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L’uomo di Dmanisi, un antenato comune

Residui delle scuole elementari, quando ancora si studiava la preistoria. I nostri primi nomi in latino, Homo Sapiens, Homo Habilis e Rudelphensis, tutti indicanti varie specie umane diffuse sul pianeta prima dell'apparizione dell'Homo Erectus.
Fino ad ora, quel periodo della nostra storia, era stato visto come un enorme sandbox di madre natura, dove sperimentare diverse proporzioni tra parametri del cranio, fino ad arrivare all'Homo Erectus, nostro progenitore.
Una recente scoperta, però, ad opera del professore Lordkipanidze (provate a dirlo tre volte di fila, velocemente) del museo di Tblisi (Georgia), ha portato ad ipotizzare che sulla terra non vagassero vari tentativi falliti di evoluzione, ma una sola specie unitaria che poi sarebbe defluita nell'Homo Erectus.

Seguendo questo ragionamento gli stessi H. Habilis e Rudolphensis non sarebbero mai esistiti, un ennesimo errore nella storia dell'archeologia (qualcuno si ricorda del brontosauro?). O meglio, i vari esemplari fin ora scoperti sarebbero variazioni sul tema della stessa specie, di cui si sarebbero rinvenuti i resti a Dmainsi, in Georgia. Questi teschi (in particolare il Teschio 5, divenuto il centro della ricerca), oltre ad essere straordinariamente ben conservati, avrebbero caratteristiche appartenute all'H. Habilis, come i tratti ancora scimmieschi, la scatola cranica piccola e denti molto grandi, ma al contempo presenterebbe anche caratteri "esclusivi" di quello che sarebbe poi stato l'H. Erectus.
E come si concilia tutto ciò, coi vari ritrovamenti archeologici alla base dell'attuale idea di evoluzione umana?
Piccolo inciso, in archeologia ci si gioca ormai una lunga guerra tra i cosiddetti Lumpers e Splitters. I primi sono ricercatori che tendono a raccogliere ritrovamenti, anche piuttosto differenti tra di loro, sotto categorizzazioni esistenti. Gli Splitters al contrario sono quei burloni a cui dobbiamo il Brontosauro, gente che alla minima differenza in un'ulna semitritata sotto terra crea una nuova specie.
Quindi tutte le varie differenze dei ritrovamenti conosciuti, rispetto agli ominidi di Dmanisi, per il professore Lordkipanidze, non sarebbero altro che oscillazioni dei tratti somatici, differenze simili a quelle che si riscontrano di persona in persona in un normale campione della popolazione attuale. Questo in quanto, la variazione di tratti tende a rientrare in un range di "tolleranza" per non codificare in una nuova specie.
Le differenze ambientali avrebbero fatto il resto, specializzando ogni tribù di questo ipotetico Homo di zona in zona. Non solo, ma questo potrebbe anche voler dire che tra gli ominidi della Georgia e quelli vissuti in Africa anche in altri periodi, non vi sarebbe alcuna differenza.

Per riassumere il tutto, invece della miriade di specie fino ad ora catalogate, potrebbe essere che l'uomo derivi da una catena evolutiva molto più semplice, fatta di Australopitechi, questo ipotetico Homo e poi direttamente l'Erectus.
Tutto ciò potrebbe cambiare del tutto la concezione che abbiamo della storia della nostra specie, per non parlare della rivoluzione rispetto al bagaglio di conoscenze che andrebbe totalmente confutato.

Gli ominidi di Dmanisi sarebbero stati esemplari umani bassi e tarchiati, con una forte differenza di dimensioni tra il maschio e la femmina e spine dorsali già adatte a spostamenti di lunga distanza in posizione eretta. Tutto ciò ovviamente conservando parametri fisici simili a quelli di Australopitechi e H. Habilis.

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