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-3 alla Fine: l’Apocalisse che non ci aspettiamo

Quello che spesso ci si dimentica parlando di Apocalisse è il reale significato che ha questa parola di origine greca. Apokalypsis dal verbo a-pokalyptein: rivelare. Apocalisse significa rivelazione. Il termine non ha connotati distruttivi o di fine del mondo in sé, questi sono tutti concetti che vi sono rimasti attaccati, andando spesso a sostituirsi al significato originario e autentico.
Il libro della Bibbia che porta questo nome, contiene le rivelazione che sarebbero state fatte al profeta Giovanni relativamente alla fine del mondo. Se siete mai stati punti dalla curiosità di sapere che cosa dice quel libro e avete dato un’occhiata, avrete trovato una massa di frasi nonsense e concetti volutamente incomprensibili. Questo perché si tratta di un libro simbolico. E i simboli sono fatti per rivelare concetti. È possibile fare previsioni veritiere su come potrebbe finire la Terra, tra cataclismi climatici o guerre nucleari o chi ne ha più ne metta, ma questa volta cercheremo di avvicinarci di più alla vera Apocalisse, al significato simbolico che ha la fine del mondo.
Passando dalla Bibbia a un altro testo sacro per gli appassionati di fumetti, ricordiamo l’elaboratissima opera di Alan Moore Promethea, che è una manna dal cielo per iniziare a sguazzare in questa massa onirica di immaginazione e occultismo.
Promethea è un personaggio che attraversa a più riprese la letteratura inglese di fine ‘800, finendo nella produzione fumettistica pulp anni ‘20 per arrivare fino ad oggi. Promethea è un prodotto della fantasia, è una storia. Beh certo, ma non è un fatto così banale, anzi qui sta proprio la sua forza. Promethea è l’idea stessa di immaginazione, un’eroina che prende vita grazie alla rappresentazione artistica. Parlare e raccontare di lei la rende viva e concreta. La sostanza di cui sono fatte le storie e i sogni non è certo meno vera o inesistente, come diceva quel tale.
L’uomo è  un anfibio. Per tutto il corso della sua esistenza, vive tra il mondo terreno e (soprattutto) il mondo del pensiero e dell’immaginazione. La realtà circostante esiste per noi solo in quanto percepita dai nostri sensi, e la maggior parte del tempo la passiamo nel mondo dell’idea, pensando e immaginando cose, piuttosto che rimanendo davvero presenti nell’attimo contingente percepito.
Esiste una disciplina, che si chiama Kabbalah, che organizza l’intero pensiero ebraico, attraverso l’alfabeto e i numeri, in un unico sistema di conoscenza rappresentato dal glifo dell’Albero della Vita.
In Promethea viene utilizzato questo sistema simbolico come mappa per i mondi immateriali che sono all’esterno del mondo sensibile che tutti conosciamo.
Per poter giungere alla Rivelazione è necessario un cammino spirituale, seguendo le diverse vie che possono portare a questi mondi e collegarli fra essi.
Se si guarda alla storia dell’umanità si può capire come diverse fasi siano state attraversate, fasi caratterizzate da una particolare percezione della realtà stessa, e nel cambiamento da una età all’altra, l’umanità ha dovuto cambiare la sua etica, la propria visione del mondo e dell’universo.
Sono cambiamenti graduali magari scaturiti da menti eccezionali che spesso avevano intuizioni analoghe in tempi coevi; a volte sono evoluzioni, ma a volte, anche se ci piace dimenticarlo, sono involuzioni.
Ma allora, se cambiamenti di tale portata, finalmente investissero l’umanità intera, in un unico istante, portando quello che in passato ha illuminato singole menti, a una pandemia? Non sarebbe una rivelazione di massa, non sarebbe l’Apocalisse?
La nostra pare un’età in cui è il mondo materiale a regnare, non ci curiamo di spiritualità e ci vergogniamo ad ammettere di fantasticare e sognare.
È imbarazzante ammettere un interessamento per ciò che non è visibile all’occhio, non è una cosa che si fa in pubblico.
Ma è difficile che l’umanità così soggetta a cambiamenti e tumulti rimarrà a lungo di quest’idea. Ci sono state epoche in cui abbiamo disprezzato il materiale e il sensibile, la carne, buttandoci completamente sull’etereo e l’anima.
Non possiamo prevedere come la realtà e l’immaginazione muteranno o ci muteranno.
Forse tutti noi, come Promethea, siamo una storia. Alla fine tutte le storie parlano di noi. Hanno sempre un inizio e una fine, è così per tutte, è così per tutti. Ma l’idea stessa dell’immaginazione umana, che a ben pensarci è l’unica cosa  di cui possiamo essere certi non essere finta, è un’idea vera. Allora chissà quale sarà la nostra grande rivelazione, forse nel giorno del giudizio i morti non avranno bisogno di tornare, perché sono sempre stati con noi, nella nostra mente. Allora forse ci renderemo conto che la nostra unica realtà è proprio lì nella nostra testa ed è sempre stata con noi?
Spazio e tempo, noi stessi, tutto il nostro mondo, sono tutte cose che esistono unicamente nella nostra percezione. Cosa accadrebbe se questa mutasse? Avremmo un cambiamento, una rivelazione?
Il momento in cui la percezione di tutti si sposta dal piano terrestre a quello delle sfere più elevate è la fine del mondo materiale, la trentaduesima via si apre per ognuno. Viene da noi l’apocalisse.

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Francesca Giulia La Rosa

Trekker, whovian. Non amo le etichette (a parte queste?). Traduttrice, editor a caccia di errori come punti neri nel tessuto della realtà. Essere me è un’esperienza profondamente imbarazzante.

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Commenti

  1. Chapeu!
    Promethea è l’opera a fumetti più bella che abbia mai letto in vita mia, persino fra quelle di Moore!E l’articolo è fantastico, semplicemente commovente!

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