C'è una sottile linea che separa un prodotto di qualità da un capolavoro. Hayao Miyazaki riesce, insieme al suo team, a conferire questa scintilla geniale e poetica ad ogni opera che porta a termine. Dal ruvido Porco Rosso fino a Howl, passando per la fiaba di Totoro.
Goro Miyazaki, ignorando i consigli del padre, dopo aver cominciato a dirigere il ben famoso Museo Ghibli, ha voluto cimentarsi nella regia di pellicole d'animazione con I Racconti di Terramare, a nostro avviso, progetto completamente fallimentare.
Nel 2012 Goro, il pargolo, dopo un bel bagno di umiltà forse, torna con La collina dei papaveri e con esso raggiunge la redenzione. Ignoriamo quanto di suo o quanto del vecchio team Ghibli ci sia, nel dubbio calcoliamo un cinquanta e cinquanta e, tenuto conto di questo, non possiamo che dare una sonora pacca sulle spalle al figliol prodigo.
La collina dei papaveri non riesce, nonostante gli sforzi, a superare la nostra linea. Ci troviamo di fronte ad una pellicola di qualità non c'è dubbio, coinvolgente, romantica ma comunque non poetica. La passione, la necessità di mostrare quanto il mondo è meraviglioso tipica di Miyazaki padre, viene meno n questo caso.
Goro e il team Ghibli conducono la pellicola alla vittoria riuscendo a confezionare un'opera godibilissima, tenera e con punte di lucentezza superiori a molti altri prodotti di genere.
Siamo a Yokohama nel 1963, Umi e Shun si innamorano sullo sfondo di un'epoca di tumulto. Dopo la guerra di Corea il Giappone deve scegliere se abbandonare la tradizione per il nuovo oppure non voltare le spalle al passato.
Metafora di questa situazione culturale è l'edificio dedicato ai gruppi extrascolastici della scuola di Umi, vogliono abbatterlo ma gli studenti non sono d'accordo. I ragazzi quindi lotteranno per non tagliare le loro radici con il passato.
Un esempio della tesi della linea poetica prende vita durante una delle scene finali della pellicola dove, i due giovani innamorati, stanno correndo a perdifiato verso il porto per una questione di vita o di morte. Umi e Shun stanno per arrivare in ritardo quando, fortunatamente, incontrano un loro amico su un'Ape-Car.
Segue corsa contro il tempo in stile Hayao, con la macchinetta che scavalca pareti e sfida la gravità, insengnandoci che c'è sempre un po' di magia nel mondo.
Ecco, quest'ultima scena manca,. L'Ape-Car rimane bloccata nel traffico, viene anche inquadrata una strada libera quasi a voler suggerire allo spettatore che accadrà, ma non accade niente.
Umi e Shun dovranno correre.
Questo piccolo esempio, uno di tanti, illustra perfettamente la differenza fra un film di Hayao da uno di Goro. Il tocco magico. Goro però si dimostra d'animo fragile attraverso una narrazione sottile, leggera e per niente scontata. I suoi protagonisti riescono a rappresentare a pieno le paure generazionali, le insicurezze ma soprattutto tutti i diversi tipi di orgoglio della cultura.
La collina dei papaveri verrà proiettato in esclusiva solo il 6 Novembre e O.N. vi consiglia di non farvelo scappare. Piangerete, vi innamorerete e i vostro cuore batterà un poco più forte: fidatevi.
Meno male sentivo voci discordanti, ma questo vostro articolo mi rincuora!