proprio un passaggio dell’industria particolare. Se ci pensi, prima c’erano i vinili e nessuno li aveva mai piratati. Ad un certo punto, l’industria musicale con Mixed by Erry subisce un colpo, poi si riprende, per poi subirlo nuovamente con Sean Parker nei primi anni 2000 con Napster. I cambiamenti dell’industria musicale sono avvenuti praticamente a Napoli e nella Silicon Valley.

L’arte dell’arrangiarsi esiste ancora o siamo troppo pigri?

L’Italia dell’arrangiarsi è un’altra cosa mi ha un sacco colpito, forse anche con un po’ di nostalgia. Penso anche al cinema stesso, a quello che si riusciva a creare con poco. Ora, salvo rari esempi, c’è questa tendenza di andare sempre nel comodo, di non osare, non avere coraggio. Secondo te, siamo diventati troppo comodi? Troppo pigri?

Non lo so, sai. Una bella domanda. Io credo che fare il regista sia tutto un’arte dell’arrangiarsi. I film sono una continua sfida con quello che ti capita. Il nostro è un mestiere estremamente artigianale e non tutto ciò che avevi pianificato su carta o con la fantasia, poi nell’attimo della realizzazione non tutto trova una corrispondenza con la realtà. Il tempo scorre e, quindi, ti devi arrangiare. Non lo so se ci siamo un po’ impigriti. L’industria non credo tanto.

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