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Awarè, aprire la bocca senza chiudere il cuore | Recensione

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Dopo aver letto Awarè, il manga scritto da Alessandro Atzei e Manuele Morlacco con disegni di Lidia Bolognini, non potevamo proprio restare con la bocca chiusa: dovevamo per forza raccontarvelo in questa recensione. Un po’ perché questo progetto, edito da Star Comics per l’etichetta Astra, merita di essere discusso: un manga italiano di tre autori esordienti, pieno di colori e personalità. Un po’ perché dopo aver letto di come gli abitanti dell’isola di Muòn hanno perso la propria bocca, ci sentivamo a disagio a starcene in silenzio.

La nostra recensione di Awarè

Quando conosciamo Awarè, per le prime pagine, ci sembra di incrociare un “tipico” protagonista di un manga: sempre in ritardo e disordinato, fantasioso, chiacchierone. Senonché questo ragazzo con la coda e le orecchie di un panda rosso, è l’unico in tutta MokMok (la capitale di Muòn) a poterlo essere, un chiacchierone.

Il suo capo al ristorante di mono-udon per cui fa le consegne non lo sgrida per il ritardo urlandogli contro, come farebbe in qualsiasi altra storia. Invece, ha scritto un foglio per rimproverarlo. Presto scopriamo che è così che tutti comunicano sull’isola: mandano messaggi e email, scrivono su fogli di carta. Nessuno parla perché nessuno, a parte Awarè, ha la bocca.

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Il fatto che il ragazzo possa ancora parlare non è visto di buon occhio — deve tenere nascosta la sua bocca per non infrangere un tabù. Un tabù nato di recente. In questo mondo, ogni persona ha i tratti fisici di un animale: c’è chi ha la coda come Awarè, chi piume o scaglie. Alcuni abitanti dell’isola avevano usato la propria voce per scatenare l’odio contro gli “impuri”, figli di genitori di specie diverse. Questo portò a una vera e propria tragedia: il futuro sindaco della città propose agli abitanti di rinunciare alla propria bocca, per non usarla più per diffondere l’odio.

Da quel giorno, quando i bambini arrivano a raggiungere la maturità, perdono la propria bocca. Il fatto che Awarè l’abbia ancora sembra un enorme simbolo di immaturità. Qualcosa che lo isola dagli altri, che lo fa restare solo.

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Una storia a tre “voci”

La solitudine di Awarè diventa sempre più assordante, finché non conosce, per puro caso, una ragazza che sembra farlo uscire dal suo guscio. Komorebi ha un negozio di piante e un carattere gentile, e scrivendo messaggi per rispondergli, diventa presto amica di Awarè. E gli rivela un segreto importante: anche lei vorrebbe poter tornare a usare la sua bocca, per cantare come fa Awarè.

Il rapporto di amicizia fra i due sembra andare a gonfie vele, ma incontrano una persona dal passato di Rebi che la destabilizza: Moroi. Una ragazza di cui Awarè si invaghisce dopo poche parole (scritte). Pian piano, il ragazzo cerca di scoprire quale rapporto univa Rebi e Moroi — e cosa l’ha fatto finire. Per poterle fare riavvicinare, anche se un po’ teme che questo potrebbe rovinare il suo rapporto con entrambe.

Non vi sveliamo di più, ma la trama esplora questo triangolo di amicizia e amore mentre, al tempo stesso, indaga il mondo senza bocche in cui vivono. Rebi è figlia di una famosa cantante che ha lasciato l’isola per poter continuare a usare la propria voce, mentre Moroi è la figlia del sindaco che ha proposto a tutti di vivere senza più dire una sola parola. Un contrasto perfetto per scavare dietro questo magico mistero.

Recensione di Awarè: scrivere non è come parlare

Anche se non siamo il pubblico giusto per questo tipo di storia, dobbiamo dire che le relazioni fra i tre protagonisti del manga sono molto interessanti. In un altro manga, avremmo detto forse che i dialoghi sono troppo “ragionati”: i personaggi non parlano come persone vere, suonano sempre troppo ben articolati e perfetti nel leggere le proprie emozioni e quelle degli altri. Ma in questa storia, in cui due protagonisti su tre comunicato solo in forma scritta, questo ha molto più senso: sembrano più riflessivi perché hanno sempre il tempo di scrivere, correggere, censurare.

In un’altra storia, avremmo detto che Rebi e Moroi sono troppo malinconiche e fredde — ma in questo mondo la loro “voce” è perfetta.

I sentimenti forti scusano qualche incertezza

Questa forte relazione a tre vie al centro della trama scusa anche alcune incongruenze nel world-building. Chi ha passato troppe ore sui social come noi, se dovesse trovare una strategia per ridurre le parole d’odio, piuttosto che togliere la bocca alle persone toglierebbe le tastiere. Anche perché, nei flashback del manga, vediamo che il bullismo e la discriminazione non sono affatto diminuite da quanto tutta Muòn non può più parlare.

Come spesso accade nei mondi fantasy di manga e fumetti, portare alle estreme conseguenze logiche il mondo rischia di spezzarlo. Ma il focus sulle relazioni di questa storia permette di perdonare facilmente i dettagli del puzzle che non riusciamo razionalmente a incastrare. Quello che resta è una storia di tre solitudini che si curano a vicenda, con quell’estremizzazione che a vent’anni sembra sempre necessaria. E poi ci sono i disegni e il colore di Lidia Bolognini che riesce a enfatizzare benissimo le scene senza trasformarle in melodramma, creando un mondo davvero splendido da osservare. Guardandoli, è stato molto più semplice mettere a tacere il nostro istinto Nerd di trovare incongruenze nel world-builing, per lasciarci andare alla semplice bellezza di questa storia.

Awarè è un manga young adult pieno di fantasia e colore, con al centro tre protagonisti che imparerete a conoscere dopo le prime pagine (come abbiamo fatto noi, leggendolo per questa recensione). Potete acquistarlo in fumetteria, sul sito di Star Comics o nel box qui sotto.

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Awarè
  • Atzei, Alessandro (Autore)
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