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La prima cosa è il vento

La prima cosa è il vento.
Il vento che freddo scuote i vestiti, frustando la pelle. Rimane aggrappato ai capelli e si agita disperatamente per liberarsi, spingendo alcune ciocche sul volto, davanti agli occhi. Urla tanto forte da stordire, e  per un istante non è possibile udire nient'altro a parte quel grido.
Poi, piano…
Molto piano, tra le sue pieghe si riesce ad afferrare un altro debole frusciare, lento, delicato, ammaliante. Una canzone muta, che languida sussurra di muovere quei passi necessari per ridurre la distanza. E non si può fare altrimenti, sentendo le dune di sabbia che cedono sotto i piedi.
Ma questo non è nulla rispetto allo spettacolo seguente: l'infinito a portata di mano.
Il cielo, colmo di nuvole sulla soglia di un maestoso temporale, si congiunge con il mare screziato di blu profondo e grigio ghiaccio, che a sua volta incontra la terra. Collegati gli uni agli altri quasi fossero stati sciolti insieme.
Tutto ciò che non è acqua, aria o sabbia è legno e carta.
La più grande quantità di libri che mai si potrebbe sognare di vedere in tutta una vita è lì, in attesa di qualcosa, di qualcuno.
Un'innumerevole schiera di scaffali, un intricato dedalo in cui perdersi avvolti dalla consapevolezza che su ognuno di quei ripiani sono poggiate storie incredibili, che vivono nel passato, nel presente e nel futuro, in un solo istante e per sempre. Evolvono pur rimanendo  le stesse, e attendono di venire liberate in quel luogo senza confini, impregnando l'aria del loro intenso profumo.
Mischiato al salmastro odore del mare, pungente e fresco, si avverte quello della carta stampata, polvere e inchiostro, una fragranza indimenticabile tanto forte che quasi la si assapora anche in bocca, sulla lingua e in fondo alla gola.
Libri dalle copertine di cuoio scuro, libri sottili, libri spessi con le pagine ingiallite; volumi con immagini dipinte, fotografie sbiadite, illustrazioni dai colori pastello. Libri in ordine alfabetico, in ordine cronologico, libri sparsi sulla sabbia, ammonticchiati gli uni sugli altri in pile più alte di un essere umano. Una massa di fogli stretti come gemelli nell'utero materno, rinascono ogni volta che li si sfiora, voltando le pagine una per una.
Circondato dagli scaffali, tra il mare e il resto dell'universo, c'è un piccolo e tondo gazebo in legno rosso di ciliegio. Per accedervi bisogna salire solo un paio di piccoli gradini. Lo occupano alcune poltrone con i piedini leggermente arcuati, il rivestimento di pelle e borchie d'ottone; di quelle poltrone su cui non c'è bisogno di sedersi per sapere quanto siano comode. Su ognuna di esse è poggiata una coperta, lasciata o dimenticata… gentilmente appoggiata per chiunque ne avesse bisogno.
La sabbia danzante si poggia sul pavimento in mucchietti disuguali, gratta e crocchia sotto le suole che la calpestano.
Viene voglia di battere i piedi per sentire il rumore secco delle assi di legno e finalmente capire se quel luogo è realtà o finzione, lanciare un libro nell'acqua per vedere se affonda o svanisce durante il volo, urlare a squarciagola solo per sentire se la propria voce esiste ancora o è stata inghiottita da quella del vento.

Il parquet rimbomba.
Il libro annega.
Il grido riecheggia.

A tratti giunge il sole, affacciandosi dalle nuvole per riscaldare dolcemente l'atmosfera, illuminando con gentilezza i granelli sul terreno e il legno bruno, giocando con le ombre; poi, d'improvviso, una pioggia leggera, di quelle che ripulisce l'anima giù nel profondo.
Nel vento, che si è alzato di nuovo, ci sono risate e pianti, ma soprattutto silenzi.

Benvenuti nella biblioteca del Mondo, dove la marea spinge le persone ad incontrarsi e a conoscersi. Vi sono racchiuse le storie di chi è stato e di chi sarà, storie dimenticate e storie mai esistite. Le vostre storie e la mia.
Da quale racconto vogliamo cominciare?
Sono tutti qui a vostra completa disposizione.

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