Game of Thrones è una serie che ha ottenuto uno straordinario successo a livello planetario. Quel che le è accaduto è sicuramente una rarità nel mondo televisivo e ciò che maggiormente ci stupisce e ci affascina è la capacità che ha avuto di ammaliare e sedurre milioni di persone che non hanno mai particolarmente amato il genere fantasy.
Pur avendo tutte le caratteristiche per piacere alla grande, ma pur sempre limitata, nicchia di questa branca della cultura pop, Game of Thrones ha di gran lunga superato i confini degli amanti di elfi e coboldi e ha saputo coinvolgere anche chi manifesta una avversione, per non dire una vera e propria allergia, nei confronti dei poteri magici e del soffio del drago.
Come ha potuto GOT attrarre a sé un pubblico così folto e soprattutto tanti refrattari ai mondi misteriosi che invece noi amiamo? Io stesso frequento parecchi amici per cui “Il Signore degli Anelli” è qualcosa di inguardabile (o illeggibile), un gioco di ruolo che contempli un dado con più (o meno) di sei facce è un’eresia peggiore di quella di Dolcino, ma sono tutti qui a disquisire di chi sopravvivrà alla discesa dei morti e chi possa o non possa avere le credenziali per cavalcare un drago.
I motivi sono sicuramente tanti:
- I drammoni familiari alla Beautiful che ci fanno parteggiare per gli Stark o per i Lannister allo stesso modo per cui il pubblico minuto si è diviso per decenni tra i pro Forrester e i pro Spectra
- Il collaudato e intrigante meccanismo di ribaltamento che fa morire ogni volta il protagonista al quale ci stiamo affezionando anche se non lo diciamo a nessuno e cerchiamo di pensarci il meno possibile per non farlo morire
- L’indiscussa capacità di scrittura di Martin e dei vari sceneggiatori, che sanno dosare sapientemente intrigo, mistero, azione, amore e amicizia per dare ad ogni fascia di pubblico la loro dose di narrazione quotidiana
- Il sesso violento e gratuito sparso a caso (soprattutto nelle prime stagioni) in modo da solleticare anche gli istinti più “goliardici” tra un pippone narrativo e l’altro.
NB: l’uso del termine “pippone” non è da riferirsi alla visione dei nudi gratuiti.
Ma al di là di tutti questi validissimi motivi, la ragione per cui credo che anche i non amanti del fantasy si siano affezionati a Game of Thrones è da ricercarsi in quella che io ho battezzato “la teoria della supposta”.
Facciamo un passo indietro. Voi tutti sapete cosa sia una supposta.
Esistono alcune patologie tipiche della prima infanzia che, non si sa bene perché e nonostante ci troviamo ormai abbondantemente nel terzo millennio, non possono essere curate con la somministrazione di una banale compressa o con uno sciroppo al gusto mirtillo, ma con presidi medici che devono per forza passare per di là. Le supposte, appunto.
Mia particolare convinzione è che la suddetta supposta possa essere benissimo surrogata da un farmaco meno invasivo, ma che i pediatri e i medici, dall’alto della loro saggezza, vogliano far capire fin da subito ai poppanti quanto dura sia la vita e dove, prima o poi, una volta o l’altra, ognuno di noi dovrà esperire la crudeltà dell’esistenza.
Ma siccome i succitati pediatri e medici vogliono sostanzialmente il nostro bene, non hanno concepito le supposte come cilindretti dal difficile e doloroso inserimento, ma piuttosto le hanno dotate di un certo grado di lubrificazione e soprattutto di una pratica punta smussata che possa consentirci di adattarci all’intruso con minor resistenza e con un trauma più accettabile.
Ecco, il fantasy in Game of Thrones è stato distribuito in maniera razionalmente calcolata come la curva di penetrazione di una supposta.
All’inizio della serie esso è appena accennato: si vocifera che…, si dice che…, le leggende sostengono che… ma nulla di più. Non un drago, non una magia, non un unicorno o chissà che. Certo, i più scrupolosi mi diranno che al di là della barriera, già dalle prime puntate, si vede qualcosa di strano e inquietante, ma per il grande pubblico si poteva trattare di una suggestione, della percezione distorta da parte di gente che vive in un mondo medievale e la cui mente è manipolabile dalla superstizione. Non facciamo in tempo a ragionare di queste cose che già siamo a vivere le dinamiche famigliari degli Stark, il dramma per il figlio precipitato di Ned e i decadenti, ma molto reali, intrighi di palazzo di Approdo del Re.
Mano a mano che andiamo avanti, puntata dopo puntata, la punta della supposta tende a ingrandirsi, ma ormai iniziamo inconsapevolmente ad adattarci ad essa, accogliendo festanti le grandi battaglie, gli amori e i tradimenti e non ci accorgiamo che strane religioni monoteiste controllano arcani poteri. Ma sì, figuriamoci, anche qua si tratta di suggestioni, non si parla certo di magia, ci sarà una spiegazione logica…
Alcune avvisaglie arrivano quando iniziamo a conoscere personaggi dai mille volti: sicuramente esperti del travestimento. Si intravvedono i non morti: eh ma questo non è puramente fantasy, è più horror. E via così, senza curarcene accettiamo il fantasy che sta penetrando nella serie come i millimetri di supposta stanno facendo dentro di noi.
Così accade con gli estranei, con i figli della foresta, con le visioni del Corvo a tre occhi, tutte manifestazioni talmente centellinate nella serie, che non ci si accorge mai realmente di trovarsi in un mondo incantato, ma pensiamo sempre e soltanto di essere in un medioevo possibile, simile a quello degli York e dei Lancaster (ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è assolutamente voluta).
Un brivido ci corre lungo la schiena e saremmo quasi tentati di accorgerci del tradimento quando arrivano i draghi, ma ormai è troppo tardi, il più è fatto! La nostra capacità di assuefazione ci ha fatto superare tentennamenti, ritrosie e insofferenze, basta ancora una spintarella e il farmaco sarà totalmente nel nostro corpo. La serie ormai è dentro di noi, inizia a darci gli sperati benefici. Draghi, sacerdotesse rosse, tizi bluastri dal capo puntuto e dalla pelle rugosa, sono tutti benvenuti in questo geniale e affascinante affresco tardo medievale.
Questo mondo che somiglia ad un mosaico di tanti frammenti di mondi a noi noti in epoche più o meno lontane ci appartiene, lo bramiamo, vogliamo sapere chi sopravvivrà, chi vincerà, chi siederà sul trono di spade e chi soccomberà. La magia della narrazione è entrata in noi, i draghi e i loro cavalcatori sono parte dell’immaginario di tutti e Martin, con buona pace di Tolkien ed epigoni vari, ha saputo infilarci la supposta con mano delicata e superba maestria.
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