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Everything Everywhere All At Once: benvenuti nel Multiverso | Recensione

Una vicenda che unisce famiglia e universi paralleli

Dopo aver ottenuto un enorme successo all’estero, arriva finalmente anche in Italia Everything Everywhere All At Once. Scritto e diretto dai The Daniels (ovvero Daniel Kwan e Daniel Scheinert) e prodotto dai fratelli Russo, questo film affronta da una nuova prospettiva il concetto di Multiverso, trovando nuovi approcci per raccontarlo. Noi l’abbiamo visto in anteprima e vogliamo svelarvi perché non dovete perdervelo.

Everything Everywhere All At Once, tutti gli universi che potete immaginare

Tutto parte da Evelyn Quan Wang, una donna sinoamericana che gestisce una lavanderia a gettoni a conduzione familiare. La sua vita è estremamente caotica e complicata, incastrata in una serie di situazioni difficili. Il severo padre è suo ospite, in visita dalla Cina, il marito sta per chiederle il divorzio, il rapporto con la figlia è tormentato e soprattutto l’attività è in crisi economica, ma soprattutto fiscale.

È proprio durante un appuntamento per un controllo con l’agenzia delle entrate che tutto questo si stravolge completamente. Evelyn riceve la visita di una versione di un universo parallelo di suo marito Waymond. Da lui impara l’abilità di viaggiare nel Multiverso, per apprendere le capacità delle sue versioni alternative. Sarà fondamentale per riuscire a salvare il tessuto della realtà, la cui esistenza è tutta nelle mani di Evelyn.

Everything Everywhere All At Once non è una matassa semplice da districare. Potremmo paragonarlo a quelle pellicole come Memento, Tenet, Primer e simili, dove la narrazione prende sfrutta un concetto complesso per svilupparsi in maniera arzigogolata. E forse solo i viaggi nel tempo possono fungere a questo scopo meglio dell’idea del Multiverso.

Tuttavia, la vera sfida in questo caso è riuscire a costruire una storia che sia possibile seguire anche senza aver compreso a pieno tutte le implicazioni del concetto su cui poggia. Ed Everything Everywhere All At Once riesce perfettamente in questo. La vicenda di Evelyn (la cui confusione quando viene travolta dagli eventi riflette perfettamente quella dello spettatore) è appassionante e profonda e ci coinvolge a pieno. Ci sarà tempo per altre visioni per capire esattamente come funziona il salto tra universi.

Il Multiverso è un concetto di cui sappiamo spaventosamente poco

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Questa frase da Spider-Man: No Way Home, diventata nei mesi successivi all’uscita un vero e proprio meme, riassume benissimo la situazione attuale dei Multiversi nell’intrattenimento (sull’aspetto scientifico magari ne parliamo altrove). Negli ultimi anni abbiamo sempre più esplorato questo concetto ma al momento abbiamo grattato solamente la superficie.

È diventato un espediente utile per esplorare versioni differenti delle storie che conosciamo. Un modo per mettere faccia a faccia con sé stessi alternativi gli eroi che amiamo. Uno strumento narrativo per permettere qualche cameo o ritorno in ruoli iconici di attori e celebrità. Ma ancora non era stato esplorato il suo pieno potenziale.

Ecco, finalmente Everything Everywhere All At Once mette al centro questa idea, dandole un ruolo concreto. Il Multiverso diventa uno strumento di narrazione potentissimo, di cui esplorare le possibilità, passando da quelle più drammatiche a quelle più assurde, incastrandole in una storia che tocchi le corde del cuore.

Perché se non ci fosse la complessa vicenda di Evelyn a fare da cornice, tutto questo non reggerebbe. E invece ci emoziona vederla alle prese con il tentativo di tenere in piedi la propria famiglia e ricostruire un rapporto. Anche chi di noi è lontano da quel tipo di vicende (per non parlare poi del Multiverso stesso ovviamente) resta coinvolto a pieno e può sentire vicina questa storia.

Everything Everywhere All At Once è il cinema che merita di essere premiato

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Grazie a tutto questo, ma anche a un eccezionale lavoro registico dei Daniels e straordinarie performance tra la sempre eccelsa Michelle Yeoh, il ritorno sulle scene di Ke Huy Quan e una grande Stephanie Hsu (che si riconferma dopo l’ottimo ruolo in The Marvelous Mrs. Maisel), Everything Everywhere All At Once diventa un film che non si deve assolutamente perdere.

È la risposta a chi sostiene che nel mondo del cinema non ci siano più idee, che sia solo una sequenza di sequel, remake e reboot. Un’opera che racconta qualcosa di nuovo e lo fa con cuore e inventiva, piegando le regole dei generi e restando comunque un’esperienza di intrattenimento. Il cinema fatto per il cinema che nasce dal cinema stesso e che vorremmo vedere sempre di più.

E se siete curiosi di scoprire Everything Everywhere All At Once, potete correre qui dove troverete tutti i dettagli per accedere gratuitamente a due speciali anteprime italiane che vedranno coinvolto anche Ke Huy Quan. Ci sono ancora dei posti disponibili mentre scriviamo questa recensione, ma affrettatevi perché potrebbero finire!

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Mattia Chiappani

Ama il cinema in ogni sua forma e cova in segreto il sogno di vincere un Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura. Nel frattempo assaggia ogni pietanza disponibile sulla grande tavolata dell'intrattenimento dalle serie TV ai fumetti, passando per musica e libri. Un riflesso condizionato lo porta a scattare un selfie ogni volta che ha una fotocamera per le mani. Gli scienziati stanno ancora cercando una spiegazione a questo fenomeno.

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