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Il regalo della valigia dispersa

Finalmente abbiamo potuto aprire le iscrizioni per il nostro prossimo tour ONTheRoad (QUI), e invitarvi quindi in Giordania a luglio 2017, assieme a noi. In particolare assieme a me (Giada, heilà), oggi ospite di Onigiri Calibro 38 e Jacopo sulla scrivania della rubrica ONTheRoad. In realtà sono venuta a fare due chiacchiere con Monica, che ha già accompagnato i nostri lettori in numerosi viaggi in Giappone, per farmi raccontare qualcosa sulle peggiori disavventure che le sono capitate on the road, e come le ha superate. Sono già stata in Giordania durante il nostro Scouting Tour, e so cosa aspettarmi, ma il brivido dell'avventura è sempre dietro l'angolo, giusto Monica?
Se sapessimo già cosa aspettarci probabilmente non partiremmo neanche!
Sebbene possano crearsi delle situazioni che sul momento arrecano disagio, una volta superate si trasformano in divertenti aneddoti da raccontare agli amici -con tanto di diapositive, che non mancano mai-.
Ma prima di cominciare stapperei dello champagne… no non mi piace, apriamo una bottiglia di sake per festeggiare questa nuova meta e la nostra Giada che vi accompagnerà in questo viaggio stupendo! 
KANPAI! (ops, mi è caduta qualche goccia sulla scrivania, ci ho messo troppa energia… spero che Jacopo non se la prenda. Giada mi raccomando fai finta di nulla).
Ebbene sì, tornando a noi, le disavventure capitano, ma con un po' di sangue freddo e capacità di adattamento si può superare tutto e gustarsi comunque il tour.
A quali disavventure ti stai riferendo? Insomma, di quale portata? Perdere un autobus, o finire in mezzo a un tornado?
Entrambe, anche contemporaneamente. Mi ricordo una volta, uno dei miei primi viaggi *ergo sudavo freddo ogni istante ma sfoggiavo una grande disinvoltura* arrivati all'aeroporto di Narita, in Giappone, stavo contando tutti i viaggiatori e controllando i documenti per la dogana quando mi accorgo che due ragazzi del mio gruppo stanno cercando di comunicare con gli assistenti aeroportuali.
Avvicinandomi scopro che le loro valigie non erano mai arrivate! "Aaaaaaaaaah" ho urlato -internamente- "Sapevo che prima o poi doveva succedere!" e indossato il mio miglior sorriso ho dato una mano a descrivere i bagagli e il loro contenuto, in giapponese, alla signorina che pallida e sudata aveva fino a quel momento dato fondo a tutto il suo vocabolario inglese.
Ah Giada, non so se ti ho mai detto che i Giapponesi fanno una gran fatica con la lingua della Gran Bretagna, diciamo che preferirebbero cantare davanti ad una folla -in delirio- piuttosto che parlare in inglese con degli stranieri. Vedendo il colorito tornare sulle gote della fanciulla, mi sono anch'io rasserenata e, tutti insieme, siamo riusciti a compilare i documenti necessari. Avendo dato il recapito della nostra sistemazione a Tokyo (mi porto sempre in saccoccia, insieme al passaporto, tutti gli indirizzi e i numeri utili, tra ambasciate, hotel, migliori ristoranti…. Come dici? Quelli non sono fondamentali? Ehm….) mi hanno fatto sapere che si sarebbero mossi immediatamente per recuperare i bagagli. Sorrisi, inchini, e tutti più o meno soddisfatti.
E pensare che in Giordania invece tutti parlano inglese sorprendentemente bene. Quando siamo stati a Petra, nel pomeriggio, abbiamo scalato 900 gradini per raggiungere un altopiano dove si trova un antico monastero scavato nella roccia. Lì vive un gruppo di beduini, dentro delle grotte adattate ad abitazioni con ogni comfort (circa), persino la TV satellitare. Uno di loro ha chiacchierato con me per ore, in un inglese perfetto, nonostante non avesse mai lasciato la sua casa in mezzo al deserto. Ma ti prego, continua, voglio sapere come sono finite le disavventure dei due ragazzi.
Tutto per il meglio. Il secondo problema da risolvere erano i cambi. Avendo lo zaino vuoto, i due viaggiatori avevano bisogno di qualcosa di sostitutivo per il periodo in cui si trovavano senza nulla.
Una volta arrivati al quartiere dove alloggiavamo ho fatto un giro di ricognizione, individuando esattamente quello che stavo cercando:
1. Un combini (mini supermercato aperto 24/7, in cui vendono qualsiasi cosa. Metti che Gojira, Godzilla, attacca Tokyo e ti distrugge la casa… hai bisogno certo di un cambio di mutande e spazzolino per essere pronto ad andare in ufficio il giorno dopo no?! Bé le recuperi al combini)
2. Un centro commerciale con negozi in cui prendere abiti decenti a prezzi onesti.
Una volta individuati questi il gioco era fatto! 
Inoltre, grazie alla solerzia ed efficienza giapponesi, due giorni esatti dopo l'arrivo, i bagagli sono stati recapitati in albergo, direttamente nelle stanze dei ragazzi.
Per di più, nel negozio che ho consigliato loro hanno trovato delle magliette bellissime dalle decorazioni tipiche, e neanche a farlo apposta si son portati a casa un bel souvenir.
Insomma, quando c’è lo spirito di avventura ogni disagio diventa un aneddoto.
C'è stata anche quella volta in cui, alla stazione degli autobus a Kyoto, ci siamo trovati intrappolati dal tifone di turno.
Dovevamo prendere il mezzo che ci avrebbe riportati in aeroporto alla fine del viaggio, quando il cielo si è fatto nero e la pioggia ha cominciato a cadere come se fosse rovesciata sul Giappone da camion giganti.
Fortunatamente, in previsione di possibili disagi, avevo prenotato il pullman per diverse (inteso come tantissime) ore d'anticipo.
Quando sul tabellone luminoso è apparsa la scritta "50 minuti di ritardo" mi è rimbombato nel cervello il grido "Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah sapevo che prima o poi doveva succedere!". Ho dato ai viaggiatori il via libera per fare un altro salto in bagno o al supermercato per comprare qualcosa da mangiare e poi mi son seduta a sgranocchiare delle patatine dal sapore assurdo, mentre un giapponese di apparenti 60 anni, quindi di circa 150 anni effettivi, attaccava bottone parlandomi in spagnolo. A proposito, vuoi un biscotto? Ne ho una scatola piena, anche se Jacopo non vuole che sbricioli sulla nostra scrivania condivisa.
Non scoprirà nulla promesso, vai avanti. 
D'un tratto ho notato che il pullman diretto in aeroporto precedente al nostro stava arrivando alla fermata. Mi sono alzata di scatto, ho braccato un addetto, che trafelato correva dentro e fuori affrontando impavido la tempesta, e gli ho chiesto, mostrandogli i biglietti del mio gruppo, se fosse possibile salire su quel bus invece che aspettare quello in ritardo.
Dopo aver parlato da solo per 5 minuti, probabilmente con qualche suo capo i collegamento tramite auricolare, mi ha confermato la possibilità di fare il cambio.
In quel momento è cominciata la parte difficile: andare a recuperare tutti i ragazzi sparsi per l'edificio in tempo per poter salire sul mezzo in partenza.
Ho corso, ho corso tantissimo, ma alla fine ce l'abbiamo fatta.
E, mentre fuori la pioggia fingeva di calmarsi, noi eravamo seduti all'asciutto sui sedili morbidi in tempo per sistemare le ultime cose in aeroporto, come cambiare la valuta, imballare le valigie, andare in bagno -di nuovo-, mangiare -di nuovo- , fare le foto da postare sui social dopo essersi connessi al wi-fi, ecc.., per poi essere pronti al check in e al trauma del rientro..
Sono sicura che anche il nostro rientro dal tour in Giordania sarà tristissimo, ma per ora non vedo l’ora di partire, e di avere anche io tutti questi aneddoti da raccontare. 

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Un commento

  1. Noi durante lo Scouting Tour abbiamo perso Giovanni Eccher. Una cosa di qualche ora, ma ci siamo un po’ preoccupati. Eravamo sul Mar Morto, arrivammo in hotel alle 13:00 e avremmo fatto tappa li fino al mattino seguente. Un grosso resort 5 stelle, con sauna e bagno turco in riva al mare. Giovanni sparì esattamente 2 minuti dopo il check-in. Lo rivedemmo solo il mattino dopo a colazione. Ancora in ciabatte e bermuda.

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