Arriva oggi nelle sale cinematografiche italiane Lunar City, nuovo docu-film sul nostro satellite, ma soprattutto sul futuro. Al centro di questo progetto, diretto dall’italiana Alessandra Bonavina in collaborazione con ASI, ESA e NASA. Noi abbiamo avuto la possibilità di vederlo in anteprima, ma soprattutto di fare una bella chiacchierata con la regista dell’opera e siamo qui per raccontarvi com’è andata…
Lunar City, tornare sulla Luna, 55 anni dopo
Quello che ci aspetta in questo documentario è un viaggio nel futuro, alla scoperta di ciò che vedremo nei prossimi anni di esplorazione spaziale. Attraverso interviste a personalità italiane e internazionali, andremo a conoscere i prossimi passi di questo settore, che puntano a un ambizioso, ma fondamentale obiettivo: tornare sulla Luna entro il 2024, per porre le basi per ciò che verrà, compreso l’arrivo su Marte.
Non si tratterà ovviamente di un progetto semplice. Per riuscire a raggiungere lo scopo da lungo tempo i diversi enti spaziali del mondo si stanno adoperando per creare le tecnologie adatte. In Lunar City andremo proprio a scoprire come avvenga lo sviluppo di queste, dalle navicelle Orion al Gateway e al progetto di una Stazione Spaziale cislunare imparando tutto ciò che c’è da sapere sul futuro dell’esplorazione spaziale.
Tra i tanti aspetti affascinanti di questo film, colpisce soprattutto come i prossimi passi avvengano fianco a fianco tra i vari enti mondiali. Ripercorrendo nei primi minuti del film (in un montaggio che non mancherà di emozionare gli appassionati di spazio) la storia dei nostri viaggi verso il cielo, si può notare come piano piano l’umanità abbia sempre di più scelto di allontanarsi dall’idea di una corsa allo spazio, scegliendo piuttosto di unire le forze, per raggiungere insieme confini sempre più incredibili.
La nostra intervista ad Alessandra Bonavina
Partiamo dalle origini del progetto. Com’è nato e come si è sviluppato Lunar City?
Lunar City fa parte di una trilogia di documentari che sto realizzando con l’Agenzia Spaziale Italiana. Il progetto generale è iniziato nel 2016 con il primo docufilm che si chiama Expedition e raccontava la missione di Paolo Nespoli. Ha ottenuto un’accoglienza molto buona da parte dei giornalisti, ma soprattutto del pubblico.
Finalmente le persone potevano capire come funzionasse una missione di questo tipo, ma ancora di più perché ci fosse questo investimento economico nello spazio, senza un apparente ritorno. Nel film si può comprendere come la Stazione Spaziale sia un grande laboratorio scientifico che permette di fare esperimenti, che hanno poi una ricaduta importante a beneficio dell’umanità.
Da quel momento è nata l’idea di proseguire con la collaborazione con l’ASI, visto che c’era anche il cinquantesimo anniversario dello sbarco sulla Luna nel 2019. Ho iniziato a preparare questo documentario già nel corso del 2018, appena finito il primo, sapendo che ci fosse questa ricorrenza in arrivo.
C’è da dire che inizialmente il programma spaziale approvato da Barack Obama puntava direttamente su Marte, non avremmo dovuto passare dalla Luna. È stato Donald Trump a cambiare tutto e fare ritorno alla Luna, prima di andare su Marte. A quel punto la NASA ha dovuto cambiare i propri piani, anche se se Orion, lo Space Launch System e tanti altri, sono mezzi che stava studiando per Marte. È per questo motivo che sono utilizzabili per l’uno e per l’altro. Orion ad esempio sarà la navetta spaziale che porterà sia sulla Luna che su Marte.
Insomma, è fondamentalmente così che è partito questo nuovo progetto. L’ultimo film della trilogia sarà un film su Marte, in realtà virtuale. Trattandosi di un documentario, non potendolo documentare effettivamente in nessun modo, l’opzione più realizzabile era la VR, sfruttando il terreno marziano delle immagini della sonda Curiosity della NASA. L’atterraggio degli spettatori con il visore sarà sul vero terreno marziano, rispettando i canoni del documentario scientifico a tutti gli effetti.
Parlando proprio dell’anniversario dello sbarco sulla Luna, questo ha portato una nuova attenzione sul satellite. Ci sono state tantissime opere che se ne sono occupate e si è parlato tantissimo di questi cinquant’anni. Come si inserisce Lunar City in questo discorso?
Lunar City guarda al passato, ma racconta soprattutto il futuro. Per questo si distacca da quello che c’è stato in questo 2019, con tantissimi progetti sulla Luna. È unico perché appunto racconta ciò che deve accadere e nessuno ad oggi lo ha fatto in maniera così dettagliata, spiegando ciò che effettivamente si sta facendo oggi per i prossimi anni. Il 2024 è praticamente domani per un programma spaziale.
Il film si apre con una frase di Tucidide, che in qualche modo si ricollega a questo concetto: “Bisogna conoscere il passato per capire il presente e orientare il futuro”. Nelle prime sequenze abbiamo proprio questo, con una carrellata sulla storia recente dell’esplorazione spaziale, in cui non mancano degli incidenti di percorso, anche se è difficile definirli dei passi indietro.
No, non sono dei passi indietro, ma proprio dei fallimenti, degli errori. È importante capire, come dicono diversi protagonisti del film, come l’esplorazione spaziale sia una scoperta continua. A volte questo è anche misurare i limiti dell’uomo, capire fino a dove possiamo spingerci, dove si può arrivare. Mete e obiettivi ambiziosi che le agenzie spaziali si pongono nel corso degli anni. Non si può ovviamente conoscere tutto e sapere ciò che potrà succedere.
Lo spazio rimane ignoto per molti aspetti ed è, per sua natura, avverso all’uomo. Nello spazio, banalmente, non possiamo vivere. Raccontare la storia di questi ultimi cinquant’anni e più, è servito a dire che sì, abbiamo fatto dei passi avanti, ma ci sono stati anche dei problemi. Li abbiamo superati con ulteriori sviluppi, per poi evolverci.
Uno dei punti più interessanti che vengono sottolineati nel film è il fatto che la prima volta che siamo andati sulla Luna è stata una corsa, questa volta una collaborazione. Questo può essere visto come un frutto anche della storia passata?
È frutto di un’esperienza in particolare, quella della Stazione Spaziale Internazionale. Da oltre vent’anni questa ha reso il settore spaziale l’unico dove c’è collaborazione tra quasi tutti i Paesi del mondo. Esclusa la Cina, che ha la sua Stazione e il suo programma, per il resto è un’unione incredibile di forze. Giapponesi, europei, canadesi, russi, americani… Tutti collaborano insieme.
Da questo nasce l’idea, la consapevolezza della NASA del fatto che da soli non si può andare oltre un certo limite. Lo dicono anche nel film, noi dobbiamo vederla come una missione globale, di tutti, perché altrimenti non si può fare un passo avanti.
Qual è la cosa più interessante che in prima persona hai scoperto di questo mondo, lavorando su Lunar City?
Sono molte, chiaramente. Ce n’è però una che mi ha sorpreso di più in Lunar City, ancora più che nel primo documentario che era in fondo il ‘semplice’ racconto di un astronauta che fa la sua missione. È il fatto che qui stiamo parlando di persone che lavorano per un futuro che probabilmente non vedranno neppure realizzarsi. Lo fanno però grande entusiasmo e voglia, come se questo futuro fosse davvero domani. Lo fanno per gli altri, per i prossimi, per chi arriverà.
Questo credo che sia una cosa che oggi si è un po’ persa. Pensare di fare una cosa perché ne possa beneficiare un altro non è più attuale e questo mi ha colpito molto, lavorando al film.
Un’ultima domanda, molto ampia: qual è secondo te il ‘fascino segreto’ della Luna? Da secoli, millenni, attira la nostra attenzione in campo scientifico e artistico, da tantissimi punti di vista. Perché l’uomo guarda così tanto al suo satellite?
Perché la vede. Sono fermamente convinta che sia questo il motivo per cui ci affascina così tanto. La vedi ogni giorno della tua vita da quando sei nato e questo la rende più vicina a te. Io credo che la gente pensi che lo spazio sia qualcosa di estraneo a sé, non lo viva come una parte integrante della propria vita. È per questo che molte volte è difficile da comprendere come argomento, non tutti sono interessati. Sembra qualcosa che non ci appartiene: “Lo spazio, figuriamoci…”.
Invece la Stazione Spaziale, con gli esperimenti che si fanno al suo interno, tutto ciò che si farà nel futuro, anche solo le tecnologie che andremo a sviluppare per le missioni, si renderanno davvero utili sulla Terra. Basta pensare a questo per capire che stare attenti, vedere cosa succede in ambito spaziale è una cosa che interessa tutti direttamente.
Vi ricordiamo che Lunar City sarà nelle sale italiane a partire da oggi e fino al 19 febbraio.