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Atari e le cartucce sotterrate nel deserto

Ci sono eventi talmente assurdi, talmente (apparentemente) romanzati, che risulta immediato non credervi, bollarli come leggende metropolitane, sciocchezze scaturite da dei passaparola. E nulla di più.
Supponiamo che qualcuno vi dica “ehi, sai che anni fa una nota casa produttrice di videogame ha seppellito migliaia di copie invendute nel deserto?”. Una storiella curiosa, certo, ma non particolarmente credibile. Ci riferiamo ovviamente alla nota “leggenda” delle copie del videogioco E.T. sepolte dall’Atari.
Leggenda che è rimasta tale per oltre un trentennio… ma che pochi giorni fa si è rivelata essere reale.

Partiamo dal principio.
La maggior parte di voi conosceranno sicuramente l’Atari, società di sviluppo videoludico fondata nei primi anni ’70 da Ted Dabney e Nolan Bushnell. Il primo successo dell’azienda è stato PONG, del 1972, “simulatore” di ping-pong, appunto, e uno dei primi videogiochi arcade. Semplicissimo e dalla grafica estremamente spartana (un paio di sbarrette e un quadratino che faceva da palla), a vederlo adesso farebbe sorridere, ma ai tempi registrò un successo immediato e stratosferico.
Successo che tuttavia ebbe vita breve: non ci volle molto perché iniziassero a comparire plagi e giochi estremamente simili a PONG, che andarono a comprometterne le vendite. Per questo ed altri motivi legati alla difficile distribuzione dei nuovi titoli, nel 1974 l’azienda entrò in crisi, riprendendosi due anni dopo grazie all’Atari 2600, console con cui riuscì ad imporsi definitivamente sul mercato, e che regnò incontrastata in testa alle classifiche delle vendite per diversi anni.
Nonostante ciò, nel 1983 l’azienda fallì definitivamente per due motivi.

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Il primo fu il clima particolarmente difficile che versava sul mercato videoludico. Una concorrenza spietata tra le diverse case produttrici, unite all’avvento dei primi personal computer portò non poche aziende ad “arrendersi”.
Il secondo fu lo sviluppo e la messa in vendita di due titoli per 2600 a dir poco fallimentari, Pac-Man, che non resse il confronto con la versione arcade, ma soprattutto E.T. the Extra-Terrestrial.
Quest’ultimo ebbe un’iniziale successo dovuto alla popolarità dell’omonimo film, ma ben presto si rivelò come uno dei peggiori fallimenti dell’intera storia videoludica. Realizzato malissimo per gli standard dei tempi, molti acquirenti chiesero e ottennero di venire rimborsati dopo aver restituito la cartuccia. Possibilità che l’Atari non aveva assolutamente messo in conto, viste le migliaia di copie che aveva prodotto.
Cosa fare delle copie tornate alla base, dunque?
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La vicenda ha del surreale. Nel settembre del 1983 centinaia e centinaia di cartucce vennero seppellite presso una discarica nel deserto del New Mexico, e poi ricoperte con della calce.
La notizia non venne mai presa completamente sul serio. Vi furono diversi testimoni che denunciarono quanto accaduto ai giornali, ma nessuno indagò mai a fondo sulla vicenda, che col passare degli anni divenne una sorta di leggenda, un aneddoto che si racconta durante le serate tra amici per farsi due risate.
Ed eccoci nel 2014. Il 28 aprile, nel mezzo delle riprese di un documentario sull’Atari diretto da Zack Penn, si è dato il via agli scavi e le cartucce hanno rivisto finalmente la luce.

Che la leggenda fosse realmente realtà, dunque, oppure come azzarda più di qualcuno non è altro che una mossa commerciale atta a promuovere il documentario di prossima uscita?
Chissà.

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Francesca Menta

Nella vita legge fumetti, guarda cartoni e fa altre cose noiose e banali che non vale la pena menzionare. Allenatrice di Pokémon dal 1999. A quanto pare adesso recensisce anche videogiochi, coronando il sogno di una vita: poter gridare con fare oltraggiato "Lo sto facendo per LAVORO" ogni qualvolta viene trovata di fronte ad una console.

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