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Diva Futura: l’uomo e le donne che hanno portato l’hard in Italia | Recensione

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Photo: Lucia Iuorio

Sembra sia passato abbastanza tempo da poter guardare in maniera sufficientemente distaccata, quasi con la lente dello storico, a un’era davvero particolare del nostro Paese. Quel periodo, tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’90, in cui il mondo dell’hard riuscì a guadagnarsi un posto nel mainstream e nacque il concetto di pornostar. E a crearlo, dice la leggenda, furono Riccardo Schicchi e la sua agenzia Diva Futura, a cui è ispirato il film omonimo, presentato in concorso all’ultima Mostra di Venezia e protagonista di questa recensione.

La recensione di Diva Futura: tutte le donne del re (dell’hard)

Innanzitutto, è bene mettere in chiaro una cosa, proprio come fa il film nel suo incipit. Questo non è un biopic di Riccardo Schicchi. Lungo la pellicola la regista e sceneggiatrice Giulia Louise Steigerwalt ci porta a scoprire la storia delle diverse donne che erano insieme a lui in quell’avventura che fu Diva Futura. Dalla co-fondatrice dell’agenzia Ilona Staller/Cicciolina, alla star forse più iconica Moana Pozzi, passando per Eva Henger e Debora Attanasio, segretaria e aspirante giornalista finita quasi per caso in questo mondo.

Allo stesso tempo però, è indubbio che Schicchi sia un po’ più il protagonista di questo film. Diventa quasi la stella centrale di questa galassia, intorno a cui ruotano tutti i diversi pianeti/co-protagonisti. Un personaggio stralunato, bizzarro, dinamico, un po’ figlio dei fiori sognatore, un po’ yuppie immerso nella cultura degli anni ’80.

Diva Futura | Trailer Ufficiale

Lo stile del film riprende quello che abbiamo visto in diverse altre produzioni Groenlandia, è facile vederci echi di Mixed By Erry, L’incredibile storia dell’Isola delle Rose e su, su fino a Smetto Quando Voglio. Tutto è molto rapido e colorato, con un tono sempre vivace e leggero, impreziosito da una colonna sonora pop che ci aiuta a immergerci nella cultura del tempo. E non ci saremmo aspettati nulla di diverso, considerando le tematiche del film che si sposano davvero bene con questo approccio.

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A vivacizzare ulteriormente questo “caos organizzato” ci pensa la scelta di non seguire una linearità nella narrazione. Si apre con l’inizio della storia e si chiude con la sua conclusione (per quanto possibile), ma in mezzo non procede in maniera rigidamente cronologica. Si va avanti e indietro negli anni, passando tra crisi, rinascite, alti e bassi di una storia turbolenta ma che ha segnato il nostro Paese.

Una visione moderata di un mondo sregolato

Photo: Lucia Iuorio

Diva Futura è un film che vuole raccontare una storia interessante, che è piano piano sparita dall’attenzione pubblica, ma senza avere velleità di documentario. Uno spirito che è ben rappresentato dal titolo del libro su cui è basato: Non dite alla mamma che faccio la segretaria – Memorie di una ragazza normale alla corte del re dell’hard, ovvero la biografia di Debora Attanasio.

Il risultato di tutto questo è una narrazione che è comunque edulcorata. Non si entra nei dettagli più oscuri di quell’era se non giusto di sfuggita: è abbastanza peculiare che non ci siano quasi riferimenti alle droghe, con giusto pochissime eccezioni, per fare un esempio.

La stessa figura di Schicchi è presentata in maniera forse troppo idealizzata. Un idealista, sognatore, quasi uno Steve Jobs del porno che si contrappone (in una sequenza in particolare, forse la più dura del film) a chi vuole rendere questo mondo un’industria, che ne incarna tutti gli aspetti più oscuri. Insomma, tutto passa attraverso una lente piuttosto rosea, che alleggerisce il tono. Diametralmente opposto, volendo fare un paragone, alla serie TV Supersex, sempre co-prodotta da Groenlandia e incentrata su quegli anni, che invece calca la mano sull’oscurità e gli aspetti più controversi.

In questo aiuta anche l’interpretazione di Pietro Castellitto che ci presenta un Riccardo Schicchi più ingenuo e stralunato che mai. Sembra davvero il classico personaggio del genio inventore e sognatore, travolto da mille idee e pronto a lanciarsi in altrettante avventure. Barbara Ronchi ne è un perfetto contraltare, nei panni della segretaria e “ragazza normale” Debora Attanasio.

Diva Futura, la recensione: un film leggero, facile da digerire, che non cerca di allargarsi

Photo: Lucia Iuorio

Giulia Louise Steigerwalt sceglie di confrontarsi con un tema potenzialmente difficile disinnescandone gli aspetti più controversi. Ne esce una commedia divertente, che tocca quanto basta i lati oscuri di quella vicenda per non essere solamente frivola, ma che è ben lontana da un racconto completo di quel mondo. Un gioco, che sa intrattenere a pieno gli spettatori ma che non spicca davvero il volo.

Va però dato atto a Diva Futura di non essersi limitato a raccontare Riccardo Schicchi, ma di essere un film che dà il giusto spazio anche alle altre protagoniste di quella storia: Ilona Staller, Moana Pozzi ed Eva Henger. È stata indubbiamente una sfida, trovare il modo di imbrigliare quattro (se non cinque) punti di vista differenti di una vicenda sviluppata su diversi decenni, mantenendo la coerenza narrativa e una struttura drammatica che funzionasse, con un inizio, uno sviluppo e un finale, anche rinunciando alla processione cronologica.

Una sfida però che Diva Futura ha vinto e che permette di uscire dalla sala soddisfatti. Ma a questo punto continuiamo a chiederci quand’è che qualcuno ci regalerà la serie TV documentario che questa storia merita.

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