Dolittle è un film del 2020 con Robert Downey Jr., per la prima volta slegato dal personaggio che l’ha accompagnato per tutti questi anni nella mente degli spettatori. Il suo attore protagonista è probabilmente il traino principale di questa pellicola, basata sulla serie di romanzi per bambini di Hugh Lofting. La curiosità di vederlo nei panni del dottore capace di parlare con gli animali ha incuriosito molti. Purtroppo però, neanche Robert Downey Jr. può salvare Dolittle.
Dolittle, recensione del film del 2020 con Robert Downey Jr.
Il film si apre con un’affascinante sequenza animata, che ci introduce alla storia del dottore protagonista. Questi ha due amori: gli animali, con cui riesce incredibilmente a comunicare, e Lily, la moglie con cui ha fatto tantissimi viaggi alla ricerca di creature da salvare. La sua vita avventurosa procede felice fino a quando la donna, durante una spedizione solitaria alla ricerca di un frutto leggendario, muore nel corso di un naufragio. A quel punto Dolittle decide di chiudersi per sempre nella sua villa/riserva con i suoi amici animali, senza avere più contatti con l’umanità.
Tuttavia, la situazione sta per cambiare. La Regina d’Inghilterra sta male e il dottore è l’unico che potrà curarla. Inizialmente titubante, viene costretto a partire dai suoi amici animali che gli ricordano che se la sovrana morirà, perderanno la casa in cui hanno vissuto per anni. Inizia così il viaggio del dottore, insieme ai suoi compagni a cui si aggiunge il suo autonominato assistente Stubbins.
Un incipit classicissimo, per una storia che difficilmente riuscirà a sorprendere davvero. Ma il problema non è necessariamente qui: il mondo è pieno di film stupendi di cui è facile immaginare la trama generale da subito. A fare crollare il giudizio su Dolittle è piuttosto la modalità con cui si sviluppano le vicende.
Ogni passaggio è incredibilmente semplificato e decisamente forzato, gli eventi si susseguono perché così vuole la trama e la giustificazione è spesso minima e soprattutto rapida. La rinuncia di Dolittle alla sua condizione di eremita, la capacità di parlare con gli animali sviluppata da Stubbins, il superamento degli ostacoli sulla loro strada… Tutto avviene in maniera innaturale e veloce.
Dove sono i personaggi?
Questo aspetto di superficialità è più evidente che mai nella costruzione dei personaggi. Poco da eccepire sul ‘cast animale’ ovviamente: da loro ci si aspetta principalmente un supporto comico e riescono piuttosto bene nel compito (memorabili i momenti con lo scoiattolo Kevin, animato dal desiderio di vendetta). Il fatto che abbiano delle personalità distinte, per quanto limitate spesso a un unico tratto caratteriale, e che addirittura alcuni abbiano una propria evoluzione è solo un bonus.
Viceversa, la parte del film affidata agli umani è decisamente non all’altezza. Il protagonista è l’unico vero personaggio del film che ha un effettivo arco narrativo, al di là di quanto questo sia ben sviluppato nei suoi passaggi. Ovviamente il fatto che a interpretare Dolittle sia Robert Downey Jr. lo aiuta molto. Benché lontano dalle sue interpretazioni più brillanti, è indubbio che sia stata una scelta ideale per questo Willy Wonka in salsa zoologica.
Tutti gli altri più che personaggi sembrano archetipi, maschere e non nel senso migliore. Per quanto si impegni l’ottimo Michael Sheen ad esempio, il suo Dottor Blair Müdfly manca giusto di monocolo (i baffi arricciati già ce li ha) per risultare il più ovvio e classico stereotipo del villain senza scrupoli, motivato solo da una supposta rivalità con Dolittle.
In tutto questo si inseriscono delle performance non troppo convincenti da parte dei due attori più giovani. Carmel Laniado e Harry Collett non riescono mai a conquistarci nel corso del film. Per il secondo in particolare è un problema, dato che il suo Stubbins è protagonista del film tanto quanto Dolittle e avrebbe necessitato di un’interpretazione molto più coinvolgente visti anche i problemi sopracitati di sviluppo del personaggio.
Dal prescolare in giù
Dolittle è un film che, nonostante le possibili buone premesse, risulta estremamente superficiale. Una storia che si sviluppa senza una vera direzione, abitata da personaggi monocorde, che più che un blockbuster per tutta la famiglia ricorda un prodotto destinato a giovanissimi in età prescolare. Loro potrebbero divertirsi, ma per tutti gli altri fatta eccezione qualche gag capace di strappare un sorriso, c’è davvero poco.
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