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L’angelo del male – Brightburn, l’ardita rilettura di un mito

Cosa sarebbe successo se Superman fosse stato intrinsecamente cattivo?

L’angelo del male – Brightburn è un film, prodotto dal James Gunn di Guardiani della Galassia, che ha attirato l’attenzione di tantissimi appassionati fin dal suo annuncio. Quello che prometteva fin dai trailer era di mostrare una nuova versione di un mito che ormai tutti conosciamo bene. Prendendo a piene mani dal mito del supereroe per antonomasia Superman, provava a raccontare una storia in cui il personaggio usava i suoi poteri per il male. Com’è andata? Parliamone insieme in questa recensione di L’angelo del male – Brightburn.

Di cosa parla L’angelo del male – Brightburn?

brightburn angelo del male film recensioneIl film si apre con Tori e Kyle, una coppia di contadini, che sta cercando di avere un figlio con scarso successo. All’improvviso una pioggia di meteoriti colpisce i loro campi e fra i detriti trovano una nave aliena. Al suo interno c’è un bambino che i due decidono di adottare e crescere come proprio.

Anni dopo, Brandon Breyer, questo il nome del piccolo, è diventato un ragazzo che va alle scuole medie. Piano piano inizia a sentire sempre di più il richiamo della sua nave, nascosta a sua insaputa nel capanno della fattoria. Il ragazzo infatti sa di essere stato adottato dai suoi genitori, ma non è a conoscenza della sua origine extraterrestre. Giorno dopo giorno diventa sempre più disobbediente e scontroso, scoprendo al contempo di avere dei poteri eccezionali e votandosi al male, fino al suo definitivo passaggio al ‘lato oscuro‘.

È evidente anche da queste poche righe quanto sia forte il debito di L’angelo del male – Brightburn nei confronti del mito di Superman. A tratti c’è l’impressione che la conoscenza della storia di Clark Kent sia data per scontata per lo spettatore, motivo per cui la sequenza iniziale è decisamente veloce nella narrazione. In effetti però, è difficile non avere almeno una vaga idea di un racconto così famoso, tanto più per il pubblico che andrà nelle sale a vedere il film.

È un’idea interessante, che sottolinea quanto ormai certi tipi di storie si stiano trasformando nella nuova mitologia della nostra società. Esattamente come le leggende antiche dove affondano le radici, questi racconti diventano patrimonio comune, non più confinati a una nicchia. Ed è normale desiderare di rivisitarli.

Un Superman intrinsecamente cattivo

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Un aspetto del racconto che pareva essere interessante dai primi trailer era proprio il concetto di questo stravolgimento del classico mito. Un eroe, forse il più puro del mondo dei fumetti, che sceglie il male. Non sarebbe certo la prima volta, ci sono diversi What If? DC Comics in cui Kal-El opta per usare le proprie incredibili capacità per perseguire obiettivi nefasti. Tuttavia quello presente in L’angelo del male – Brightburn è un concetto leggermente indebolito.

Il giovane Brandon Breyer (con il classico nome allitterante degli eroi dei fumetti) non sceglie volontariamente il male. Si tratta di un personaggio che è intrinsecamente malvagio, una caratteristica che deriva dalle sue origini. È la sua stessa nave a lanciare un segnale che gli permette di rivelare la sua vera natura, quella di una creatura potentissima, invulnerabile, capace di volare e di muoversi a velocità incredibili, ma profondamente votata alla distruzione.

Inizialmente questo si esprime come risposta alle vessazioni subite a scuola dai compagni, che peggiorano tanto più il ragazzo li attacca, in un circolo vizioso. In questo si intravede anche una sorta di metafora della crescita, con le pulsioni tipiche della pubertà che vengono elaborate in maniera problematica dal ragazzo. Un aspetto che forse meritava di essere approfondito di più.

In generale però, il fatto che Brandon sia destinato, costretto a diventare un mostro appiattisce un po’ il personaggio. L’idea dell’archetipo del supereroe che (in una maniera molto umana) sceglie di usare i propri poteri per il proprio vantaggio, entrando in una spirale di crudeltà poteva essere molto più affascinante. Non si riscontra neanche un grande conflitto interiore per Brandon: fatta eccezione per qualche tentativo, il giovane non cerca di ribellarsi alla sua natura. È un mostro, punto.

Brightburn è l’Angelo del male

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Questo film si rivela quindi essere un horror piuttosto classico, con una creatura soprannaturale inquietante che terrorizza la sua cittadina. E in questo, bisogna ammetterlo, L’angelo del male – Brightburn fa un degno lavoro, regalando scene con un buon tasso di gore e offrendo la giusta dose di tensione agli spettatori.

A supportare il risultato finale, anche la performance degli attori che interpretano i genitori di Brandon. David Denman riesce a incarnare bene il ruolo del padre frustrato, che non riesce a rapportarsi a questo figlio che cresce e che si allontana sempre di più dal ragazzino che ha cresciuto.

Anche superiore è la prova di Elizabeth Banks, vera protagonista della pellicola. Il ruolo di questa madre che rifiuta la realtà, che non riesce a rinunciare al figlio tanto desiderato e arrivato come un dono dal cielo è incarnato in maniera estremamente intensa dall’attrice. Il suo crollo, quando finalmente capisce cosa è diventato il suo bambino, è coinvolgente e segna probabilmente l’apice emotivo della pellicola.

Forse a volte l’attrice esagera, caricando eccessivamente di intensità il suo ruolo. Tuttavia non supera mai il livello di rottura, capace di spezzare la tensione, per cui non risulta un vero e proprio problema.

Pareri finali

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L’angelo del male – Brightburn è un film che riesce a offrire un’esperienza godibile a chi desidera vedere un buon film horror, ma non va molto più in là. Nonostante le premesse si tratta di un prodotto semplice, che non andrà a rivoluzionare il genere e che, salvo eventuali sviluppi futuri, non lascerà un grande segno del suo passaggio. Avrebbe potuto dare di più, considerato il concept da cui partiva.

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Mattia Chiappani

Ama il cinema in ogni sua forma e cova in segreto il sogno di vincere un Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura. Nel frattempo assaggia ogni pietanza disponibile sulla grande tavolata dell'intrattenimento dalle serie TV ai fumetti, passando per musica e libri. Un riflesso condizionato lo porta a scattare un selfie ogni volta che ha una fotocamera per le mani. Gli scienziati stanno ancora cercando una spiegazione a questo fenomeno.

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