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Niente viaggi nel tempo, nonostante i computer quantistici

Un computer quantistico IBM ha rotto il tranquillo scorrere del tempo?

Qualche giorno ti svegli convinto di essere al sicuro, e invece la tua bolla di internet felice (scelta con cura per evitare i buongiornissimo kaffè? e le menate trascendental-pop-curative con utilizzo di parole scientifiche casuali) è esplosa. Non che non succeda mai, ma di solito la miccia è un video di gattini estremamente carini. Stavolta mi sono svegliato con l’uscita di un articolo su Scientific Report che titola “Arrow of time and its reversal on the IBM quantum computer”. Pareva che un computer quantistico avesse permesso i viaggi nel tempo. La situazione non differiva di molto da quando mi sono svegliato con Jackson Oswalt e il suo reattore nucleare: ragazzi, era dappertutto. Okay, quindi, cos’è successo?

Cos’è un computer quantistico?

 

Luke Skywalker non ha imparato ad usare la forza senza un bel po’ di preparazione (ah, quando i Jedi dovevano allenarsi per davvero!), quindi il vostro maestro Yoda lasciate me essere, per spiegarvi due cose di numero sui qubit e l’inversione temporale.

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“Matteo, non ce ne frega nulla, spiegaci cosa hanno fatto a Mosca”
“Il capo sono io e decido io cosa vi interessa”

Partiamo da un amico di tutti i giorni: il bit. Un bit è l’elemento fondamentale dell’informazione digitale: può valere 1 o 0 ed è il mattoncino Lego più piccolo possibile per la costruzione di oggetti complessi. Qualsiasi informazione utilizzabile su qualsiasi oggetto digitale, che sia una foto di gattini o la vostra tesi tanto sudata, è conservata  come una serie di bit, cioè una sfilza di 1 e 0.

Il qubit è il cugino estremamente complesso del bit, dove per “estremamente complesso” intendo quantistico. In pratica il qubit non solo può essere 1 o 0, ma può essere in una sovrapposizione degli stati 1 e 0: è entrambi ma non è nessuno dei due allo stesso momento, come il gatto di Schrödinger. Mi dispiace, ma quando si aggiunge la parola “quantistico” le cose peggiorano sempre in maniera inverosimile. I qubit sono, quindi, l’unità fondamentale dei computer quantistici, usati dai ricercatori di Mosca nel loro esperimento.

“Finito lo spiegone, Mattè?”
“No. Vatti a prendere una birra che ti parlo di inversione temporale un attimo”
“Alè”
*birra che viene aperta*

L’inversione temporale è una delle trasformazioni preferite del fisico medio, probabilmente perché ha un sapore un po’ retrò che ci ricorda di quando c’era la fantascienza bella. Corrisponde al vedere un evento dalla fine all’inizio, un po’ come si faceva con le videocassette riavvolgendole. Questo processo, che in meccanica quantistica corrisponde all’utilizzo di un operatore antiunitario, può essere riprodotto da opportuni campi elettrici.

“Mattè, dacci un taglio”
“Siamo arrivati, diamine!”

Cos’è successo nel computer quantistico “incriminato”?

 

I ricercatori del Moscow Institute of Physics and Technology, utilizzando un computer quantistico dell’IBM, hanno implementato un algoritmo che simuli l’operazione di inversione temporale per due o tre qubit.

Capito che ti serviva quello che ti ho detto prima, no?

Per spiegarmi meglio, eccovi una ricetta per l’esperimento che manco Overcooked:
1) prendete 2 o 3 qubit, a piacimento
2) inizializzateli al valore 0
3) mescolateli con il vostro programma frusta elettrica, attenti a non sporcare tutto
4) metteteli nel forno, programma “algoritmo di inversione temporale” ventilato 200 gradi
5) una volta cotto tirate fuori e vedete se è tornato tutto allo stato iniziale.

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Un interessante parallelo tra l’algoritmo utilizzato per fare l’inversione temporale dai ricercatori, un tavolo da biliardo e un po’ di fisica. Credit: @tsarcyanide/Mipt Press Office

Ora, è stato riavvolto il tempo? No. Abbiamo tirato fuori il flusso canalizzatore? Nemmeno. Abbiamo applicato l’inversione temporale per far tornare tutto come prima. È come se aveste cominciato una partita a biliardo e utilizzato l’algoritmo per far sì che, una volta che le palline avevano cominciato a rotolare impazzite per tutto il tavolo, tornassero a posto.

Non è stato “percorso il tempo al contrario”: in quella che è stata una simulazione sono stati usati degli algoritmi per riportare tutto allo stato iniziale. È stata riavvolta la videocassetta dei qubit, ma nessuno ha creato il flusso canalizzatore. Resta un risultato incredibile? Sì. Parliamo sempre di complicatissime quantocose e le applicazioni dei risultati di questo studio saranno enormi, ma non vi permetteranno di diventare miliardari comprando il Grays Sports Almanac.

Abbiamo rotto la termodinamica?

 

Ecco, un altro dei problemi che ho visto sollevare è stato se abbiamo rotto anni e anni di studio basati sulla seconda legge della termodinamica. Per quanto l’opzione sia golosa (è sempre bello quando la fisica si rompe) mi sa che qui stiamo prendendo una strada pericolosa.

Il secondo principio della termodinamica dice che l’entropia in un sistema isolato aumenta sempre, per dare un’interpretazione metaforica si va dall’ordine al disordine. Questo, ovviamente, fissa anche una direzione in cui scorre il tempo: non vi sognereste mai che il bicchiere che avete rotto si ricomponga, ma non avete problemi a pensare di averlo appena urtato e fatto cadere. Se dimostrassimo che questo principio, tra i più importanti e pieni di significato della fisica, è stato violato, ci sarebbero diverse conseguenze, prima tra le quali la domanda: “Cosa diamine ci vieta di fare a zig zag nel tempo?”.

Ora, nell’esperimento, i ricercatori hanno effettuato un’operazione che mima l’inversione temporale, non hanno diminuito l’entropia. Per tornare al bicchiere di prima, una volta rotto potete aggiustarlo, tornando allo stato originale. Questo però prevede un sacco di lavoro, il lavoro libera energia e BAM. Il bicchiere è di nuovo intero, ma l’universo è più caldo e, quindi, disordinato.

Allora, abbiamo rotto la termodinamica?
Magari, ma no.

Una scoperta di grande valore

 

Ricapitolando: un team di scienziati di Mosca ha simulato l’operazione di inversione temporale, rimettendo a posto dei qubit che aveva messo in disordine per l’occasione. Questo è tutto. Non abbiamo rotto nulla, né imparato a saltellare sul tessuto spaziotemporale usandolo come trampolino.

Questo rende la scoperta meno importante? No. Resta importantissima, ma da sola non rivoluziona nulla. La scienza procede per piccoli passi, qualche volta anche a tentoni. Non c’è quasi mai una via chiara da seguire, abbiamo molte teorie a darci indicazioni, ma spesso imbocchiamo vicoli ciechi e finiamo solo a dimostrare che la tal cosa non funziona o quest’altra particella non esiste.

Diffidate sempre quando qualcuno viene a dirvi che, da solo, una mattina, si è svegliato e dal nulla ha scoperto la risposta alla domanda definitiva. Non perché non possa succedere, ma perché l’universo è complesso, tremendamente complesso, e i risultati importanti sono sempre figli di tanto lavoro.

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Matteo Magherini

Matteo Magherini, noto ad alcuni come Asciugamano, è un gatto professionista. Una volta completato l’obiettivo « laurea triennale in fisica » ha deciso di scegliere la classe « fisico delle particelle » e si aggira tra un esame e l’altro intento a livellare. Appassionato di fantascienza, arrampicata e chitarre è campione nazionale di freddure.

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