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Dunkirk: la guerra secondo Christopher Nolan

Oggi parliamo di Dunkirk, in uscita il 30 agosto, ma per farlo dobbiamo prima parlare di Christopher Nolan
In molti parlano di lui come di un visionario regista che sforna un capolavoro dopo l’altro, capace di muoversi a proprio agio in trame complicatissime dal profondo significato simbolico, domando attori di pregio ottenendo da loro risultati sensazionali. Spesso le sue opere sono state descritte come rivoluzionarie, geniali, dei classici moderni.
E’ opinione di questo portale che Nolan sia un ottimo regista, ma che spesso la fama che lo circonda abbia creato e alimentato una certa aura di intoccabilità, per cui è quasi dovuto l’utilizzo di termini iperbolici, e le critiche ai suoi lavori sono spesso guardate con sospetto, se non peggio.
Quando siamo andati all’anteprima del suo ultimo lavoro, Dunkirk, eravamo consapevoli del florilegio di ottime recensioni e dei numerosi critici che lo stavano già descrivendo come “il miglior film di guerra di sempre”. Abbiamo naturalmente pensato all’”effetto Nolan”, amplificato dall’importanza che il film ha per il regista, e ci siamo seduti in sala (nella meravigliosa Sala Energia del Cinema Arcadia di Melzo, una delle sale cinematografiche migliori al mondo) con una sana mentalità scettica e pronti a fare uso di una buona dose di disincanto, per compensare almeno in parte la grande aspettativa che le opinioni dei critici avevano creato.
Questa premessa serve a mettere nel giusto contesto la nostra opinione riguardo al film, che in due parole è la seguente: pur avendo mantenuto le distanze ed essere stati pronti a cogliere qualunque capello fuori posto, Dunkirk ci ha davvero conquistati e convinti. Si tratta di un film notevolissimo, certo non il “miglior film di guerra di sempre”, ma molto probabilmente il miglior film di Nolan.
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Dunkirk racconta la storia dell’evacuazione di Dunkerque, avvenuta nel 1940 quando il paesino francese, ultima roccaforte alleata del nord della Francia, era assediato dall’esercito tedesco. In questo paesino, difeso strenuamente dalle rimanenze dell’esercito francese, sono riparati i soldati inglesi, a cui è stato dato l’ordine di evacuare e tornare in patria. Gli inglesi sono sconfitti, in rotta, e la spiaggia dove attendono i cacciatorpedinieri che fanno la spola fra Francia e Inghilterra è costantemente sotto il bombardamento dei nazisti. Il tempo stringe, e le speranze di sopravvivenza sono minime. 
Il film, fin dalla primissima scena, fa un ottimo lavoro nel rendere chiara la disperazione dello scenario. Vediamo soldati inglesi distrutti nell’anima e nel corpo, poche barricate difese da francesi disillusi e preparati al peggio, bombe che cadono senza che nessuno possa fare nulla a riguardo. Dunkirk utilizza immagini potenti, effetti sonori grandiosi che si mescolano alla perfezione con la drammatica colonna sonora, presente nei momenti adeguati e mai invasiva, per raccontare questo episodio attraverso tre punti di vista, tre storie che si intrecciano: quella di un soldato semplice, pronto a tutto pur di lasciare quella spiaggia e tornarsene a casa; quella di una famiglia inglese che mette a disposizione il proprio yacht privato per aiutare nell’evacuazione; quella di un pilota di caccia con la missione di coprire la fuga ai propri cercando di tenere i cieli liberi dai bombardieri dei nazisti. Una scelta di Nolan è che i tre piani narrativi, pur intrecciati sia come eventi che come montaggio, si svolgono in tre lunghezze temporali diverse: la storia del soldato dura una settimana, quella dei civili un giorno, quella del pilota un’ora. Vedremo quindi un evento avvenire in una di queste tre linee narrative, ma le sue conseguenze saranno approfondite in una delle altre, e questo è un modo per trasformare dei dettagli in momenti cruciali. E’ una trovata sicuramente interessante, ma l’abbiamo trovata il punto debole della pellicola: spesso il passaggio da una dimensione temporale all’altra richiede un istante di riassestamento in cui lo spettatore deve riprendere le fila del discorso, e talvolta questo finisce per essere una distrazione, francamente non necessaria. Abbiamo avuto la sensazione che Nolan abbia scelto questa soluzione come esercizio di stile, non perché sia davvero utile ai fini del film: una raffinatezza più al servizio del regista che della riuscita della pellicola. Nulla di troppo problematico, ma ci è sembrato che Nolan volesse tirarsela senza motivo.
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Abbiamo invece apprezzato la quasi totale mancanza di retorica: in nessun momento ci è sembrato di assistere alla storia di eroici combattenti pronti all’estremo sacrificio in nome di un ideale, in nessuna scena abbiamo assistito a epici momenti di gloria. Anzi! Senza anticipare nulla, basti dire che i personaggi sono tutti molto concreti, verosimili, esprimono quella gamma di sentimenti che ci aspetteremmo in situazioni simli: angoscia, paura, sconforto, disperazione, senso di colpa. Perfino sul finale, ad evacuazione avvenuta, quello che domina non è la gioia dei cittadini, ma…la stanchezza, fisica e mentale, dei sopravvissuti.
I veri complimenti a Nolan vanno fatti per la sceneggiatura: se i dialoghi sono ridotti all’osso, le interazioni fra i personaggi sono abbondanti. Avvengono tramite azioni, sguardi, e gesti che sono più che sufficienti sia ai personaggi che agli spettatori. Non viene detta una parola di troppo, e gli attori se la cavano benissimo in questa prova difficile. In particolare Tom Hardy, il pilota di caccia, recita per quasi tutto il film con il volto nascosto dalla maschera per l’ossigeno del suo casco, e nonostante questo è in grado di restituire alla perfezione l’intensità del suo personaggio.
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Un’altra scelta riuscita è quella di non mostrare mai i nazisti, ma solo le conseguenze delle loro azioni. Vediamo le bombe cadere, le navi affondare, gli aerei che vengono abbattuti, i fori di proiettile, ma nessun soldato tedesco, nessun pilota di caccia, nessun equipaggio di sottomarino. I nazisti vengono quindi trasformati in una minaccia costante, in una presenza che incombe su tutti gli eventi del film, ma senza la possibilità di dar loro un volto i personaggi (e gli spettatori) vengono privati anche della possibilità di razionalizzarli, con l’effetto di moltiplicare il senso di angoscia che permea tutto il film. Azzeccatissimo e potente, così come la scelta di non mostrare nessuna scena nelle "stanze dei bottoni": niente generali o politici che pontificano di strategia e dell'andamento della guerra. Solo i soldati, e i pochi ufficiali che ne condividono il destino, di fronte a una lotta per la sopravvivenza.
Insomma: abbiamo trovato pochissime pecche in Dunkirk, e non è stato per mancanza di tentativi. Siamo entrati in sala scettici, ne siamo usciti convinti. E’ un film da vedere se vi piacciono i film di guerra e soprattutto se non vi piacciono, e se ne avete la possibilità cercate di vederlo nella sala più grande possibile, con il migliore impianto audio possibile e, se possibile, su pellicola. Non ve ne pentirete.

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Gabriele Bianchi

Lettore, giocatore, conoscitore di cose. Storico di formazione, insegnante di professione, divulgatore per indole. Cercatelo in fiera: è quello con la cravatta.

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Commenti

  1. In anteprima? con quanto ritardo è uscito in Italia?Che schifo,si parla tanto di globalizzazione e poi abbiamo ancora mostruosi ritardi sulle uscite dei film

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