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La risposta di Coyote

Questo Pulpito si tinge di paganesimo e nonsense.
Coyote, che già corre con noi, é la quintessenza di entrambi. E' l'antico dio che fa da trickster in molte mitologie dei nativi americani, l'ingannatore che invece di sviluppare un proprio metodo di caccia si adatta a quelli degli altri. Li imita. Come Prometeo, come Ermete, come Anansi, Corvo, Loki e molte altre divinità dell'inganno, è qualcosa di ambiguo, di furbo, affabulatore; uno che si muove al confine fra l'umano e il divino, che cambia valore alle cose. Dà la morte a Balder virtualmente immortale, ruba il fuoco a Zeus o il bestiame ad Apollo.
Oppure si trova condannato alla trasformazione. Il rovescio della medaglia di un eterno adattamento è essere fin troppo duttile, o essere spesso mutato dagli altri. Come il Coyote immaginato una volta da Grant Morrison (il Cielo l'abbia in gloria, non si può essere imparziali e neutri parlando di lui) nel fumetto di Animal Man, al capitolo chiamato The Coyote Gospel. A parte che dovete leggerlo, perché è una delle punte più alte di un autore tra i più grandi nel mondo del fumetto, è interessantissimo il punto di partenza: un certo coyote animato, in una Creazione di eterna violenza cartoonesca, decide di mettere fine alle incudini che cadono dall'alto, ai candelotti di dinamite, ai treni che arrivano a tutta velocità dal nulla, insomma di liberare il proprio mondo da tutto questo. E il suo Creatore lo porta nel mondo reale, o almeno quello in cui Animal Man è ambientato, dove il coyote soffrirà per sempre.
Non è che Morrison abbia fatto nulla di mai-fatto-prima, in realtà: è Prometeo incrociato con Wile E. Coyote. E di nuovo il trickster all'opera nell'incrociare mito antico e moderno, mondi apparentemente separati. E cosa porta sul Pulpito questa divinità che odia le altezze, le solennità, i toni gravi? Forse la voglio eleggere come bestia totem nonostante il paradosso? Perché il trickster non è esattamente una creatura a cui affidare tutta la tua vita: anzi, alcuni dei suoi doni sono mortali.
C'é che Coyote é la chimera. Il sogno di chiunque voglia diventare l'eroe che trionfa con la testa, un idoletto piuttosto comodo per noi che abbiamo ancora addosso lo stigma del Nerd-contro-i-normali. Quello che spesso nasce da storie reali e spesso diventa il nostro comodo scudo per sentirci speciali. E fare il Coyote, il Prometeo che soffre lo scotto di avere voluto sfidare lo status quo, é una bellissima illusione, anche perché a chiunque piace identificarsi in un eroe che perde pur avendo ragione. Ma sto divagando troppo.
E allo stesso tempo Coyote é un caos poco comodo. E' il mischione di mondi, la contraddizione: la certezza che i paradossi esistono e continuano a influenzarci. Che forse non saremo mai coerenti del tutto, che continuiamo a cambiare, che i nostri gusti cambiano, che a volte amiamo qualcosa che non dovremmo razionalmente e normalmente, e questo limitandoci ai lati Nerd della vita, ai nostri gusti. Probabilmente il resto è peggio. 
A questo punto, allora, meglio imbracciare un po' il paradosso. Qualunque cosa voglia dire.
E questo scritto (il trickster benedice anche l'autoreferenzialità), per l'uomo del Pulpito che ha sempre dimostrato di essere pretenzioso, non vuole dare risposte. Coyote, Loki, Anansi raramente danno risposte. Provocano, piuttosto. Vanno avanti su una strada non diritta.
La prossima predica sarà qualcosa di più concreto, lo prometto.

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