Intrattenimento

La filosofia del combattimento videoludico

Uno degli aspetti che più mi affascina dei videogiochi è il combattimento.  È innegabile che l’uomo trovi affascinante l’arte del combattere; ciò non vuol dire che siamo tutti novelli Rambo o guerrafondai, infatti anche le persone più pacifiche possono provare piacere nel guardare un film d’azione o nel leggere un romanzo d’avventura, gustandosi sparatorie, duelli all’arma bianca e scazzottate. Io non sono certo un esperto e non voglio farvi una lezione sulla psiche umana, ma ho sempre trovato interessante capire il perché di quest’attrazione verso l’arte della guerra, un’attrazione che accompagna l’uomo sin dagli albori. Il motivo probabilmente va ricercato in istinti arcaici che risalgono all’epoca preistorica, quando essere forti faceva la differenza fra la vita e la morte. Il culto della forza ha attraversato tutte le epoche dell’uomo, tanto da arrivare a noi incarnata in archetipi quali i moderni super eroi, di cui ammiriamo soprattutto la potenza sovraumana, che permette loro di salvare i più deboli e sconfiggere il male. Ma la cosa veramente affascinante non è soltanto la forza in sé, ma soprattutto il rito del combattimento, che, fittizio o reale che sia, riesce a farci empatizzare con i combattenti e ci dona un flusso di emozioni unico. Chi ha fatto arti marziali lo sa: durante il lasso di tempo in cui ci troviamo faccia a faccia con l’avversario, siamo invasi da una moltitudine di sensazioni: entusiasmo, eccitazione, paura, determinazione, ecc. che la rendono una delle esperienze più intense che si possano provare. Analizzando queste emozioni ho capito che lo scopo ultimo non è la forza fine a sé stessa, che può sfociare in una dannosa violenza, ma è quello di migliorare noi stessi giorno dopo giorno. Per questo motivo, secondo me, le opere con maggiori scene d’azione hanno guadagnato sempre più pubblico, che inconsciamente vede nei successi dei protagonisti che lottano contro forze normalmente imbattibili una spinta al continuo miglioramento. Trovo che questa riflessione abbia un senso anche nel mondo videoludico, soprattutto se il combat system riesce a rendere perfettamente una piena libertà d’azione nell’utilizzare il nostro personaggio. Personalmente, infatti, prediligo sistemi magari complessi da padroneggiare ma che una volta recepiti hanno come unico limite la nostra fantasia; ovviamente i sistemi cambiano da genere a genere, ma questa caratteristica non è prerogativa di una tipologia incentrata sulle battaglie come i titoli action. Possiamo trovare ottimi sistemi ad esempio in RPG, dove gestendo bene le azioni del nostro party in una giusta strategia possiamo prevalere su qualsiasi avversario. Oppure in un gioco strategico, dove usando le truppe giuste al momento giusto possiamo sovvertire le forze in campo. L’importante, secondo me, è che il sistema deve dare al giocatore una sensazione di libertà totale non appena si impugna il pad.

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La sensazione di cui parlo è difficile da spiegare a parole, è qualcosa che si sente una volta che si combatte per la prima volta, quel feeling che percepiamo man mano che impariamo i comandi base e realizziamo che una volta padroneggiato il sistema saremo liberi di affrontare il nemico come più ci piace. Recentemente ho avuto la fortuna di provare questa sensazione in diversi tipi di giochi, ad esempio con For Honor (di cui vi ho parlato qui), che riesce coi suoi duelli a esaltare gli amanti degli scontri all’arma bianca grazie a un ottimo sistema di gestione di attacco e difesa, molto profondo e complesso da padroneggiare ma sicuramente appagante. Anche Horizon Zero Dawn mi sta dando molte soddisfazioni; la quantità di armi, unita alla pianificazione di ogni scontro con le diverse e sempre imponenti bestie robot, tiene conto di tante dettagli e variabili, come l’utilizzo del terreno su cui si combatte, le debolezze elementali o lo sfruttamento dei punti deboli dei nemici, e questo rende ogni battaglia nuova e avvincente. Fra tutti questi, però, il gioco che più mi ha fatto più sentire la sensazione di una piena libertà d’azione è NieR Automata. Parliamo d’altronde di un titolo sviluppato da Platinum Games, che personalmente ritengo i migliori creatori nel campo degli action (piangiamo insieme per la sorte di Scalebound, titolo che sulla carta era molto promettente): non per niente uno dei fondatori è il grande Hideki Kamiya, creatore della saga di Devil May Cry, gioco capostipite di un nuovo modo di concepire gli action e ancora oggi uno dei migliori nel suo genere. NieR Automata ha un sistema profondo e variegato che ci permette di creare coreografie spettacolari secondo il nostro volere, una vera gioia per gli occhi e per la nostra sete di battaglie virtuali. Lo scambio di colpi con certi Boss raggiunge livelli di epicità che non vedevo da tempo, senza contare la storia intrigante che c’è dietro, ma di questo parleremo in separata sede. Il combattimento, insomma, anche nei videogiochi riesce a creare momenti indimenticabili, come lo scambio di colpi con un boss molto potente. Ricordo ad esempio diverse battaglie in The Witcher 3, epico titolo dal sistema semplice ma efficace, specialmente quella con il boss finale: dopo una sequenza di attacchi e parate con la spada, il boss ha indietreggiato lanciandomi un’onda d’urto, prontamente riflessa con lo scudo generato dal segno Quen; ho dunque provato a respingerlo con il segno Aard, per poi caricarlo con un turbine di attacchi di spada che non gli ha lasciato scampo. Uno scambio che davvero mi aveva fatto venire la pelle d’oca per l’epicità, degna di un titolo fantasy del genere. Oppure, quanto è stata grande la soddisfazione di sconfiggere il Nameless King in Dark Souls 3 dopo innumerevoli tentativi? Questi sono grandi momenti regalati da un combat system studiato per restare nella memoria del giocatore, una componente fondamentale di ogni titolo. Ditemi ora, qual è stato il gioco con il combat system più bello che ricordate o uno degli scontri più epici che avete sostenuto in un videogioco? Aspetto le vostre risposte e alla prossima.

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Silvio Mazzitelli

Di stirpe vichinga, sono conosciuto soprattutto con il soprannome “Shiruz”, tanto che quasi dimentico il mio vero nome. Videogiocatore incallito sin dall’alba dei tempi, adoro il mondo videoludico perché dopo tanto tempo riesce sempre a sorprendermi come la prima volta. Scrivo ormai da diversi anni di questa mia passione per poterla condividere con tutti. Sono uno dei fondatori di Orgoglio Nerd e sono anche appassionato di tutto ciò che riguarda la cultura giapponese e la mitologia (in particolare quella nordica).

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Commenti

  1. Mi ricorderò sempre dello scontro con Tiamat in Darksiders: il primissimo boss del gioco. Non ero ancora del tutto abituata al sistema di gioco (e avevo molta meno esperienza videoludica di adesso) e ci ho messo un’infinità di tentativi a tirare giù quella maledetta pipistrello gigante! Però alla fine è stata un’enorme soddisfazione strapparle il cuore ancora pulsante dal petto! *w*
    Paradossalmente, poi con tutti i boss successivi è stata quasi una passeggiata, persino con il boss finale! =D

  2. L’ultimo scontro in Bioshock 2, dove devi resistere mentre Eleanore, fa evaporare l’acqua dalla vasca della zavorra del sottomarino, adoro preparare la stanza riempendola di trappole di ogni tipo e rivolgendo le macchine della sicurezza contro le orde, nel mentre gli scarico addosso l’intero arsenale di armi e plasmidi, non sarà lo scontro più epico che ho affrontato in un videogioco ma è quello più divertente per me.

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