Premiato alla scorsa Mostra di Venezia con il premio alla migliore sceneggiatura e fresco di vittoria ai Golden Globes per la sua attrice protagonista Fernanda Torres, Io sono ancora qui è pronto a debuttare nelle sale italiane. Si tratta di un’opera che affronta una storia che magari non conosciamo nella sua versione specifica, ma che – purtroppo – abbiamo spesso visto, letto e sentito in altre forme. Eppure questo film riesce a raccontarla in una maniera nuova, che tocca profondamente anche per questo. Vediamo meglio cosa significa, nella nostra recensione di Io sono ancora qui (in originale Ainda estou aqui).
Io sono ancora qui, la recensione: la storia della famiglia Paiva
Questo film ci porta in un periodo oscuro per il Brasile, nel pieno della sua dittatura militare. Siamo pochi anni dopo il colpo di stato militare del 1964, ma le scosse di assestamento ancora si sentono. Ogni giorno la televisione parla di rapimenti e scontri tra l’esercito e i movimenti di protesta. Ci sono le perquisizioni, i posti di blocco, i controlli. Un velo di timore ogni volta che qualcuno non torna a casa all’orario previsto.
Anche la famiglia Paiva vive in questa condizione. Il padre Rubens è stato deputato al Congresso per il Partito Laburista prima del colpo di stato e ora è tornato al suo lavoro da ingegnere civile. Fino a quando un giorno le forze militari irrompono nella casa, per portare lui, la moglie Eunice e la figlia Eliana in carcere per interrogarli, dando vita a un calvario che durerà anni.
Lo dicevamo in apertura di recensione, quella di Io sono ancora qui è una storia che per certi versi non ci è nuova, purtroppo. Non tutti conosciamo in maniera approfondita le vicende politiche brasiliane del Novecento, ma più o meno tutti abbiamo visto, letto, ascoltato storie di dittature e di prigionia. Se non da film e libri, anche semplicemente dalla cronaca di tutti i giorni.
Eppure, questo film ci mostra qualcosa che difficilmente viene messo in scena: la quotidianità. La parte più potente di Io sono ancora qui è la sua capacità di raccontare come la vita possa adattarsi in situazioni così tragiche. Il che non vuol dire rinunciare a sperare in un mondo migliore (anzi), né chiudere gli occhi davanti ai soprusi, ma trovare comunque il modo di andare avanti.
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Una eccezionale interpretazione di Fernanda Torres
Se avete tenuto le antenne alzate da Venezia a oggi (o se seguite con attenzione la nostra newsletter Popcorn in Smoking dedicata agli Oscar e agli altri premi cinematografici) sapete bene che uno dei punti più forti di questo film sta nella sua attrice protagonista. Fernanda Torres interpreta Eunice Paiva, moglie del deputato e vera figura centrale di quest’opera.
La sua performance è davvero qualcosa di sorprendente. Attraverso di lei riusciamo a vivere tutta la complessità della situazione che è costretta a vivere. Quella di una persona che è preoccupata per lo stato del suo Paese, ma che deve far convivere tutto questo con la necessità di proteggere la propria famiglia. Che cerca in ogni modo di non fare precipitare la situazione, anche quando la speranza è perduta. Che assorbe su di sé le parti più drammatiche per difendere i propri figli, a ogni costo.
Torres raccoglie tutta la forza della storia e non la fa deflagrare, ma la trattiene e la rilascia in piccoli tratti. Affrontare questa vicenda così tragica dal suo punto di vista permette di immergersi davvero nel racconto. Perché Eunice Paiva e suo marito Rubens non ci arrivano come figure mitologiche, eroi inarrivabili che hanno lottato a testa alta, ma come persone comuni, rese eccezionali per le circostanze.
La potenza drammatica di Io sono ancora qui è proprio in questo. Non si tratta di una gloriosa, importante, ispiratrice storia di lotta contro il regime, ma piuttosto ci racconta quale possa essere la realtà di vivere in un contesto di quel genere, di affrontare un evento tragico come l’arresto (se così si può definire) di un familiare, cercando di non crollare. Di restare ancora qui.
Io sono ancora qui è un film sottilmente potente
Tutto questo si rispecchia nella conclusione del film, che non anticipiamo qui per chi non conoscesse la vera storia (o il libro su cui si basa Io sono ancora qui). Una chiusura complessa, che viene presentata in un modo che ne massimizza l’impatto. Le diverse parti da cui è composta ci mostrano tutti i lati di una vicenda, giocando proprio sul contrasto fra questi, creando un effetto estremamente intenso.
Io sono ancora qui è indubbiamente un grande film, che non a caso è stato ampiamente celebrato prima alla Mostra di Venezia e poi lungo la stagione dei premi. Nelle sale italiane arriva dal 30 gennaio.