“Amo Topolino più di qualsiasi donna che abbia mai conosciuto”, aveva detto Walt Elias Disney di colui che sarebbe poi divenuto il simbolo incontrastato dell’azienda. Il 16 gennaio 1928 nasceva da Disney e Ub Iwerks (poi successivamente sviluppato da Floyd Gottfredson) il topolino dalle braghe rosse, i guanti bianchi e le grosse scarpe gialle che, allora, neanche immaginava la sua ascesa. Un successo da salvaguardare e proteggere negli anni, anche a costo di intervenire in affari politici e legislativi. È proprio da qui che ha preso il via un lungo processo che ha poi portato alla legge di Copyright che è stata appellata Mickey Mouse Protection Act.
Il Mickey Mouse Protection Act è il culmine di un processo che affonda però le radici in un tempo precedente. Disney ha infatti cercato di assicurarsi il copyright su Topolino in ogni modo possibile, mettendo in moto una serie di processi ogni qual volta si avvicinava la sua scadenza. Chiariamo subito: la scadenza del Copyright equivale alla perdita, da parte dell’azienda in questione, dell’esclusiva proprietà dei determinati contenuti, da quel momento in poi liberamente fruibili da chiunque. Per evitare questo destino, Disney non ha badato a spese.
Ma partiamo dal principio.
Disney, Mickey Mouse e Copyright Act: la storia
La prima legge sul diritto d’autore, il Copyright Act, risale al 1790. In questa si stabiliva una durata di un massimo di 28 anni di protezione delle opere creative. Nel 1831 segue una nuova legge che estende il periodo di protezione ad un massimo di 42 anni. Si arriva così alla legge del 1909 che allunga ulteriormente il periodo, arrivando a 56 anni.
Il primo cortometraggio di Mickey Mouse, Steamboat Willie, faceva il suo debutto il 18 novembre 1928. Ciò lo poneva sotto la tutela del Copyright Act del 1909, che concedeva 28 anni di protezione, rinnovabili (quindi un massimo di 56). All’approssimarsi di questa scadenza, che sarebbe caduta nel 1984, Disney ha iniziato a muoversi per non perdere i diritti su quello che era ormai diventato un prodotto che fatturava miliardi di dollari l’anno. Il Congresso degli Stati Uniti, otto anni prima di questa scadenza, si conformò agli standard europei. Questo estese la durata dei copyright già registrati dopo il 1922 da 56 a 75 anni. Una manna dal cielo per Disney: Mickey Mouse, nato nel 1928, poté dunque rimanere nelle loro mani ulteriori 19 anni (dal 1984 al 2003).
Ma si sa, che il tempo passa comunque e molto in fretta. Così, anche quei 19 anni si approssimavano a finire. Eppure, anche questa volta, Disney non si arrende all’imminente destino. D’altronde, stavolta non era vicina al perdere solo il diritto d’autore di Mickey Mouse, ma anche quelli di Pluto (nel 2005), di Pippo (nel 2007) e di Paperino (nel 2009). L’allarme è dunque suonato forte, tanto da smuovere i piani alti. Ed ecco che, nel 1998, un nuovo provvedimento arriva in soccorso di Disney.
La Copyright Term Extension Act. da altri vent’anni di diritti alle tipologie di copyright creati tra il 1922 e il 1978. Ciò vuol dire che la data di scadenza di Mickey Mouse slitta al 2023, data dunque non ancora giunta ma molto vicina. L’impronta data da Disney affinché questa nuova legge venisse approvata, ha fatto sì che il Copyright Term Extension Act venisse soprannominato proprio come Mickey Mouse Protection Act.
Inutile dire che l’attività di Disney in campo politico, e per propri fini, ha sollevato molte polemiche. Più volte l’azienda è stata accusata di aver pagato numerosi membri del Congresso per poter tutelare il proprio interesse e non perdere un marchio che frutta miliardi ogni anno. Il “salvavita” della Disney ha però solo pochi anni di vita ancora. Il 2023 arriverà presto e questo ci pone di fronte ad un nuovo quesito: cosa farà adesso l’azienda per tutelarsi?
Remake Disney: solo una strategia?
Negli ultimi anni ha però preso vita una nuova teoria. Di fronte ai numerosi remake arrivati al cinema (senza contare i tantissimi in uscita e in produzione), molti fan hanno iniziato ad ipotizzare che questa della Disney fosse l’ennesima strategia per prolungare ulteriormente i diritti d’autore dei vari prodotti. La verità è però un’altra: l’uscita di remake e live action non ha alcun impatto in termini di copyright. Quindi, non si tratta di una strategia della Disney, come molti hanno creduto. Sarà comunque interessante vedere quale sarà l’approccio futuro dell’azienda in fatto di diritti d’autore.