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Breve guida al suicidio. Intervista a Giuseppe Galato

Tutti nella propria vita hanno pensato almeno una volta al suicidio. 
Beh, tutti tranne quelli che non ci hanno mai pensato.
Con questa frase si riassume Breve guida al suicidio, un volume, scritto sotto forma di saggio, che non vi inciterà a compiere l'estremo gesto, anzi analizza in modo dissacrante e sarcastico la società moderna e i problemi che l'attanagliano. 
Scorrendo fra le pagine c'imbatteremo in diversi personaggi immersi in un mondo non dissimile dalla realtà, impegnati a pensare e realizzare metodi sempre diversi per porre fine alla propria vita. Non si discute solo di ciò che accade prima del "salto", ma anche di ciò che aspetta il suicida dopo la morte in base a religione e stato sociale. 
Per saperne di più su questo interessante volume abbiamo intervistato il suo autore, Giuseppe Galato.
Godetevi le nostre domande.

ON: Prima di tutto da cosa nasce l'idea di scrivere Breve guida al suicidio?

G.G.: Da premettere che il libro non è apologetico rispetto al suicidio ed è di base comico, nonsense, per quanto cinico e sarcastico: è fondamentalmente un’analisi scherzosa e al contempo cruda della nostra società, alla maniera di Terry Gilliam e dei Monty Python o ancora vicina a quello che potrebbe essere lo stile di Douglas Adams o Woody Allen. Il libro nasce, naturalmente, dal pensiero del suicidio, dalla depressione che mi sembra sia sempre più diffusa fra gli essere umani: ecco, diciamo che il libro è un modo per scherzarci su sperando che con una risata, per quanto amara, si possano esorcizzare pensieri del genere.
ON: Il titolo è molto diretto e potrebbe spiazzare molti lettori: a chi è diretto il libro?

G.G: “Breve guida al suicidio” è diretto a tutte quelle persone che cercano di andare al di là delle apparenze e tendono ad analizzare il vissuto non rimanendo legati alla facciata ma cercandone le più intime motivazioni: è una metafora della nostra società e di come essa ci influenza rendendoci, di base, una massa di schizofrenici che compiono azioni senza senso. Curioso che per parlare della mancanza di senso delle umane azioni usi il nonsense.
ON: Tu hai mai pensato di compiere il grande passo?

G.G.: “Tutti nella propria vita hanno pensato almeno una volta al suicidio. Beh, tutti tranne quelli che non ci hanno mai pensato”, recita l’incipit di “Breve guida al suicidio”. Da ragazzino penso sia quasi normale, soprattutto se sei provvisto di una certa sensibilità, pensarci. Io da ragazzino mi sentivo molto inadatto al mondo che mi circondava e in contesti del genere sembra quasi logico e naturale pensare a quella che dovrebbe essere la più facile scappatoia dall'inadeguatezza: la morte. Ma non ha senso questo pensiero, è una contraddizione allo stesso pensiero (in quanto è il pensiero che pensa di autoterminarsi). Molto meglio rifarsi alla sempre efficace tecnica empirica del “chissenefotte” e affidarsi a un sano nichilismo positivo che ci porti lontano dalle logiche sociali che tanto ci attanagliano: l’essere sempre all'altezza (di che?), la competizione con gli altri (ma perché?), l’essere standardizzato ed entrare così a fare parte di un tessuto sociale/famiglia che ti apprezzi e ti faccia sentire in qualche modo importante (ma dove?). Sono tutte stronzate inventate per fare in modo che la società andasse avanti (potrei dirti “per fare in modo che chi detiene il potere continui ad avere il controllo”, ma eviterò pipponi del genere). Più che uccidere se stessi bisognerebbe uccidere gli altri, la società, in senso metaforico, all’interno di se stessi: uccidere “dio”, che è rappresentazione di tutto ciò in cui crediamo di credere ma che, di fatto, ci è stato inculcato dall'esterno; uccidere “dio” e tornare al mondo sotto forma di Superuomo (tiè, pure la reinterpretazione di Nietzsche, va’). Ma poi deve ancora uscire “The world's end” di Edgar Wright e c’ho troppe serie TV in ballo che se mi suicidassi non potrei sape' come vanno a finire.
ON: In Breve guida al suicidio ci sono un sacco di riferimenti al mondo della musica, del cinema, della letteratura, dei fumetti e via dicendo, da Chris Claremont a The big bang theory fino agli immancabili Monty Python, Woody Allen e Douglas Adams: come mai questa scelta?

G.G.: Videogiochi e fumetti sono state le prime forme culturali con cui sono entrato in contatto da bambino. Avevo all’epoca un Mega Drive e ricordo ancora di quel pomeriggio in cui mi recai presso un’edicola a cercare una rivista di videogiochi per informarmi sulle nuove uscite (internet ancora non esisteva): non ne trovai, ma mi saltò agli occhi una stupenda copertina degli X-Men disegnata da Jim Lee la quale ritraeva Wolverine, Gambit e Jubilee (e in cui si intravedono la mano e i tentacoli di carbonadio di Omega Red); l’amore. La storia era “The resurrection and the flesh”, testi di John Byrne. Di lì iniziammo, con alcuni amici, a comprare pressoché tutte le testate Marvel passandocele a vicenda per ammortizzare le spese. I personaggi che più ho amato sono stati Venom e Wolverine, come scrittori invece ho adorato forse più di tutti appunto Chris Claremont, basti tutto l’universo che ha creato attorno a Cable. Insomma, mi sembrava doveroso citare, a mo' di omaggio, lui e i tanti altri autori/personaggi/musicisti e via dicendo che mi hanno in qualche modo influenzato o semplicemente tenuto un po’ di compagnia nella mia vita, e così li ho catapultati nel mondo di Breve guida al suicidio: sarà divertente, per ogni Nerd che si rispetti, andarsi a cercare i vari riferimenti nascosti all'interno della narrazione e nei tanti improbabili personaggi e luoghi citati nel libro.
ON: Hai parlato di videogiochi: a quali sei più legato?

G.G.: Sono un estimatore (possiamo dire “maniaco”?) delle avventure grafiche della Lucas Arts, ma penso che i videogame a cui sono più legato siano i primi due “Oddworld”, “Abe’s oddysee” e “Abe’s exoddus”: oltre al melting pot di generi a livello di giocabilità (il platform che adoro per il fatto che sono cresciuto a botte di “Sonic” e “Super Mario” e con gli arcade da bar, il rompicapo data la mia passione per la logica, l’altalenare fra momenti di calma ad altri di pura azione che ti fa palpitare il cuore in maniera incontenibile) direi che la storia è qualcosa di geniale, una grande metafora del nostro sistema produttivo, una feroce critica al capitalismo incontrollato, il tutto fatto con sarcasmo e cinismo violentissimo, tutti aspetti che adoro all'interno di una narrazione (come potrete rendervi conto anche alla lettura di Breve guida al suicidio). 
In generale comunque sono sempre stato legato al mondo dei videogiochi. Ho posseduto, nell'ordine, VIC-20, Commodore 64, Mega Drive, Super Nintendo e vari modelli di Playstation. Oltre ai vari PC. Per un periodo ho anche avuto un paio di giochi da bar in casa, proprio con i cassoni, fra cui quella grande ficata di “Sunset riders”. Ultimamente gioco molto poco ma aspetto sempre con impazienza i giochi in flash che questo genio carica sul proprio sito, che consiglio a tutti.
ON: Il libro viene inizialmente diffuso via web: è così difficile trovare un editore che scommetta su scritti fuori dagli schemi?

G.G.: Questo non saprei dirtelo. Di sicuro il mercato non è aperto a prodotti “diversi” perché non vendono (ma qui si parla di case editrici che evitiamo volentieri); al contempo un titolo come Breve guida al suicidio, per quanto poi il plot sia ironico, è decisamente duro e “pericoloso” (infatti la mia casa editrice attuale, Edizioni La Gru, ha già avuto un sacco di lamentele per il semplice fatto che si parla di suicidio). Diciamo che poi ormai siamo tutti “artisti”: tutti scriviamo, tutti facciamo musica, tutti disegniamo, ed è quindi molto difficile essere notati in questo marasma, soprattutto quando poi il tutto è condito da un disinteresse sempre più diffuso da parte dei fruitori che, ormai, abituati alle “logiche social” di internet, preferiscono sempre più in maniera massiva una fruizione veloce, cosa che un libro di sicuro non concede. La musica pop, ad esempio, da status di “arte” quale aveva assunto dai ’60 in poi (soprattutto grazie ai Beatles: furono loro ad imporre l’album come prodotto di punta a discapito dei singoli, fino ad allora molto più lanciati sul mercato) sta man mano subendo una devoluzione tornando ad essere un “passatempo” (che cosa triste), un jingle da mettere in sottofondo: la musica va ascoltata attentamente, non intanto che si fanno le faccende di casa. Tornando ancora alla tua domanda, io non penso che ci si debba concentrare tanto sul “vettore” editore/etichetta/produttore quanto sui prodotti (letterari, musicali, cinematografici e via dicendo). Non ho avuto nessun problema a rilasciare Breve guida al suicidio in download gratuito proprio perché credo nella condivisione, soprattutto della cultura; tuttavia sembra che se non hai qualcuno che ti “spinge”, che dice agli altri “Oh, questo libro qui dovete comprarlo perché è fico”, non hai ragione di essere considerato dal pubblico. Il “pubblico”, le persone, potrebbero sovvertire questo sistema se solo riuscissero a realizzare che anche senza una grande o piccola azienda dietro, un prodotto può valere. Ma questo è un lavoro che deve fare appunto il pubblico svincolandosi da queste logiche capitalistiche a cui siamo abituati. Chiudo il discorso facendoti notare quanto sempre più stanno prendendo piede, in questo sistema, gli uffici stampa: nel mio lavoro come giornalista musicale sono bombardato giornalmente da mail di album in uscita e si nota una tanto maggiore attenzione a livello mediatico verso un determinato album quanto più l’azione dell’ufficio stampa è forte, anche quando questo album è oggettivamente una merda: non è così che funziona l’arte, questo è marketing.
ON: Come nasce la collaborazione con Antunzmask, che ha realizzato la colonna sonora del trailer di Breve guida al suicidio, Secco?

G.G.: Antonio (Russo, in arte Antunzmask) è, prima di tutto, un amico, una persona che stimo sia a livello umano che artistico. Quando ho lanciato Breve guida al suicidio in free download, anche grazie ai consigli di un altro dei miei supporter, Vincenzo Autuori, che ha curato la grafica del sito, ho pensato di realizzare un booktrailer da far girare su Youtube, ma la mia musica, quella che scrivo io, è in generale troppo tragica e malinconica e non si addiceva al mood del libro, così ho pensato bene di chiedere ad Antonio, data la tragicomicità dei suoi brani, di scrivermi un pezzo ispirato al libro: così nasce “Secco”. Sono molto soddisfatto, è una canzone che mi piace molto, così come mi piace molto anche il suo nuovo album, “Al mostro”: il ragazzo ne farà di strada.
ON: Nel futuro un sequel?

G.G.: No, non penso che il libro si appresti a un sequel. Per ora sto portando avanti più che altro progetti musicali e stiamo adattando in graphic novel un mio racconto, “I sentimenti non si possono controllare” (già edito da Il Violino Edizioni sulla raccolta “Melodia letteraria”), con la fumettista e artista Sara Apone. Stavo buttando giù anche un po’ di idee per un monologo teatrale sullo stile di Bergonzoni, “Tu prova tu a chiedere a un solipsista cosa si prova a prendere un calcio nelle palle”, ma sono un po’ fermo con questo progetto. Avevo iniziato a scrivere un nuovo finto saggio sulla falsariga di “Breve guida al suicidio”, questa volta dal taglio etologico, in cui si analizzano le classi sociali come fossero classi animali. 
ON: Grazie per la disponibilità e buona fortuna per i tuoi prossimi racconti!

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Mattia De Poi

Anche conosciuto come Il Nini, Mattia è il lato gioioso di Orgoglio Nerd. Biondo e curioso, è appassionato di ogni genere fumettistico, Gunpla e avventure. Portatelo in viaggio, all'organizzazione ci penserà lui.

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