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A song of Ice and Fire: tra serial e libro

In giro per il web si leggono opinioni di vario genere sulla qualità della serie televisiva americana Game of Thrones, un po' meno sui libri di Martin, sulle corrispondenze e discrepanze, sui pregi e difetti di entrambi. Non vogliamo essere polemici, forzatamente controcorrente o peggio hipster perché il fenomeno Game of Thrones è ormai diventato di massa, anzi, abbiamo molto apprezzato le prime due stagioni; vogliamo però ricordare da dove parte e dove arriva la letteratura di Martin, rammentando qualcosa di più della mera esistenza dei romanzi. Si può apprezzare o no il genere,  ma senza dubbio non si può restare imperturbati di fronte a una tale forza letteraria e anche mediatica.

Fin dalla prima stagione televisiva trasmessa da HBO, era chiaro che GoT sarebbe stato un gran successo: la regia curatissima, gli attori eccellenti e sicuramente l'attenzione di Martin stesso alla realizzazione del tutto hanno decretato l'accuratezza e maestosità del risultato. 
Tutti parlano da due anni a questa parte di quanto siano fighi gli Stark o che dei Lannister non si salva nessuno se non Tyrion; sono comparsi nickname, post, citazioni, meme e chi più ne ha più ne metta, in giro per forum, blog, social, insomma un vero culto popolare.  Se tuttavia alla prima stagione, la domanda "Ma hai letto i libri?" suonava ancora lecita, all'avvicinarsi della terza stagione, suona quasi un affronto, un voler sfoggiare una saccenza non richiesta.
Alla luce di ciò, vogliamo pertanto celebrare un minimo i libri della saga Le cronache del ghiaccio e del fuoco, per evitare che essi si perdano dietro i fuochi fatui del fenomeno GoT.
Partiamo dalla descrizione dei personaggi e dall'ambientazione, elementi che solo un bravo scrittore può rendere così vividi e immaginabili: Martin è un ottimo scrittore in questo senso. 
Nella produzione di Game of Thrones, sicuramente il lavoro di scelta sia degli attori che dei paesaggi è stato curato nei minimi dettagli e con un notevole successo, tuttavia chi non ha letto la saga, si perde buona parte del piacere di ricreare personaggi e atmosfere a modo proprio sotto la guida di Martin, perché il prodotto visivo già confezionato, non lascia spazio all'immaginazione. A dire il vero, Martin stesso lascia poco spazio all'immaginazione, ma è proprio questo il fascino di farsi guidare attraverso luoghi fantastici, affiancati dagli abitanti dei Sette Regni (e non solo). Anche coloro che hanno scoperto la saga dopo aver visto il telefilm, si sono persi questo gusto: è molto diverso figurarsi un personaggio avendolo già visto da qualche parte che non immaginarselo per la prima volta, vedendolo prender forma pian piano nella propria mente. Direte che questo vale per qualsiasi trasposizione cinematografica o televisiva, ma nel caso di Martin, è proprio un peccato perché uno dei suoi aspetti più affascinanti è proprio guidare il lettore attraverso il suo mondo, facendogli chiudere gli occhi (di tanto in tanto, mentre legge) e accompagnarlo passo passo attraverso i Sette Regni. Inoltre il numero esagerato di personaggi nel libro, viene necessariamente tagliato e semplificato in TV e vi sono comparse che non abbiamo tempo di conoscere. Proprio per via di questa inevitabile semplificazione, viene da chiedersi se Game of Thrones finirà per stufare il proprio pubblico, ma non vogliamo fare previsioni in merito.
 
Un'altra abilità di Martin, che sempre trasuda dalla trasposizione televisiva ma è di maggior impatto sul cartaceo, è quella di saper suscitare sentimenti forti, contrastanti, di amore o odio o entrambe le cose verso ognuno dei personaggi che menziona, rimanendo sempre il più oggettivo possibile. Lo scrittore infatti non si sbilancia mai aiutando un personaggio piuttosto che un altro, inoltre non esistono né buoni né cattivi, ma vengono descritte solamente persone che, come nella realtà, cercano di raggiungere i propri obiettivi, qualunque essi siano. Ovviamente, sempre a onor di realismo, c'è chi agisce in maniera integerrima e onesta e chi, dall'altro lato, agisce in maniera subdola e sleale. Ma non è tutto bianco e nero: ci sono talmente tante sfumature di grigio nel mezzo, che il lettore stesso è costretto a cambiare idea di continuo mentre sta leggendo.
Un ultimo punto in sfavore della versione televisiva, è che essa è inevitabilmente soggetta al giudizio del pubblico, poiché è esso a decretarne il successo immediato: questo vuol dire che i personaggi che funzionano di più saranno messi più in risalto rispetto al libro, come è avvenuto per esempio per la coppia Daenerys-Drogo.
Pur restando abbracciati all'idea che la serie di libri sia ineguagliabile in video, aspettiamo con curiosità l'arrivo della terza stagione, sperando che le opinioni del pubblico non influenzino troppo la sceneggiatura. 

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Commenti

  1. Sono uno di quelli che ha letto prima i libri e che ha preso con le pinze la serie tv, finendo comunque per apprezzarla. Come dite voi, però, nella serie tv si perde più della metà del fascino dei libri. Innanzitutto nella serie tv manca la mappa del mondo che magari non farà capire allo spettatore che non ha letto i libri alcune dinamiche fondamentali. Poi c’è la questione dei personaggi secondari, dei dettagli (come ad esempio i corvi da città vecchia che annunciano il cambiare di stagione), del background… insomma, si finisce per non vivere il mondo ma per vivere soltanto quelle vicende.
    La bravura di Martin sta proprio nell’aver creato un mondo intorno ai suoi personaggi, un mondo dinamico e funzionante, razionale ma magico. In un’intervista ricordo che Martin disse una cosa molto interessante a proposito della magia nei fantasy: se la magia è troppo potente e diffusa, perché continuano ad esistere eserciti e Re? Perchè non sono i maghi a comandare?
    Credo sia una visione molto razionale del fantasy ed un esempio di come Martin abbia messo su il suo mondo. Perciò, oltre alle capacità letterarie, io elogio anche e soprattutto la sua capacità di immaginare le dinamiche sociali, politiche ed economiche sulla base delle quali costruire un sistema funzionante. Non è affatto semplice.
    Infine, una nota: quando ho visto la serie tv per la prima volta, insieme ad altri amici appassionati, siamo tutti rimasti colpiti dalla ricostruzione dei luoghi che ci sono sembrati esattamente come li avevamo immaginati.

  2. Personalmente, ad oggi, considero Game of Thrones l’unica serie che sia riuscita a mantenere il livello del suo media originario, contrariamente alla tendenza generale dove il passaggio libro/film o fumetto/film o film/libro eccetera eccetera inficia un po’ la qualità del prodotto finale.
    Io ho iniziato vedendomi le prime due stagioni, e una volta finite il vuoto è stato talmente grande da costringermi a recuperare la saga cartacea. Attualmente sono al nono libro, stando alla deprecabile versione Mondadori.
    Proprio a proposito di Mondadori, io devo rendere grazie alla serie televisiva che mi ha fornito in anteprima i modelli fisici dei personaggi e una linea guida fedele agli eventi, permettendomi un agile slalom tra capelli dai colori sbagliati ed unicorni (?!?) al posto di cervi. Capisco che leggere il romanzo in lingua originale sarebbe stato il sistema più pratico ovviare a tale problema, ma, ahimè, il mio livello di lingua inglese è buono ma non sufficiente per imbarcarmi in un’impresa simile.
    Per tutte queste ragioni non solo apprezzo la serie televisiva tanto quanto apprezzo i libri, ma attendo trepidante l’inizio della terza stagione per vedere con occhi nuovi gli eventi di cui ho letto (e, senza fare spoiler..CHE EVENTI)

  3. Non sono d’accordo sul fatto che nella serie TV manchi la mappa del mondo… è nella sigla! Cosa che, tra l’altro, reputo come trovata geniale… sono riusciti a rendere utile perfino la sigla (che, oltretutto, è pure molto bella).

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