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Frankenstein è il nome dello scienziato, non del mostro

E dopo aver confermato questa importante verità e aver dimenticato la pellicola I,Frankenstein parliamo del mostro, quello "vero".
Una creatura che è ormai presente nell'immaginario collettivo, un mostro, un essere malvagio di cui tutti credono di conoscere tutto, ma il mostro di Frankenstein è davvero ciò che si crede?
Il romanzo della Shelley prende il nome da Victor Frankenstein, il protagonista, scienziato dotato di un’abnorme ambizione. Il suo sogno è di riuscire a creare la vita e, passo dopo passo, assemblando un corpo completo, riesce a crearla. Ma questa creatura ha un aspetto orribile e, a causa di questo, Victor decide di abbandonarla al momento stesso della nascita. Frankenstein non credeva di poter dare vita ad un essere in grado di provare emozioni, ma credeva male. Sarà proprio la sete di vendetta, nata dalla benevolenza non ricambiata a spingere la creatura a diventare un mostro.
E’ una delle opere più famose dell’Ottocento, influenzata da innumerevoli movimenti letterari e di pensiero: si può identificare un’influenza del gotico, grazie alle ambientazioni oscure, agli onnipresenti deliri e agli elementi che incutono timore (tipici del moderno horror). Sono presenti anche tematiche romantiche, come il profondo amore che prova Victor per Elizabeth e paesaggi che rappresentano i vari stati d’animo del protagonista (foreste, mari in tempesta, lande ghiacciate e desolate). 
Insieme a “Viaggio al centro della Terra” di Verne, Frankenstein è uno dei più importanti precursori della fantascienza, del romanzo scientifico (non per coincidenza nello stesso periodo si diffusero gli studi di Luigi Galvani) e, in grandi linee, dello steampunk: la creatura è mostrata come un macchinario estremamente complesso.
E non è finita qui, la psicologia dei personaggi è profondamente caratterizzata, il mostro nasce come un normale essere umano, senza educazione alcuna. Ma quando, durante il soggiorno abusivo nella fattoria di alcuni contadini, impara a comunicare e ad articolare i suoi pensieri, cosa lo rende davvero diverso da una persona? I continui rifiuti da parte degli uomini innescano un violento processo che lo rende un mostro spinto dalla disperazione e non più una creatura ricca di benevolenza, ne corrompono l’animo rendendolo una vittima della crudeltà dell’uomo.
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Basta mettersi nei panni della creatura per capire cosa prova, cosa la spinge a desiderare solo ed unicamente la vendetta. Vivere in un mondo che lo rifiuta lo spinge ad aggrapparsi all’unica cosa che può donargli sollievo: Victor. Da qui deriva il gelido sadismo nei suoi confronti che poi, nelle ultime pagine, si rivela essere una forma perversa di affetto che scaturisce dall’odio per sé stesso.
Leggendo il romanzo una domanda sorge spontanea “Perché creare una creatura senziente?”, ma il bisogno di diventare dei è celato nell’animo dell’uomo. Creare la vita ci intriga più di ogni altra cosa, è forse l’evoluzione che ci spinge a creare i nostri successori, coloro che ci distruggeranno per diventare l’Homo 2.0? E’ l’unica spiegazione possibile per le nostre manie suicide e l’ennesima prova che la razionalità cede con estrema facilità all’irrefrenabile amore per il sapere.
E’ affascinante come una ragazza diciannovenne di due secoli fa sia stata in grado di scrivere un romanzo così profondo, di trattare argomentazioni così moderne.
E’ dotata soltanto di una fervida immaginazione o, come molti altri autori del genere, è una visionaria?
“Era una cupa notte di novembre quando vidi il coronamento delle mie fatiche. Con un'ansia che assomigliava all'angoscia, raccolsi intorno a me gli strumenti atti ad infondere la scintilla di vita nell'essere inanimato che giaceva ai miei piedi. Era quasi l'una del mattino; la pioggia batteva monotona contro le imposte e la candela avrebbe presto dato i suoi ultimi guizzi quando, alla luce che stava per spegnersi, vidi aprirsi i foschi occhi gialli della creatura; respirò a fatica e un moto convulso le agitò le membra.”
-Capitolo IV
Testo di Carmine Margiotta

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