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Il Sol dell’Avvenire: Nanni Moretti fa ridere, cantare, emozionare | Recensione

Moretti dirige il suo "8½", ma lo fa prendendosi in giro

Non abbiamo dubbi: Nanni Moretti voleva che il suo ultimo film, Il Sol dell’Avvenire fosse il suo 8½ – con tanto di citazione diretta in una scena. Ma siamo anche certi che avrebbe voluto fosse “una storia d’amore con le canzoni italiane più belle“. Senza dubbio, non gli sarebbe dispiaciuto anche sfruttare la camera da presa per presentarci una riflessione storica sul rapporto del Partito Comunista Italiano e l’Unione Sovietica. E anche regalarci un film pieno di riferimenti e commenti sul mondo del cinema, con una critica a tratti furente – ma sempre esilarante – dei film, di chi li fa e di chi vuole mandarli in streaming. E non possiamo che iniziare questa recensione de Il Sol dell’Avvenire ammettendo che c’è riuscito appieno.

Anzi, ha fatto qualcosa di più: ha girato un film piacevole, capace di spezzare le sue elucubrazioni prendendole in giro, che ha fatto ridere più volte a voce alta tutta la sala. Un film che bilancia intelligenza e leggerezza in maniera sublime – il tipo di pellicola che fa venire voglia di andare al cinema.

La nostra recensione de Il Sol dell’Avvenire

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Con questo film Moretti ha voglia di giocare e ce lo fa capire fin da subito. Dopo una prima inquadratura dove fa dipingere il nome del film in rosso su una sponda del Tevere, conosciamo Ennio (Silvio Orlando) e Vera (Barbora Bobulova). Sono i protagonisti del film – e lo sappiamo perché Moretti ce lo dice in maniera esplicita: dopotutto è il regista. O meglio, è Giovanni, il regista del “film dentro il film”, che racconta della Rivoluzione Ungherese e della storicamente sbagliata risposta del Partito Comunista Italiano a quella sanguinosa dell’URSS.

Le pareti fra il film di Giovanni e quello di Nanni Moretti sono molto flebili. Tanto che i protagonisti stessi faticano a distinguere il rapporto fra i personaggi e gli attori: la sottotrama romantica è sul copione o nei loro occhi?

Il metacinema di Moretti però esplode anche in altre trame, che prendono sempre più il centro. Sua moglie Paola (Margherita Buy), che è anche la produttrice di tutti i suoi film, non ama più Giovanni. Ma non riesce a lasciarlo: quindi litigano più per il fatto che lei stia producendo un altro film con un regista emergente (e a cui piace la violenza gratuita) che per il loro amore sopito.

Splendida complessità

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Ci rendiamo conto di non riuscire a riassumere questo film. Ci sentiamo già persi e non abbiamo citato i problemi con i finanziatori del film francesi e coreani, la figlia di Giovanni che inizia una relazione “fuori dagli schemi” e i due o tre altri film che Moretti fa uscire dall’immaginazione di Giovanni e mette in scena. Ah, c’è anche una sottotrama con quattro elefanti. E il film è un mezzo musical con canzoni di Noemi, De André e Battiato, fra gli altri.

Moretti mischia trame e personaggi, che sono reali quando conviene e immaginari quando serve che diventino poesia. E reato ancora peggiore per chi scrive una sceneggiatura (specie per lo streaming, altra sottotrama di cui ci siamo ricordati solo adesso): non tutte hanno una risoluzione, perlomeno non una classica.

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Il Sol dell’Avvenire ha tutte le caratteristiche che di solito ci farebbero scrivere una recensione negativa. Eppure, se mai dovessimo dare un voto, daremmo otto e mezzo – non di più solo per citare nuovamente Fellini. Perché la verità è che tante trame discordanti e personaggi forti nelle mani del giusto artista diventano una sinfonia. Ma ancora più sbalorditivo è che questo film non è una sinfonia di quelle troppo complesse da capire: è come la marcia di Radetzky a Capodanno, che fa venire voglia di battere le mani a tempo.

Recensione de Il Sol dell’Avvenire: la capacità di prendersi in giro

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Nanni Moretti in questo film ha scelto solo attori davvero ottimi. Tanto che mentre dialoga con una Margherita Buy incredibile o discute con Valentina Romani che interpreta sua figlia Emma, si nota che forse lui è quello con le minori dote recitative del gruppo. Eppure, dopo averci riflettuto un po’, se fossimo stati direttori del casting non lo avremmo potuto sostituire in alcun modo.

Non è solo perché il protagonista, Giovanni, è praticamente Moretti stesso. Ma perché gran parte della comicità arriva proprio dall’eloquio lento e quasi urla del regista. In questo film, ogni due scene vediamo Giovanni arrabbiarsi per qualche motivo – anche se non al livello del celebre “le parole sono importanti” di Palombella Rossa. Ma in quasi tutte le occasioni, la battuta sta nel prendere in giro questa sua rigidità – che Moretti esaspera e gli altri personaggi sottolineano.

Pensiamo che il regista abbia ancora opinioni forti su molti argomenti – per esempio sull’uso della violenza nei film. Ma calcando la mano in maniera eccessiva sulla critica, riesce a far passare il messaggio ridendo. Come se volesse stemperare con l’autoironia le posizioni, ma senza rinunciare a raccontarci i principi.

Emozioni vere – non solo quelle “da film”

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Quando un regista fa un film sull’arte di fare film, spesso finisce per cucire un film autocelebrativo e poco interessante. Ma come già visto per The Fabelmans di Spielberg, una soluzione per evitare quel problema c’è: mettere le emozioni al centro.

Moretti sembra volerci raccontare un film sul girare un film sulla Rivoluzione Ungherese. Eppure finisce per parlare di amore. Nella sua maniera cerebrale e con un’infinita paura di aprirsi, ma proprio per questo ancora più potente quando invece abbassa le difese. E parla di speranza – in maniera quasi inaspettata durante il film.

Siamo entrati al cinema un po’ prevenuti, con il timore di assistere a una storia troppo orgogliosa per essere interessante. Siamo usciti dal cinema divertiti, guardando i colleghi presenti all’anteprima che uscivano tutti con un sorriso sulla bocca. Perché oltre che far ridere e riflettere, questo film fa di tutto per lasciarci quella punta di gioia che un “semplice lieto fine” non potrebbe mai dare.

Il Sol dell’Avvenire è un film impossibile da riassumere senza banalizzare, terribile da recensire senza sembrare melensi. È puro cinema, ma non nell’accezione da puzza sotto il naso che piace tanto ai finti intellettuali. È cinema perché in ogni scena si sente l’amore e la cura di chi l’ha fatto.

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  • Nanni Moretti, Laura Morante, Roberto Vezzosi (Attori)
  • Nanni Moretti (Direttore)

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Stefano Regazzi

Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, Nerd da prima che andasse di moda.

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