Intrattenimento

Pacific Rim – La Rivolta: il senso del secondo capitolo

Se economicamente è una scelta conveniente nella maggior parte dei casi, in fase di realizzazione non è mai semplice dar vita a un secondo capitolo. Bisogna tenere conto di tantissimi fattori, costruire un nuovo arco narrativo per i personaggi, agganciandosi a quello vecchio e bilanciare tutto con le aspettative dei fan. Tutto si fa più impegnativo poi, quando il primo episodio non apre esplicitamente a un sequel, con un finale che, pur non essendo completamente chiuso, è ben lontano dall'essere aperto. Se poi condisci tutto questo con il fatto che il regista e sceneggiatore dell'originale è attualmente sulla cresta dell'onda dopo aver portato a casa il Premio Oscar alla Miglior Regia, la strada si fa ancora più in salita. Parliamo quindi di questo Pacific Rim: La rivolta.

Ma qual è il senso di un secondo capitolo? Potremmo identificare tre tipologie principali. La prima attiene a tutti quei film che sono una parte di un tutto più grande, che portano avanti una storia che si sviluppa sul lungo periodo, tendenzialmente elevando i toni per preparare il terreno al gran finale. Poi ci sono i nuovi episodi delle grandi saghe (tipici soprattutto degli horror) che, al contrario, sono solo minimamente parte di un progetto più grande e si limitano a raccontare una nuova avventura in quell'universo. E infine i più rari, quelli che ripartendo da un inizio apparentemente autoconclusivo, riordinano il racconto, danno forma al mondo in cui si svolgono, creano una mitologia vera e propria che lanci una saga complessa e unitaria.
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Pacific Rim: La rivolta appartiene proprio a quest'ultima categoria e riesce a svolgere il proprio compito più che discretamente. Come il recap iniziale ci ricorda, la Guerra dei Kaiju si è conclusa, gli umani hanno vinto e stanno ricostruendo la civiltà, tenendo sempre un occhio vigile in caso di nuove minacce. Su questa base, apparentemente statica, viene a costruirsi una trama che si riaggancia furbescamente, ma senza intoppi, al primo episodio della saga e approfondisce l'universo in cui si svolge, mostrando concetti e personaggi solo accennati in precedenza, fornendo un buon trampolino per un ulteriore sequel.
Non si tratta certo di un film perfetto, ovviamente. Di difetti ce n'è abbastanza da scontentare sia i puristi del cinema, sia i fan più accaniti del primo film. La seconda metà in particolare raccoglie diversi momenti problematici per ragioni ogni volta differenti, ma sempre a fianco, quasi alternati, a soluzioni che vanno ben oltre il semplice compitino di sceneggiatura. Lo stesso vale per i personaggi, che sono certamente incasellabili in figure stereotipate (il ribelle, il piccolo genio, il belloccio antipatico…), ma con contorni leggermente sfumati, che li rendono più interessanti e apprezzabili.
Nel complesso, quindi, Pacific Rim: La rivolta è un film che funziona, con i momenti di divertimento ed epicità che ci si aspetta dal genere. Va ovviamente affrontato con il giusto spirito, con la consapevolezza del fatto che si tratta di un film di intrattenimento che, rispetto al primo capitolo, si prende molto meno sul serio rendendo (forse) di più. In attesa ovviamente dell'eventuale terzo film della saga che dovrà correggere ancora di più il tiro. Staremo a vedere.

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Mattia Chiappani

Ama il cinema in ogni sua forma e cova in segreto il sogno di vincere un Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura. Nel frattempo assaggia ogni pietanza disponibile sulla grande tavolata dell'intrattenimento dalle serie TV ai fumetti, passando per musica e libri. Un riflesso condizionato lo porta a scattare un selfie ogni volta che ha una fotocamera per le mani. Gli scienziati stanno ancora cercando una spiegazione a questo fenomeno.

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