Poco meno di tre anni fa la prima stagione di Andor ci aveva fatto una promessa, quella di offrire un altro modo di raccontare l’universo di Star Wars. Presentare uno sguardo diverso, più concreto, più stratificato, che non si basasse solo sul dualismo del Bene e del Male, del Lato Chiaro e del Lato Oscuro, degli Jedi e dei Sith. Anzi, tutta quella parte di misticismo, Forza e religione non l’aveva neanche toccata, per concentrarsi sul lato della galassia (e della storia) che non avevamo mai davvero esplorato. Ora la seconda stagione di Andor torna su Disney+ per mantenere quella promessa e lo fa in maniera straordinaria, anche oltre le aspettative.
Andor, la seconda stagione ci fa scendere nelle ore più buie
Ci eravamo lasciati nel 5 BBY (“Before the Battle of Yavin“, “prima della battaglia di Yavin” cioè gli eventi di Star Wars: Una nuova speranza che fungono da punto centrale nel calendario della saga). Cassian era passato dall’essere un eroe riluttante a decidere di essere parte attiva della nascente ribellione, mettendo in gioco tutto. E in questa seconda stagione di Andor vedremo un vero e proprio countdown verso l’obiettivo finale.
Quattro archi narrativi, che si sviluppano in altrettanti anni. Un approccio che deriva dall’idea iniziale di avere cinque stagioni, poi ridimensionata. Ma non temete, perché non si sente nessun tipo di fretta, di mancanza, di difficoltà. La seconda stagione di Andor si prende pienamente tutto il tempo che le serve e neanche un minuto di più, centrando esattamente l’equilibrio necessario.
Dopotutto non è una struttura così differente da quella che abbiamo già visto. Pur con qualche flessibilità in più e confini più sfumati, anche la prima stagione si sviluppava intorno a quattro archi narrativi: il primo scontro su Ferrix, il colpo nella base di Aldhani, la prigionia nella fabbrica di Narkina 5 e infine il ritorno a casa per il funerale di Maarva, con tutto quello che ne è conseguito.
E che la prima stagione di Andor abbia fatto da modello per la seconda lo possiamo dedurre anche dal fatto che segua un andamento piuttosto simile. Anche in questo caso il primo arco (quello che uscirà questo mercoledì su Disney+) è più introduttivo e meno coinvolgente, almeno all’inizio. È un prendere la rincorsa per poi lanciarci verso una narrazione straordinaria, che ci lascerà senza fiato nel migliore modo possibile.
“La tirannia richiede uno sforzo costante“
Già nella sua prima stagione, questa serie TV ci ha mostrato la vita nell’Impero come non l’avevamo mai vista. La prigione/fabbrica di Narkina 5 era una struttura orwelliana, che ci faceva sentire davvero l’oppressione di questo governo dispotico, il piede sul collo dei suoi prigionieri. Nella sua seconda stagione Andor rilancia questa narrazione, facendoci davvero capire cosa fosse vivere sotto l’Impero.
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È una sfumatura complessa da mettere in scena, piazzandosi tra due estremi. Questo Impero non è un cattivo delle fiabe di cui non vediamo mai la crudeltà, ma allo stesso tempo non ci impressiona tramite la sua violenza esplicita ed esagerata come un Re Joffrey di Game of Thrones o anche solo Darth Vader in questa scena. È più una sensazione di costante, opprimente, totalizzante controllo, una macchina inarrestabile che sembra capace di (e disposta a) fare qualsiasi cosa.
I personaggi di questa storia si muovono in un mondo dove la libertà d’azione è minima, dove qualsiasi mossa deve essere portata avanti con calma e cautela. Ci sono tanti modi in cui sfuggono alla definizione tradizionale di eroi, ma uno dei principali è il fatto che non si muovono tanto per grandi imprese, quanto per piccoli compiti sotterranei.
La caduta di Palpatine e la liberazione della galassia, avverrà nel tempo. La causeranno due-tre grandi eventi che saranno ricordati negli annali (e, più prosaicamente, nei film). Ma per arrivare all’atto di spezzare le catene del giogo dell’Impero si parte da qui, da queste piccole crepe che Andor e le persone intorno a lui hanno causato nei singoli anelli.
Andor non è Solo
Sarebbe stato facile fare una storia che unisse tutti i puntini. Siamo in alcuni degli anni più raccontati dell’universo di Star Wars, anche nel nuovo canone. C’era la possibilità di dare facile soddisfazione ai fan, facendo incrociare la storia di Cassian con mille altri personaggi. Poteva fare come i più classici prequel spiegare l’origine di ogni dettaglio che abbiamo visto. Ma ad Andor questo non interessa.
Così come non interessa seguire la struttura narrativa che ci aspettiamo semplicemente perché rodata in tantissime altre storie. Qualsiasi previsione che si possa fare su come proseguiranno le vicende dei personaggi può essere tranquillamente ribaltata, aggiungendo ancora più impatto e realismo a questa rappresentazione di una ribellione, che non segue nessuna regola di epicità. Ci sono casi in cui tutto andrà come ce lo aspettiamo (anche al di là di quelle figure di cui sappiamo il destino futuro) ma non sono mai tutti.
Eppure, anche senza fare tutti questi sforzi la seconda stagione risulta perfettamente coerente. Questo è vero da un punto di vista di struttura narrativa, procedendo con un ritmo impeccabile, senza mai farci sentire come se stessimo perdendo dei pezzi, né facendoci sentire bruschi strappi in corrispondenza dei salti temporali.
Ma è anche vero in rapporto al canone di Star Wars, in cui si aggancia in maniera più perfetta ed elegante di quanto al momento possiamo rivelarvi. E funziona perché lo fa senza sforzo, solo sfruttando le opportunità che la storia organicamente offre.
In tutto questo Andor non è solo neanche con la minuscola (era un gioco di parole troppo bello per perderselo, scusate). La seconda stagione eleva immensamente il cast intorno al protagonista, creando figure che saranno a lungo ricordate dai fan di Star Wars, sia tra i ribelli che tra gli imperiali. Proprio come hanno fatto altri iconici prodotti della saga.
Lo spirito della seconda stagione di Andor deve vivere a lungo
Con la sua seconda stagione Andor si dimostra uno dei migliori prodotti mai realizzati sull’universo di Star Wars. Una storia potente, raccontata in maniera lucida e diretta, che ci offre uno sguardo nuovo e intenso su un’epoca che pensavamo di conoscere. E che, lungo la strada, non rinuncia a lanciare qualche suggerimento di paralleli con gli anni in cui stiamo vivendo ora: nessun tempo fa, in una galassia vicina vicina.
È un modo diverso di raccontare storie nel mondo di Star Wars: più realistico, ma soprattutto più adulto e più maturo. Il che non significa necessariamente migliore, ma se ben realizzato come in questo caso diventa un’ottima alternativa in parallelo a tutte le altre storie.
Andor non è una di quelle serie TV che alla fine ti lascia un senso di vuoto. Anzi, la sensazione è proprio quella opposta, di completezza. Non siamo dispiaciuti che sia finita, non vogliamo una terza stagione, perché questo pacchetto è perfetto così com’è. Ma vorremmo che continuasse, in maniera diversa: nello spirito.
Sarebbe bello, in questo momento in cui il franchise di Star Wars sta ricercando la sua identità, che Andor apra le porte a nuovi progetti dal taglio simile. Questo approccio più concreto che non deve mai diventare esclusivo (perché non è questo il ruolo della saga) ma che possa affiancare tutto il resto. E un’ultima speranza: che Tony Gilroy torni a raccontarci questo universo, perché ha dimostrato di saperlo fare davvero molto bene.
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