Site icon Orgoglionerd

Giochi da tavolo i 10 più significativi del decennio

Ecco i giochi  da tavolo del decennio secondo la redazione di Orgoglio Nerd! Ieri vi abbiamo parlato delle più significative scoperte scientifiche degli anni Dieci. Oggi è il turno dei giochi da tavolo! Eccovi la nostra personalissima classifica dei 10 più significativi giochi da tavolo del decennio. Il necessario disclaimer è che “significativi” non necessariamente equivale a dire “di qualità più alta”: molti dei giochi in classifica sono stati scelti per la loro importanza, per la loro specifica storia, per le innovazioni che hanno introdotto. E quindi, senza ulteriori indugi, ecco la classifica, partendo con…

Pandemic Legacy

Giochi da tavolo

Ecco un gioco da tavolo che non coglierà nessuno di sorpresa: la versione Legacy di Pandemic, un gioco del 2015 che ha rappresentato una sorta di rivoluzione copernicana nel mondo dei giochi da tavolo. Che cosa significa “versione Legacy”? E’ presto detto: si tratta di un concetto in fondo molto semplice, ma dalle conseguenze straordinarie. In un gioco Legacy ogni azione e decisione presa durante una partita ha un effetto permanente ed indelebile sul gioco stesso, perché introduce delle modifiche fisiche alla componentistica del gioco stesso. Un personaggio muore? Bene, non rimetterete semplicemente la sua scheda nella scatola, ma la strapperete. Una città viene distrutta? Dovrete appiccicare un bell’adesivo direttamente sulla plancia di gioco. Il vostro personaggio ottiene o perde delle caratteristiche? Dovrete segnarle in penna. Insomma: ogni partita al gioco è letteralmente irripetibile, e lascia un segno indelebile. Per questo motivo un gioco Legacy è necessariamente “a perdere”: sono organizzati in campagne, partite collegate meccanicamente e narrativamente, in cui affronterete una stessa storia attraverso le conseguenze delle puntate precedenti. La necessaria implicazione è che alla fine della campagna il gioco sarà “finito”, e non potrete rigiocarlo mai più: per questo i giochi Legacy offrono un’esperienza viscerale, emozionante, fisica. Distruggere il gioco man mano che la partita prosegue va contro ogni istinto di noi giocatori, eppure è proprio questo a dare peso e una dimensione definitiva ad ogni mossa.

Abbiamo scelto Pandemic, e non il suo predecessore, Risiko, che è anche il capostipite dei giochi Legacy, perché è con Pandemic che l’intuizione geniale di Rob Daviau, autore di entrambi i giochi, non solo viene rifinita al meglio, ma viene anche conosciuta e divorata dal grande pubblico, che si è fatto assolutamente convincere da questa formula apparentemente autolesionista!

Zombicide

Zombicide è senz’altro uno dei giochi da tavolo più significativi del decennio perché è diventato il simbolo di una tendenza che ha acquistato sempre più importanza nel mondo dei giochi da tavolo, ovvero quella del crowdfunding. Siti come Kickstarter rappresentano ormai una componente di importanza inestimabile per lo sviluppo di giochi innovativi, ambiziosi o dedicati ad una specifica nicchia di un pubblico, quello degli appassionati di giochi da tavolo, che già non è enorme di suo. E’ uno strumento importantissimo per non disperdere le energie, per far in modo che gli sviluppatori e i game designer possano concentrare le forze per quei giochi che sanno di poter ricevere un’accoglienza di pubblico adeguata. Zombicide è un caso emblematico: si tratta di un gioco del 2012, un cooperativo dove i giocatori interpretano alcuni personaggi alle prese con un’invasione di zombie, e devono quindi collaborare per attraversare indenni mappe brulicanti di zombie, potenziare i propri personaggi e sopravvivere. Il gioco, per l’epoca, era ambizioso, perché si rivolgeva in particolare agli amanti delle miniature. La casa editrice, CMON, era nata da una costola di CoolMiniOrNot, il sito di riferimento per pittori, committenti ed appassionati di resina e pennello asciutto, e il gioco prometteva una quantità molto superiore alla media di miniature di qualità altrettanto superiore. Una componentistica di tale calibro comportava naturalmente un prezzo importante, e non era affatto scontato che l’operazione fosse commercialmente sensata. Quindi la scelta di affidarsi a Kickstarter: sarebbe stato il pubblico stesso a comprovare, preventivamente, se un interesse c’era. I più di 780000 dollari ricavati dalla campagna hanno determinato il successo questo gioco e hanno spianato la strada per tutti i successivi progetti di CMON, tracciando un solco che sarebbe poi stato attraversato da molte altre case editrici. Decisamente un gioco fondamentale di questo decennio.

Cards Against Humanity

Essere un gioco da tavolo “significativo” non vuol dire necessariamente essere complesso, innovativo o aver introdotto meccaniche elaborate. A volte basta offrire un gioco essenziale ma ben riuscito, e soprattutto azzeccare una formula che interpreta alla perfezione le pulsioni culturali di un’epoca. Questo è il merito di Cards Against Humanity. Si tratta di un fenomeno che ha prepotentemente sfondato i limitati confini della platea degli appassionati di giochi da tavolo, ed ora è riconoscibile da parte del grande pubblico. Anche all’interno della nicchia, comunque, Cards rimane un gioco da avere, presente in molte collezioni e su molti scaffali, perché è il gioco ideale da proporre in caso di visita di amici non appassionati (sempre se, naturalmente, condividano il particolare senso dell’umorismo necessario perché il gioco funzioni!). L’elenco infinito di espansioni, la dimensione del fenomeno e l’esplosiva forza con cui ha fatto parlare di sé in ogni ambiente giustifica assolutamente un posto in questa classifica come uno dei giochi del decennio!

Root/Vast

Questa volta stiamo barando, lo sappiamo, ma proprio non riuscivamo a decidere quale di questi due capolavori meglio rappresentasse l’importante innovazione dei giochi da tavolo asimmetrici. In fondo, concedeteci questa piccola deroga: Root è il seguito ideale di Vast, entrambi giochi ideati e prodotti da Leder Games ed entrambi variazioni sullo stesso tema. In Vast, del 2016, ogni giocatore interpreta un diverso ruolo all’interno di una partita di un (apparentemente) classico dungeon crawl: il cavaliere, il drago, i goblin e così via. L’innovazione del gioco, però, sta nel fatto che ciascuno di questi ruoli arriva non solo con un obbiettivo diverso, ma con un intero set di regole totalmente personalizzato. Il giocatore del cavaliere dovrà attraversare il sotterraneo, trovare tesori, diventare potente per poi sconfiggere il drago; il giocatore dei goblin dovrà gestire tre diverse tribù, stando attento a che non aumentino troppo di numero per evitare disfunzionali bisticci interni; il giocatore del drago dovrà cercare i goblin per mangiarseli, recuperare le forze e fuggire dal labirinto. In più, un altro giocatore potrà interpretare un ladro, maledetto alla vita eterna, che dovrà evitare il contatto con chiunque e accaparrarsi alcuni oggetti magici per liberarsi dalla maledizione, e un ultimo giocatore potrà interpretare…il labirinto stesso, letteralmente creando la mappa per gli altri giocatori. Il suo obbiettivo sarà quello di…crollare, uccidendo tutti, e per far questo dovrà fare in modo di prolungare la partita il più possibile, dando vantaggi in egual misura a tutti.

Root, del 2018, riprende lo stesso concetto e lo applica agli wargame. Questa volta la plancia rappresenta una foresta dove ci sono diverse fazioni in lotta: gatti e volatili si contendono territori e conquiste, mentre un movimento di resistenza clandestino cerca di ottenere favore in tutta la foresta, e un vagabondo si muove libero cercando di ottenere vantaggi e ricompense dal caos della guerra. A differenza di Vast, in Root i giocatori hanno lo stesso obbiettivo: ottenere punti vittoria. Ciò che è fortemente asimmetrico è il modo in cui raggiungono questo obbiettivo. Sempre a differenza di Vast, Root offre un gameplay più complesso, più tattico, molto più profondo. Ne è un’evoluzione, che in qualche modo supera la dimensione laboratoriale e sperimentale del gioco precedente per raffinarne la formula. Entrambi, comunque, rappresentano la stessa pietra miliare di questo decennio: l’ascesa dei giochi asimmetrici.

Warhammer: Age of Sigmar

Sappiamo che questa entry farà storcere il naso a molti: Age of Sigmar non ha certo ricevuto un’accoglienza unanimemente positiva. Anzi! Quando è stato presentato, nel 2015, ha suscitato perplessità e sgomento nel mondo degli appassionati del wargame più celebre in circolazione, perché l’ha rivoluzionato in modo molto profondo, tagliando mille regole, semplificando manuali enormi in sole quattro pagine. Non solo, ma ha scardinato l’intero impianto di bilanciamento delle armate, prima basato su un precisissimo sistema di punti da pagare per ogni soldato, ogni generale, ogni arma o oggetto magico, sostituendolo con…beh, con niente! I giocatori erano semplicemente chiamati ad organizzarsi a modo loro per bilanciare le battaglie. E non solo: ogni armata aveva accesso ad una o più abilità “di colore”, basata sul flavor dell’ambientazione: proclamare sfide cavalleresche avrebbe dato bonus ai propri cavalieri di Bretonnia, disporre di grossi baffi cespugliosi avrebbe potenziato i propri soldati imperiali e così via. Non è difficile immaginare perché questo drastico cambio di rotta abbia indispettito i fan del franchise, che del resto è stato da sempre associato al più certosino livello di pianificazione tattica in ogni dettaglio. Eppure, dopo l’iniziale pubblicazione del materiale incriminato (e la conseguente ondata di proteste) la Games Workshop ha messo ben più di una pezza: con la pubblicazione dei manuali successivi l’intera operazione ha ottenuto il senso che mancava all’inizio. Al posto di un enorme manuale che spiega tutto, ora le regole speciali sono illustrate direttamente nelle schede delle unità che le possiedono, sono stati reintrodotti i punti per le varie unità e in generale Age of Sigmar si presenta come una versione molto semplificata, molto più scarna, molto più gestibile di Warhammer. Ovviamente chi cerca il conglomerato di minuzie tattiche presenti nel vecchio regolamento non lo troverà in Age of Sigmar, ma l’ottava edizione del vecchio regolamento è ancora disponibile. Chi però si approccia per la prima volta a questo gioco, notoriamente molto complicato soprattutto nelle prime fasi, ha a disposizione un punto d’ingresso assai più agevole. Age of Sigmar non è quindi per tutti, e forse non è nemmeno per il pubblico più tradizionalmente associato con i wargame. Sicuramente, però, ha il merito di aver svecchiato la formula di un gioco fin troppo ancorato a meccaniche tradizionali e superate. Sicuramente uno dei giochi del decennio.

Apocalypse World

Non possiamo scrivere una lista di giochi da tavolo senza includere almeno qualche gioco di ruolo da tavolo, e senza dubbio, fra i molti candidati, un posto d’onore spetta al capolavoro di Vincent Baker, Apocalypse World. Baker è un autore molto importante, membro di spicco della community dei gdr “indie”, nella quale ha fatto irruzione nel 2004 con il rivoluzionario Cani nella Vigna. I primi anni Duemila hanno segnato una svolta fondamentale nel mondo dei giochi di ruolo: in questi anni la community di The Forge ha preso vita e autori come Baker, Ron Edwards, Clinton Nixon e molti altri hanno contribuito alle innovazioni teoriche, filosofiche e terminologiche del settore. Quelli sono gli anni in cui hanno visto la luce giochi del calibro di Sorcerer, La Mia Vita col Padrone, Avventure in Prima Serata, Montsegur 1244 e molti altri, che hanno introdotto meccaniche e stili di gioco del tutto inediti. Il decennio di cui ci occupiamo oggi, comunque, non è stato da meno: gli autori, forti del successo che la “rivoluzione forgita” ha avuto, hanno raffinato queste meccaniche e continuato a innovare, e fra tutti i capolavori usciti Apocalypse World è certo il più importante, se non altro perché ha dato vita a un vero e proprio sistema, chiamato “Powered by the Apocalypse”. Questo motore è stato poi utilizzato da molti giochi negli anni successivi, fra cui Dungeon World, la versione “fantasy” di Apocalypse e, più recentemente, City of Mist, finalista di quest’anno del premio Gioco di Ruolo dell’Anno di Lucca Comics&Games. Assolutamente da avere, assolutamente da annoverare fra i giochi del decennio.

Welcome To…

Fra le varie opzioni abbiamo scelto Welcome To… per rappresentare la categoria dei giochi “roll and write”. Ne esistono moltissimi, e hanno proliferato inarrestabili proprio negli ultimi anni. La meccanica generale è semplice: i giocatori lanciano dei dadi, che rappresentano varie risorse e possibilità di sviluppo, e ciascuno scribacchia sulla propria plancia di gioco, rappresentata su un foglio prestampato che verrà gettato a fine partita, le risorse che ha ricevuto. Il lancio di dadi è lo stesso per tutti i giocatori, e questo fa sì che l’alea, cioè l’impatto della casualità sulla partita, sia minima, perché è condivisa da tutti. Inoltre fa anche sì che una volta tirati i dadi tutti possano giocare il proprio turno in contemporanea, perché non c’è bisogno di aspettarsi a vicenda, e quindi che non ci sia nemmeno un numero massimo di giocatori. Molti giochi roll and write vengono pubblicizzati proprio in virtù del numero esagerato di giocatori possibili: Welcome To… , addirittura, reca sulla scatola la impressionante dicitura “da 1 a 100 giocatori”! L’abbiamo scelto perché, oltre ad essere senza dubbio il roll and write di maggior successo degli ultimi tempi, ha anche il merito di aver innovato sulla formula: non si tirano i dadi, infatti, ma si pesca da un mazzettino di carte che rappresentano le varie azioni. Per il resto la meccanica è abbastanza standard, ed è quindi un ottimo campione del genere, e senz’altro un gioco del decennio.

Specie Dominanti

Uno dei migliori giochi da tavolo del decennio, Specie Dominanti vi trasformerà nei condottieri della lotta per la sopravvivenza di interi gruppi di animali: mammiferi, rettili, volatili e così via. Dovrete competere contro gli altri giocatori, e le altre specie, per il controllo di vaste aree di terreno, accaparrarvi le risorse migliori o adattarvi a digerire le eventuali seconde scelte, se sono le uniche che vi capitano a tiro. Spesso, contendersi le stesse risorse o gli stessi territori significa “invadere” le zone controllate da altri, e quindi entrarvi in conflitto diretto. Come se non bastasse, all’orizzonte incombe l’evento drammatico della glaciazione, pronta a portarvi via quel poco cibo e terreno che siete riusciti ad accaparrarvi. Tecnicamente Specie Dominanti è un gioco a “piazzamento lavoratori”, dove cioè i giocatori si alternano selezionando varie azioni disponibili sul tabellone. Normalmente il livello di interazione di questo tipo di giochi non va al di là del “rubare” un’azione ad un altro giocatore selezionandola prima di loro: si tratta di una meccanica astratta tipica dei giochi “German”. Proprio qui risiede l’innovazione e l’unicità di questo gioco, che ne fanno un candidato ideale per questa lista: pur essendo un gioco di piazzamento lavoratori, l’interazione fra giocatori è una parte fondamentale dell’esperienza di Specie Dominanti! I giocatori interagiscono di continuo, direttamente, attaccando e invadendo i territori degli altri, rubandosi le risorse e causando sequenze di reazioni devastanti per tutti. Specie Dominanti è spesso descritto come un gioco tattico, anziché strategico, perché le possibilità di mettersi vicendevolmente i bastoni fra le ruote sono talmente tante che è ben difficile pianificare sul lungo termine, a differenza di quanto accade nei tipici giochi a piazzamento lavoratori. Questa commistione di stili, German e American, è davvero unica nel suo genere.

Gloomhaven

Gloomhaven è uno di quei giochi da tavolo di cui si apprezza l’importanza anche solo vedendo la confezione esposta nei negozi. Stiamo parlando di uno scatolone enorme e pesantissimo (più di 10 kg!), dal costo altrettanto notevole. Quando un gioco da tavolo costa più di 100 euro, i casi sono due: o si tratta di una ladrata ingiustificabile, o si tratta di un capolavoro. Fortunatamente per tutti Gloomhaven rientra in questa seconda categoria! Gloomhaven è un dungeon crawler del 2017, finanziato anche lui su Kickstarter. L’enormità della confezione nasconde un vero e proprio tesoro di componenti: 18 fogli da sblisterare, migliaia di carte, 17 miniature in plastica, diversi libri e dozzine di scatole e portamazzi per organizzare tutto il materiale, il tutto per permettervi di giocare attraverso 95 diversi scenari per oltre 100 ore di gioco nella campagna principale. La ricchezza (e la qualità, eccelsa) della componentistica è importante, ma non basta certo per renderlo uno dei giochi del decennio. Ciò che spinge Gloomhaven in questa classifica è che il gioco è anche estremamente innovativo, ed unisce in modo sorprendentemente elegante meccaniche diverse, diventando un po’ una summa delle tendenze di gioco degli ultimi anni. Si tratta di un dungeon crawler interamente cooperativo, i mostri sono gestiti dall’IA del gioco stesso; il combattimento, però, non si svolge tirando dadi, ma utilizzando delle carte che rappresentano le varie azioni. Questo introduce meccaniche di gestione delle risorse molto tipiche dei giochi europei, con un’alea limitata, decisamente una ventata d’aria fresca per il genere. I personaggi salgono di livello, ottengono nuove abilità…e invecchiano, fino ad andare in pensione venendo sostituiti da nuovi personaggi: quando accade i giocatori sbloccano intere nuove classi, testimonianza della longevità del gioco. Infine, Gloomhaven presenta addirittura alcune meccaniche Legacy, modifiche permanenti al tabellone e alle schede dei personaggi. Insomma, davvero un peso massimo. Letteralmente.

Dungeons & Dragons: 5E

La Quarta Edizione di Dungeons & Dragons aveva scontentato molti: troppa enfasi sulla tattica dei combattimenti, un feeling troppo “videogiocoso”, ben poco spazio dedicato alla componente ruolistica. La Quarta Edizione era anche stata responsabile del crollo delle vendite del franchise (e della nascita di Pathfinder!)…ragion per cui molto era caricato sulle spalle dell’edizione successiva, la Quinta. Ebbene, il cambio di rotta è stato significativo: questa edizione ha marcato un ritorno di D&D al gioco di ruolo vero e proprio, con un abbandono del bilanciamento e della simmetria a tutti i costi in favore di meccaniche molto più semplificate ma gloriosamente rappresentative, iconiche e soddisfacenti. In più ha anche recepito molte delle ormai assodate innovazioni dei giochi di ruolo meno mainstream, integrandole (in forma molto leggera) nella vecchia formula. Il risultato è un ottimo gioco di ruolo e senza dubbio la migliore edizione di D&D della storia. Tutto questo, seppur vero, non è il solo motivo per cui D&D 5E entra nella classifica dei giochi del decennio: c’è anche da considerare quello che ha rappresentato per il mondo dei giochi di ruolo in senso lato. L’uscita della Quinta Edizione è avvenuta in concomitanza alla risorgenza dell’interesse per i giochi di ruolo da tavolo, a causa di fenomeni come Stranger Things e le campagne in streaming, da Critical Role in giù. Questo ha causato un successo senza precedenti: Dungeons & Dragons non è più il passatempo degli sfigati, ma una passione che sempre più persone, alcune insospettabili, coltivano alla luce del sole, ed è per questo che è la nostra prima scelta fra i giochi del decennio!

In conclusione, l’autore ringrazia il fondamentale contributo di Matteo Ruzzon alla stesura di questo mastodontico articolo!

Exit mobile version