Il 6 aprile 1992 cominciava in Europa, precisamente nell’ex Jugoslavia, uno dei conflitti più sanguinosi dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Alla fine del conflitto, durato circa 4 anni, saranno oltre 100 mila le vittime.
Alla fine degli anni Ottanta, già con la morte del maresciallo Tito (1980), l’ideologia comunista si indebolì a tal punto da portare alla dissoluzione della Jugoslavia e a lasciare sempre più spazio a sentimenti nazionalistici ed indipendentistici.
I primi anni Novanta videro la morte della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia e la nascita delle nuove repubbliche di Bosnia ed Erzegovina, Slovenia, Croazia e Macedonia del Nord, mentre Serbia e Montenegro rimasero unite.
Proprio nella federazione serba, in quegli anni saliva alla ribalta una figura che avrebbe segnato per sempre la storia della regione balcanica e dell’Europa, il suo nome era Slobodan Milosevic.
Eletto presidente nel 1989, Milosevic aveva una visione espansionistica del dominio serbo e non era di certo interessato all’unità jugoslava.
Intanto nella regione le tensioni tra i popoli sfociarono in conflitti etnici dando vita alle guerre jugoslave, interessarono dapprima la Slovenia e la Croazia, per poi coinvolgere la Bosnia Erzegovina.
I protagonisti di questi conflitti furono le popolazioni serbe, croate e bosgnacche. Quello che accade dal 1991 al 2001 segnerà una delle pagine più nere e tristi dei Balcani, tanto da arrivare a definire quei conflitti come tentativi di pulizia etnica ed eccidi e tanto da essere considerati crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
La notte tra il 5 ed il 6 aprile 1992, la capitale della Bosnia, Sarajevo, fu messa sotto assedio. Si tratta tuttora dell’assedio più lungo della storia contemporanea, consumatosi dal 06 Aprile 1992 al 29 Febbraio 1996. In realtà già nel Marzo del 1991 il presidente croato Tudman e quello serbo Milosevic si erano incontrati per discutere la spartizione della Bosnia tra la Croazia e la Serbia, nonostante l’aggressione così come pensata e messa in atto dai due governi si tradusse poi in una vera e propria aggressione ai danni di un paese indipendente e sovrano quale era la Bosnia.
Le azioni d’attacco militare erano sistematiche e ben studiate. I villaggi venivano da prima attaccati dalla JNA (Armata Popolare Jugoslavia) e bombardati dall’artiglieria pesante, successivamente entravano in azione le squadre paramilitari che prendevano di mira la popolazione non serba, deportandola nei campi di concentramento o al confine con l’Ungheria.
Le atrocità raccontate da chi sopravvisse alla macchina della morte messa in moto sono inimmaginabili. Stupri di massa, violenza su donne, bambini e anziani, deportazione degli uomini e tante altre testimonianze sono state depositate negli anni presso il TPIJ – il Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia – con sede a L’Aia.
Il 9 Luglio 1995, nonostante la presenza delle forze di protezione delle Nazioni Unite (UNPROFOR), le truppe serbe dello spietato generale Ratko Mladic occuparono la zona di “sicurezza” dell’ONU a Srebrenica, consumando una vera e propria strage uccidendo 8 mila civili.
I maschi dai 12 ai 77 anni furono separati dalle donne e furono massacrati davanti agli occhi dei 600 caschi blu del contingente olandese presenti a presidiare e a rendere “protetta” l’area.
Il mancato intervento da parte del contingente olandese durante il massacro dei civili a Srebrenica non fu mai del tutto chiarito.
Il massacro, che venne commesso con lo specifico intento di eliminare la popolazione musulmana bosniaca, venne riconosciuto dal TPIJ come genocidio.
Il genocidio di Srebrenica diede una svolta decisiva al successivo andamento del conflitto.
La NATO cominciò l’Operazione Deliberate Force lanciando un massiccio attacco aereo su tutta la Repubblica serba, tanto da imporre ai serbo-bosniaci il ritiro delle armi pesanti intorno a Sarajevo.
Il 21 Novembre 1995 si arrivò finalmente ad un accordo, meglio noto come Accordo di Dayton (Ohio), che segna ancora oggi la struttura socio-politica della Bosnia ed Erzegovina, tanto da dividerla in due entità federali, da una parte la Federazione croato-musulmana che detiene il 51% dei territori bosniaci, dall’altra parte la Repubblica di SRPSKA che ne detiene il 49%. Ogni entità ha un suo parlamento indipendente.
La Bosnia-Erzegovina di oggi è un prodotto delle decisioni prese a Dayton, si tratta di uno stato unitario diviso in due entità federali: la Federazione croato-musulmana che detiene il 51% del territorio bosniaco e la Repubblica Srpska (49%).
Definita una Repubblica semipresidenziale, la Presidenza della Bosnia ed Erzegovina è un organo collegiale composto da 3 membri, ciascuno rappresentativo di uno dei 3 popoli costitutivi, bosniaco, serbo e croato. I membri vengono eletti dal corpo elettorale ogni 4 anni e assumono la guida della presidenza a turno ogni 8 mesi.
- La guerra dello stupro nella guerra di Bosnia: Le donne bosniache durante l'occupazione serba: Un caso di studio di violenza di genere in tempo di guerra
- LIBRO ABIS
- Tompuri, Elina (Autore)
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