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Il Buddha sulla strada

State tranquilli: non si parla di mistica e non si prendono di mira religioni.

Qui voglio fare un altro po’ di superficiale recupero di citazioni altisonanti (John Donne mi starà ancora maledicendo dalla tomba, tanto vale farmi nemici fantasmi in ogni parte del globo) e parlare di Maestri. Del rapporto che un Nerd ha con i Colossi dei suoi generi di riferimento.
Dice Linji, saggio Zen: se incontri il Buddha sulla strada, uccidilo.
I Buddha hanno nomi famosissimi nel nostro ambiente e anche fuori. Si chiamano Tolkien, Martin (oramai), George Lucas e così via. Sono i Pesi Massimi oltre i quali nessuno può andare. Nessuno. E’ scritto nella pietra oramai.
M’è capitato di leggere discussioni infuocate sul fantasy in cui oltre J.K. Rowling e Tolkien non si va, e i sostenitori di quest’ultimo con fervore lanciano strali a chi mette in discussione l’inarrivabile superiorità della Terra di Mezzo, del padre di tutto il fantasy. Che poi i nomi conosciuti restino J.R.R. e altri quattro-cinque autori che continuano a vendere in Italia è un’altra questione.
In fondo, se bastano due-tre Pesi Massimi per raggiungere le vette inarrivabili di un genere, che senso ha avventurarsi a conoscere altri nomi? Che significato ha sapere chi fossero (e avere letto magari) Robert Howard, Michael Moorcock, Mervyn Peake, Robin Hobb, China Miéville se oltre la Terra di Mezzo non esiste niente oggettivamente di più degno?
(Dettagli quando uno prova a pensare che magari Tolkien non ha inventato un genere, tantomeno non ha creato qualcosa dal nulla. Che magari, oltre al significato del suo lavoro nel dare respiro e influenza al fantasy, ci sono nomi e nomi di altri autori che hanno contribuito a definirlo. Dettagli.)
E non è necessariamente una questione di Nomi Di Successo e Commerciali: per dire ci casco pure io stesso con Gaiman, nel rischio di venerazione acritica. Ci sono nomi di culto che sembrano comunque intoccabili.
Poi, oltre al rischio di perdersi universi multisfaccettati, c’è la questione del senso critico, di accademizzare dei Classici accettandone la valenza senza metterla ad analisi, in discussione. E, tornando a sopra, di considerare degni di interesse, ma anche di conoscenza, solo i Classici.
Ora: c’è comunque un rischio nel prendere l’assassinio dei Maestri come stile di vita.
C’è il rischio dell’opposto, l’antisnobismo di ritorno che già denunciavo. Tolkien fa schifo, qualunque cosa vi spaccino per classico fa schifo. Parto dall’idea di decostruire qualunque cosa abbia un nome, e la decostruzione rischia di diventare il mio Maestro. 
Ma forse, al solito, il problema è più di attitudine che di contenuto. Forse i veri Maestri da uccidere, i veri Buddha sulla strada, non sono davvero Tolkien o Lucas. E’ più il nostro senso di essere arrivati: l’idea di avere già trovato tutto, o quasi, quello che ci piace. Di non avere tempo o bisogno di approfondire, di cercare ed essere affamati. Di mettere in discussione i nostri stessi gusti, anche, rivalutando qualcosa che avevamo sottovalutato o andando oltre chi pensavamo potesse soddisfare ogni nostro bisogno.
Ci sono tanti nomi rimasti seppelliti da un fandom che s’è dimenticato di loro, e tante Verità che un cambio di prospettiva può aiutare a vedere sotto un’altra luce. 
Uccidiamo la nostra sicurezza, la convinzione che non ho null’altro da sapere per essere soddisfatto.  Siamo critici, autocritici e pronti ad entusiasmarci. Non temiamo che i nostri gusti cambino. Capiamo perché qualcosa ci piace ma non pensiamo di avere un Criterio Infallibile. Alimentiamo la nostra curiosità e prendiamo rischi. Siamo socratici e tentiamo di sapere qualcosa di nuovo.
Siamo in viaggio. La strada è lunga e piena di sorprese.
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