Scienza e Tecnologia

Creare rilevatori di particelle con la stampante 3D? Anche il CERN lo fa!

Le stampanti 3D sono ormai utlizzate per creare ogni ripo di attrezzatura e oggetti. La utilizza anche il CERN, pre creare rivelatori di particelle.

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L’Organizzazione europea per la ricerca nucleare, comunemente nota come CERN, usa stampanti 3D per creare gli strumenti che utilizza per le proprie ricerche. Non dimentichiamo che il CERN è il centro di ricerca per la fisica delle particelle che ospita il più grande e potente acceleratore di particelle al mondo, il Large Hadron Collider (LHC). Uno degli strumenti scientifici più grandiosi e costosi mai costruiti, che aiuterà l’umanità a rispondere ad alcuni dei quesiti fondamentali ancora aperti nel campo della fisica.

Il dipartimento di Experimental Physics Detector Technology (EP-DT) del CERN impiega la stampa 3D da più di sei anni per diverse applicazioni. Utilizzano due stampanti 3D stereolitografiche (SLA) Formlabs Form 2 e una Form 3L. Queste stampanti 3D oggi sono strumenti chiave per la ricerca e lo sviluppo della nuova generazione di rivelatori di particelle che saranno installati nell’LHC.

stampanti 3D al CERN
Un esempio di strutture di supporto stampate in 3D con la resina Formlabs Black Resin. Il loro scopo è quello di tenere in posizione tre sensori piegati con chip sottili (sensori ALPIDE MAPS, 40 µm di spessore) durante un test con fasci di particelle.

Uso delle stampanti 3D per la prototipazione rapida di rilevatori di particelle

La prototipazione con stampanti 3D direttamente installate al CERN (in-house) ha permesso di ridurre i tempi di sviluppo e i costilegati. Sono state inoltre trovate nuove soluzioni di layout, non ottenibili altrimenti con la lavorazione tradizionale. Prima bisognava fare affidamento sui fornitori esterni, e attendere settimane prima che le parti stampate in 3D, anche quelle abbastanza semplici, raggiungessero il CERN.

Le stampanti e i materiali di Formlabs vengono utilizzati principalmente per i prototipi. Ma sono utilizzati anche per gli stampi e gli strumenti utilizzati durante l’assemblaggio e il collaudo dei rivelatori.

Perchè al CERN non usano il tipo FDM?

Il team ha testato anche le stampanti con tecnologia FDM. Quelle per intenderci che creano oggetti depositando strato su strato delle linee di plastica fusa. I ricercatori però si sono accorti che le parti create erano significativamente inferiori a quelle delle parti stampate con la tecnologia SLA. Sotto vari aspetti: per la qualità della superficie, per la resistenza allo sporco e la durata delle parti.

Le stampanti 3D di tecnologia SLA usano invece dei materiali chiamati resine, termoindurenti e reattivi alla luce. Quando le resine vengono esposte alla luce con una determinata lunghezza d’onda, brevi catene molecolari si uniscono creando polimeri.

Con le proprie stampanti 3D al CERN si velocizza la prototipazione

Ad oggi i ricercatori sono in grado di utilizzare le stampanti in modo sicuro e indipendente. Loro stessi a creano i progetti utilizzando programmi di modellazione CAD e li inviano alla stampante, il che aiuta a velocizzare il flusso di lavoro.

La libertà di progettazione inoltre consente di produrre forme tridimensionali complesse. Questo in linea con la nuova tendenza a sviluppare strutture di rivelatori di particelle personalizzate, versatili e complesse.

Ad oggi all’interno degli esperimenti LHC si utilizzano sempre di più i materiali polimerici stampati in 3D. Tuttavia, i severi requisiti, derivanti dall’esposizione a dosi di radiazioni nell’area sperimentale che possono modificare le proprietà meccaniche, richiedono una specifica qualificazione dei materiali stampati.

Le stampanti 3D rendono tutto più semplice e veloce. Sei il proprietario del processo dall’inizio alla fine. Crei i file da solo e li invii alla stampante, e questo dà sicuramente soddisfazione. La stampa 3D consente anche molte iterazioni. In pochi giorni, hai il pezzo finale che sarebbe stato consegnato settimane dopo se fosse stato inviato a entità terze. È incredibile.

Massimo Angeletti, ingegnere meccanico, CERN.

Massimo Angeletti, membro del dipartimento di Experimental Physics Detector Technology (EP-DT) coinvolto nella costruzione, assemblaggio e installazione di rivelatori di particelle. Auspica in futuro di poter disporre di materiali caratterizzati ulteriormente per ambienti ad alta radiazione. Questo per estenderne l’uso in parti funzionali dei rivelatori nell’area sperimentale.

Le resine più utilizzate durante il processo di prototipazione dei rivelatori di particelle del CERN attualmente sono la Black Resin e la Clear Resin. Ma il team del CERN sta anche testando la Rigid 4000 Resin e la Rigid 10K Resin.

Che futuro avranno le stampanti 3D nella ricerca?

Sarebbe davvero bello implementare ulteriormente le parti stampate in 3D e ridurre al minimo la produzione standard.

Massimo Angeletti, ingegnere meccanico, CERN.

Infatti, nel futuro si immagina un rivelatore quasi interamente stampato in 3D, a eccezione dell’elettronica come i sensori e i loro componenti. Una volta che avranno superato i test per esperimenti ad alta radiazione, Angeletti spera anche di utilizzare nuovi fotopolimeri qualificati per le radiazioni all’interno di possibili esperimenti futuri. In attesa di nuove scoperte del CERN e di novità sulle stampe 3D dei cimponenti della strumentazione, per adesso è tutto.

stampanti 3D al CERN
Diverse parti stampate in 3D con la Black Resin utilizzate per l’assemblaggio di un prototipo di rivelatore in scala reale (60 x 60 x 300 mm3). Il prototipo nella foto in alto è un modello di una nuova categoria di rivelatori di tracciamento delle particelle basati su sensori MAPS grandi e sottili (90 x 280 mm2, 30-40 µm di spessore) che è in fase di sviluppo per ALICE, uno dei Large Experiment di LHC.

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Alessio Riccardi

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