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Il primo re: andare controcorrente | Recensione

Arriva nelle sale un film dedicato alla mitica fondazione della città di Roma. Come sarà andata?

L’epoca romana è uno dei momenti più importanti della Storia italiana e non solo. La Repubblica, la nascita ed espansione dell’Impero, i grandi sovrani come Ottaviano, Tiberio, Vespasiano, Marco Aurelio e molti ancora… Sono davvero tantissime le vicende che ancora oggi risultano appassionanti di quell’epoca. Tra le più iconiche c’è sicuramente la storia (o il mito) della fondazione dell’Urbe, avvenuta il 21 aprile del 753 a.C. secondo la leggenda.

Al centro di questo racconto, tramandato attraverso i secoli, due fratelli Romolo e Remo, figli di Marte e discendenti diretti dell’eroe troiano Enea. È proprio su di loro e sulle vicende che porteranno alla prima scintilla di uno dei più grandi Imperi della storia, che si sviluppa Il primo re di Matteo Rovere. Si tratta di un progetto assolutamente ambizioso, su cui c’è davvero molto da dire. Non perdiamo quindi altro tempo e lanciamoci subito in questa recensione de Il Primo Re.

Di cosa parla Il primo re?

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Romolo e Remo sono due fratelli che cercano di sopravvivere di pastorizia nel Lazio. Un giorno, la loro vita viene rivoluzionata quando un’improvvisa piena del Tevere (evento piuttosto comune in epoca antica) li travolge. I due si trovano così a dover combattere contro l’avanzata delle acque, che a più riprese sembrano avere la meglio. Una volta sopravvissuti, si ritrovano senza il proprio gregge, ma soprattutto vengono catturati dai soldati di Alba Longa.

I prigionieri sono sottoposti a un rituale macabro che comprende il loro sacrificio. Posti davanti a morte certa, Romolo e Remo riescono a trovare un espediente per sfuggire ai propri carcerieri, catturando la vestale e il fuoco sacro. La loro fuga dai nemici sarà la scintilla che innescherà una serie di avvenimenti che porteranno alla nascita di Roma e del grande Impero.

A grandi linee, conosciamo tutti la storia di com’è nata l’Urbe per antonomasia. A più di mille anni dalla caduta dell’Impero, questa leggenda riesce ancora ad esercitare un certo fascino e viene raccontata e studiata ancora oggi.

Il primo re riprende tanti elementi chiave di questo mito, cercando di inquadrarli in una prospettiva storica. Non ci sono Marte, Enea e neanche la classica Lupa. Ne Il primo re si ritrova una ricostruzione il più fedele possibile del Lazio preromano, grazie alla collaborazione di archeologi ed etruscologi. L’obiettivo finale comunque non era quello di realizzare un documentario, ma un grande film. E in questo, ci sono riusciti a pieno.

Ambizione (non solo quella di Remo)

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Abbiamo già parlato in passato di quanto sia importante per il cinema italiano invertire la rotta per potersi risollevare dai risultati sempre più disastrosi. Andare controcorrente, offrire nuovi prodotti che diano una nuova vita al nostro cinema, che sta andando appiattendosi su formule ormai stanche, che ormai non riescono neanche ad attirare il pubblico come un tempo.

Lo sa bene Matteo Rovere, che ha scelto di imbarcarsi in un progetto che va oltre l’ambizioso. Già il suo lavoro precedente Veloce come il vento era stato ampiamente celebrato per la freschezza che ha portato nel panorama tricolore. Con Il primo re, ha puntato a realizzare qualcosa di ancora più complesso e originale, che però può davvero dettare la linea e aprire le porte a una nuova grande stagione del cinema italiano.

Un’opera di questo tipo, così diversa dalle altre produzioni e con un budget non indifferente, è un rischio forte. La scelta di utilizzare il latino arcaico come unica lingua del film la rende una vera e propria scommessa. Rovere e gli altri riescono però a vincere e portare nelle sale uno spettacolare film, che coinvolge, emoziona e stupisce sotto praticamente ogni punto di vista.

È importante una precisazione: Il primo re non è un buon lavoro “perché è italiano” o peggio ancora “per essere italiano” (qualunque cosa si intenda con ciò). Si tratta prima di tutto di un grande film, che riprende uno degli eventi più importanti dell’intera Storia e lo propone al pubblico in una versione ancora più appassionante. La speranza che possa dare una scossa alla nostra industria cinematografica è solo un fattore aggiuntivo.

Una nuova Fondazione

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Il primo re è davvero eccezionale sotto tanti aspetti. Il sopracitato lavoro di ricostruzione dell’epoca preromana è assolutamente curato ed è emozionante riscoprire un mondo così antico. Le culture, i costumi, i rituali, le armi… Sembra davvero di ritrovarsi in un mondo nuovo, che può avvicinarsi a quelli che abbiamo già conosciuto in produzioni estere, ma che ha comunque una sua identità ben precisa, fresca e nuova.

A questo si accompagna un’attenzione elevatissima alla fotografia e alla regia della pellicola. Sequenze come quella del rito sacrificale, la piena del Tevere o le diverse scene di combattimento corpo a corpo sono davvero a un livello superiore, che speriamo diventi un nuovo standard qualitativo per le nostre produzioni. Momenti assolutamente memorabili, che lasceranno a bocca aperta lo spettatore.

Narrativamente, un’altra scelta che paga è quella di evitare (quasi) completamente l’elemento soprannaturale. Optare per uno stile più diretto, realistico, crudo è assolutamente vincente e rende le vicende di Romolo e Remo ancora più coinvolgenti.

E, parlando dei due fratelli, come non citare le ottime interpretazioni del cast, a partire da quelle regalate da Alessio Lapice e Alessandro Borghi? I due costruiscono a schermo una relazione complessissima, fatta di affetto, protezione, contrasto, rivalità, scontro, tutto contemporaneamente. Borghi in particolare spicca su tutti, come vero protagonista del film, e il suo Remo regala uno dei più emozionanti discorsi di incoraggiamento alle truppe in latino dai tempi di Calgaco raccontato da Tacito.

Veni, vidi, captus sum

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Il primo re è un film che non potete davvero perdervi. Non fatevi spaventare dalla scelta linguistica del latino arcaico e dalla presenza dei sottotitoli: dopo pochi minuti sarete talmente catturati dalla storia dei due fratelli da non sentire più il problema, apprezzandone solo i lati positivi.

A questo punto, speriamo solo che altri cineasti prendano esempio da Matteo Rovere e vadano a scavare nel nostro grande patrimonio di miti, leggende ma anche storie vere per riportarle in auge sul grande schermo. Insomma, Il primo re ci è piaciuto molto e ora ne vogliamo ancora.

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Mattia Chiappani

Ama il cinema in ogni sua forma e cova in segreto il sogno di vincere un Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura. Nel frattempo assaggia ogni pietanza disponibile sulla grande tavolata dell'intrattenimento dalle serie TV ai fumetti, passando per musica e libri. Un riflesso condizionato lo porta a scattare un selfie ogni volta che ha una fotocamera per le mani. Gli scienziati stanno ancora cercando una spiegazione a questo fenomeno.

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