Tra i villain di Spider-Man che non sono mai arrivati sul grande schermo, uno dei più amati e interessanti è senza dubbio Kraven il cacciatore. È stato uno dei primi avversari dell’Arrampicamuri e pur partendo da un concetto piuttosto semplice (in linea con gli anni del suo debutto) nel tempo questo si è evoluto in maniera sempre più affascinante. Forse è per questo che Sony ha deciso di renderlo protagonista di un’avventura in solitaria, come parte del suo ampio progetto di universo condiviso legato a Spider-Man. Su quanto questa dicitura alla prova dei fatti sia imprecisa, non ci dilungheremo, perché è tempo di lanciarci nella nostra recensione di Kraven – Il cacciatore.
Kraven – Il cacciatore è un’interpretazione molto libera
Togliamoci subito il dente (di tigre): la fedeltà ai fumetti originali qui non è contemplata. Potremmo quasi dire che è uno di quei film che solo alla fine ti rendi conto sono degli adattamenti di qualcos’altro, un po’ come quando ti rendi conto che Il re leone è basato sull’Amleto e inizi a notare tutte le somiglianze. Certo qui alcuni nomi e altri piccoli indizi rendono evidente l’ispirazione, ma il senso rimane quello.
È un problema che non sia fedele? No, possiamo passarci sopra. L’abbiamo detto già nella recensione di Venom: The Last Dance non è importante: ci sono tanti film che non sono fedeli all’originale che sono meritevolissimi e tanti capolavori di aderenza che però non sono capolavori sul resto.
Qui troviamo quindi un Kraven che diventa giustiziere, focalizzato nell’eliminare in maniera brutale i criminali di mezzo mondo. Fra questi però c’è anche il suo stesso padre, che lo coinvolgerà in un intrigo complesso dove questo antieroe dovrà sfruttare tutte le sue capacità animalesche per salvarsi.
In questo film quindi abbiamo una sorta di mix di topoi del cinema d’azione moderno. È impossibile non vedere alcuni tratti di John Wick nella caratterizzazione del protagonista, che si racconta essere una sorta di leggenda metropolitana, un temibile “babau” per criminali. Ma c’è anche tutta la retorica del cinema di vendetta e del salvataggio degli ostaggi, con l’eroe (semi)solitario che deve risolvere la situazione con l’ingegno. E tante armi e altrettanti pugni.
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Tutto questo è affaticato da una sceneggiatura che lascia piuttosto a desiderare in termini di dialoghi. Anche più di quello che ci può aspettare da pellicole di questo tipo, troviamo personaggi che parlano in maniera assolutamente pomposa, con delle caratterizzazioni portate all’assurdo. Se non restate concentrati, c’è il rischio che qualche frase vi strappi una risatina per i motivi sbagliati. Anche se l’apice di “era in Amazzonia insieme a mia madre quando studiava i ragni appena prima che morisse” è ancora inarrivabile, per fortuna.
Ne nasce un film d’azione che ha anche dei lati positivi
Uno dei punti forti di Kraven – Il cacciatore, che gli va riconosciuto in questa recensione, è l’aspetto attoriale. Non tutto il cast è allo stesso livello, ma Aaron Taylor-Johnson ha evidentemente creduto fino in fondo nel suo ruolo, dando il massimo. E un certo merito va concesso anche a Alessandro Nivola che nei panni di Rhino dà un’interpretazione sicuramente sopra le righe, ma accattivante e coinvolgente.
Non stupisce quindi che le principali scene d’azione che coinvolgono questi due siano divertenti da seguire. Ma a prescindere, tutte le sequenze in cui Aaron Taylor-Johnson entra in combattimento sono più che accettabili. Paradossalmente avremmo preferito avere una minor presenza dei suoi superpoteri bestiali per dare ancora più durezza agli scontri.
Anche perché nella colonna dei contro di questo film ci tocca parlare degli effetti visivi. Per quanto non ci sia mai davvero nulla di tragico, sono evidentemente qualche gradino sotto quello che è lecito aspettarsi. Piccole sbavature che il grande pubblico può ignorare, ma che sono un segnale di uno sviluppo superficiale.
Così come è superficiale la narrazione in generale, che avrebbe meritato qualche passaggio in più. O forse, come è probabile visti i precedenti, ne ha avuti fin troppi e da tante persone diverse. Il risultato è un racconto che è sconnesso, con diverse incongruenze e spiegazioni lasciate in sospeso. Cosa su cui il grande pubblico farà più fatica a chiudere un occhio.
Kraven – Il cacciatore chiude (?) in bellezza, circa
Nel complesso Kraven – Il cacciatore è un film d’azione piuttosto generico, che incastra una serie di personaggi in un intreccio che si risolve con un 10% di indagini e un 80% di scontri corpo a corpo, con esplosioni, inseguimenti e superpoteri vari a concludere la somma.
È quasi esattamente il tipo di film che trovi annoiato un pomeriggio scorrendo i canali della TV o abboccando al suggerimento di una piattaforma di streaming e che segui distrattamente per farti portare fino all’ora di cena. E devi per forza guardarlo distrattamente perché se presti troppa attenzione potresti farti venire dei dubbi di troppo.
Considerata l’energia che Aaron Taylor-Johnson era evidentemente pronto a mettere in questo progetto (per non parlare del potenziale che ha più in generale il personaggio) è uno spreco. Ma almeno l’universo di Spider-Man di Sony, che non ha Spider-Man e non è neanche tanto un universo, si può chiudere su una nota migliore di quella che è oggettivamente stata la sua media.
Perché è finito, vero?