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Le accuse di Blake Lively a Justin Baldoni, spiegate dall’inizio

Blake Lively ha presentato una denuncia di 80 pagine al California Civil Rights Department, accusando il regista e co-protagonista Justin Baldoni e la sua casa di produzione Wayfarer Studios di molestie sessuali e di aver orchestrato una campagna diffamatoria nei suoi confronti. La vicenda sarebbe avvenuta durante la produzione del film It Ends With Us, adattamento cinematografico del romanzo di Colleen Hoover, che parla di violenza domestica.

Blake Lively accusa Justin Baldoni di molestie sessuali e diffamazione

Lively ha accusato il suo co-protagonista e regista di sinistre tattiche vendicative dopo che lei aveva “denunciato la cattiva condotta” di Baldoni sul set. Una campagna mediatica condotta sui social per screditare l’attrice, in modo da rendere meno probabile che il pubblico la sostenesse una volta denunciate le presunte molestie sessuali sul set. Accuse che Baldoni definisce completamente false, scandalose e intenzionalmente maligne”. Ma cosa sarebbe successo esattamente sul set di It Ends With Us?

I problemi sul set e l’incontro con le risorse umane

Durante le riprese di It Ends With Us sarebbero emersi i primi problemi sul set. Secondo la denuncia presentata da Lively, Baldoni e il produttore Jamey Heath avrebbero introdotto elementi eccessivamente sessuali nel film, mostrato materiale pornografico e utilizzato un linguaggio sessualmente inappropriato. Non solo: dai documenti presentati dagli avvocati di Lively emergerebbero atteggiamenti decisamente fuori luogo. Baldoni avrebbe improvvisato baci e momenti intimi fuori dal copione, avrebbe richiesto di aggiungere scene di sesso; mentre Heath avrebbe mostrato immagini di sua moglie svestita all’attrice e fatto domande inappropriate. Le preoccupazioni espresse dall’attrice attraverso i canali HR sarebbero state ripetutamente ignorate, costringendo Lively a chiedere un incontro con tutta la produzione.

it ends with us film
Una scena di It Ends With Us, con Lively e Baldoni

A seguito degli scioperi dei sindacati, il 4 gennaio si sarebbe tenuto un incontro cruciale con tutto il cast e la produzione. Ryan Reynolds, marito di Lively, avrebbe partecipato data la natura delicata delle questioni da discutere. Durante l’incontro sarebbero stati presentati trenta punti specifici di comportamenti da interrompere. Che sembrano molto specifici:

  • Non si possono mostrare immagini e video di donne nude, incluse della moglie del produttore
  • “Nessun bacio improvvisato”
  • “Nessuna aggiunta di scene di sesso, sesso orale od orgasmi”

Secondo quanto riportano diverse testate americane, avrebbero anche accettato di lavorare produttori esterni e intimacy coordinator per controllare l’azione sul set. Entrambe le parti avrebbero approvato questi punti. Il giorno successivo all’incontro, la produzione sarebbe ripresa, concludendosi il 9 febbraio. La versione finale del film distribuita nelle sale e su Netflix sarebbe stata quella voluta da Lively. Ma il problema non sarebbe finito lì.

La campagna promozionale del film e la presunta campagna diffamatoria

Durante la campagna promozionale, la situazione si sarebbe ulteriormente complicata. Secondo la denuncia, sarebbe stata orchestrata una sofisticata campagna di “Astroturfing” sui social media contro Lively. La strategia avrebbe coinvolto diverse testate, tra cui New York Post e Daily Mail, ma anche molti account social, con l’obiettivo di manipolare l’opinione pubblica.

Se ricordate, quest’estate Instagram e TikTok furono inondate di analisi degli atteggiamenti di Lively, che basandosi sulle sue risposte alle interviste sostenevano che l’attrice fosse maleducata e piena di sé. Secondo i messaggi riportati da Lively nella denuncia e altro materiale di cui parla il New York Times su Instagram, Wayfarer Studios avrebbe assunto preventivamente una manager per la gestione delle crisi (già utilizzata da Johnny Depp e Drake). Pagando alcuni account social, avrebbero fatto in modo di attaccare Lively affinché non avesse più la simpatia del pubblico. Baldoni e Heath hanno negato queste accuse del New York Times.

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Lively, dal canto suo, avrebbe ingaggiato Leslie Sloan di Vision PR (che lavora anche per il marito Ryan Reynolds) per tutelare i suoi interessi. Gli avvocati di Heath e Baldoni hanno accusato Lively di aver fatto questa denuncia solo per ristabilire la percezione positiva di Lively sui social.

Le conseguenze della denuncia

Deadline riporta che le molestie di Baldoni e Heath, sommate alla campagna social per denigrarla, avrebbero avuto un impatto enorme sulla vita di Blake Lively, causandole ansia estrema e difficoltà nelle attività quotidiane. Il trauma avrebbe coinvolto l’intera famiglia, inclusi i quattro figli e Reynolds stesso.

Dopo la denuncia pubblica di Lively sul New York Times, la risposta di Hollywood non si è fatta attendere. Domenica le colleghe America Ferrera, Amber Tamblyn e Alexis Bledel (con Lively in 4 Amiche e un paio di jeans) hanno commentato dicendo che “la cosa più sconcertante è lo sfruttamento senza vergogna delle storie di vittime di abuso per silenziare una donna che ha chiesto sicurezza. L’ipocrisia è strabiliante”.

La vicenda ha portato anche a conseguenze professionali immediate: WME, l’agenzia che rappresentava Baldoni, ha interrotto i rapporti con l’attore dopo la presentazione della denuncia.

La denuncia di 80 pagine presentata al California Civil Rights Department rappresenterebbe solo l’inizio di un’azione legale più ampia. L’avvocato di Baldoni, Bryan Freedman, ha respinto tutte le accuse definendole “completamente false e oltraggiose” e si attende una risposta formale dopo le feste.

Le accuse di Blake Lively a Justin Baldoni: il ruolo dei social

Se la giustizia americana dovesse confermare le accuse di Blake Lively contro Justin Baldoni e Jamey Heath, l’impatto culturale potrebbe andare ben oltre la vicenda stessa. Soprattutto, per il ruolo che hanno giocato i social. Se fosse vero che i primi ad attaccare Lively sono stati account pagati dagli accusati, sembra probabile che molti creatori di contenuti abbiano amplificato inconsciamente l’attacco semplicemente per aumentare visualizzazione e iscritti. Dimostrando che un team di PR senza scrupoli e i giusti contenuti sui social possono arrecare un danno enorme a chi, come gli attori, vive della propria reputazione. Ma anche come il web sia rapido a condannare e attaccare una donna basandosi su poche interviste e nessuna prova.

Vi terremo informati sugli sviluppi della vicenda.

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Source
VarietyTVLineThe New York TimesDeadline

Autore

  • Stefano Regazzi

    Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, Nerd da prima che andasse di moda.

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